Chiesa

Giornata del Pane

 

 

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In un anno in cui Caritas Diocesana, nell’ambito del percorso La bellezza della carità, ha fatto proprio CHE BELLE PAROLE I GESTI, la Giornata del Pane 2023 ha come tema-titolo: IL GESTO DEL PANE e porta con sé l’invito a riscoprire i significati che il gesto del pane porta con sé.

Come da tradizione, la Giornata del Pane 2023 che apre il tempo di avvento domenica 3 dicembre, è realizzata con il contributo del Gruppo Panificatori di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale e vede i panificatori sfornare la quantità di pane necessaria ad ogni Parrocchia per la realizzazione della stessa. Ai volontari delle comunità/caritas il compito di coordinarsi rispetto alle modalità/quantità con i panificatori del luogo, di confezionare il pane nei sacchetti preparati ad hoc a promozione del significato dell’iniziativa, di proporre l’iniziativa “come occasione per alimentare sogni di fraternità ed essere segno di speranza” (Papa Francesco, 2021).

La Giornata del Pane 2023 è finalizzata alla realizzazione di ACCOGLIENZA NOTTURNA INVERNALE PER PERSONE SENZA DIMORA. All’esperienza dello scorso inverno è stato dedicato anche “Che ci vuole?”, uno dei 29 racconti di Un anno con Caritas 2022.

Il materiale per l’iniziativa (sacchetti e locandine formato A3) è in distribuzione presso gli uffici di Caritas Diocesana a partire dal 6 novembre; si consiglia prenotazione (tel. 030 3757746, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Anche per questo anno, come fatto lo scorso anno, riproponiamo l’invito di don Maurizio ad essere creativi nel valorizzare la Giornata del Pane.

GIORNATA DEL PANE 2023_locandina A3

GIORNATA DEL PANE 2023_Note tecniche

GIORNATA DEL PANE 2023_Proposta per l’animazione liturgica

 


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In apertura dell’Avvento, domenica 27 novembre 2022, torna la Giornata del Pane realizzata con il contributo del Gruppo Panificatori di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale.

La prima domenica di Avvento, il pane (confezionato in sacchetti ad hoc) viene distribuito durante le Celebrazioni Eucaristiche e vengono raccolte le offerte secondo le modalità individuate da ogni parrocchia. Quanto raccolto andrà a sostenere il progetto proposto da Caritas Diocesana Brescia: per il 2022, si tratta del Rifugio Caritas.

Dopo un percorso durato 11 anni che l’ha visto cambiare più volte collocazione, il 12 settembre 2022 il Rifugio Caritas ha lasciato la struttura di via della Garzetta, presso l’ex Seminario Vescovile, per trovare collocazione finale a Brescia in via Ardigò, nella struttura nota come Casa di accoglienza delle Suore Missionarie della Nigrizia.

 

 


 

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In apertura dell’Avvento, torna la Giornata del Pane realizzata con il contributo del Gruppo Panificatori di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale, che si impegna a sfornare la quantità di pane necessaria ad ogni Parrocchia della Diocesi per la realizzazione dell’iniziativa proposta.


I volontari della parrocchia confezionano il pane in sacchetti, preparati ad hoc, a promozione del significato dell’iniziativa.


La prima domenica di Avvento, il pane viene distribuito durante le Celebrazioni Eucaristiche e vengono raccolte le offerte secondo le modalità individuate da ogni parrocchia. Quanto raccolto viene versato a Caritas Diocesana di Brescia.

 

 NUOVA SEDE PER IL RIFUGIO CARITAS


Nel tempo del Covid-19, il Rifugio Caritas, collocato dal 2016 nell’ala dell’ex Seminario Vescovile, riconfigura il proprio intervento: attivo nell’ambito del Piano emergenza freddo del Comune di Brescia e finalizzato  all’accoglienza serale-notturna di ventiquattro uomini senza dimora (offre pasto serale, posto letto, possibilità di igiene personale, piccolo guardaroba, colazione), da martedì 24 marzo 2020, oltre a non effettuare settimanalmente le assegnazioni dei posti letto, estende l’orario di apertura all’intera giornata. Da servizio di accoglienza notturna, il Rifugio Caritas si converte in struttura polifunzionale aperta anche nelle ore diurne.


Le valutazioni attorno all’opportunità che l’esperienza h24 porta con sé conducono ad assumere  come strutturale la configurazione sperimentata in tempo di Covid-19 e ad evidenziare la  necessità di una nuova sede, tanto più alla luce della trasformazione dell’ex Seminario Vescovile  in Campus Universitario.

Quanto raccolto dalla Giornata del Pane contribuirà all’attivazione della nuova sede.

 

Oratorio : ieri - oggi - domani

 

 

 

 

 

 

 

 

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Sinodo, il testo integrale della Relazione di Sintesi

Pubblichiamo il documento conclusivo della prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (4-29 ottobre 2023) “Una Chiesa sinodale in missione”:
 

XVI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI Prima Sessione
(4-29 ottobre 2023)

UNA CHIESA SINODALE IN MISSIONE

INTRODUZIONE 

Care sorelle, cari fratelli,

«noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo» (1Cor 12,13). È l’esperienza, colma di gioia e di gratitudine, che abbiamo fatto in questa Prima Sessione dell’Assemblea sinodale, che si è tenuta dal 4 al 28 ottobre 2023, sul tema “Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione”. Per la comune grazia del Battesimo, abbiamo potuto vivere insieme con un cuore solo e un’anima sola, pur nella diversità delle provenienze, lingue e culture. Come un coro abbiamo cercato di cantare nella varietà delle voci e nell’unità degli animi. Lo Spirito Santo ci ha dato di sperimentare l’armonia che Lui solo sa generare: essa è un dono e una testimonianza in un mondo lacerato e diviso.

La nostra Assemblea si è svolta mentre nel mondo infuriano vecchie e nuove guerre, con il dramma assurdo di innumerevoli vittime. Il grido dei poveri, di chi è costretto a migrare, di chi subisce violenza o soffre le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici è risuonata tra noi, non solo attraverso i mezzi di comunicazione, ma anche dalla voce di molti, personalmente coinvolti con le loro famiglie e i loro popoli in questi tragici eventi. Abbiamo portato tutti, in ogni momento, nel cuore e nella preghiera, chiedendoci in che modo le nostre Chiese possano favorire cammini di riconciliazione, di speranza, di giustizia e di pace.

Il nostro incontro si è svolto a Roma, intorno al successore di Pietro, che ci ha confermati nella fede e ci ha spinto a essere audaci nella missione. È stata una grazia iniziare il cammino di questi giorni con una veglia ecumenica, in cui abbiamo visto pregare insieme al Papa, presso la tomba di Pietro, i capi e i rappresentanti delle altre confessioni cristiane: l’unità fermenta silenziosa dentro la Santa Chiesa di Dio; lo vediamo con i nostri occhi e pieni di gioia ve lo testimoniamo. «Com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!» (Sal 133,1).

Per volere del Santo Padre, l’Assemblea ha visto raccogliersi insieme e intorno ai Vescovi altri membri del Popolo di Dio. I Vescovi, uniti tra loro e con il Vescovo di Roma, hanno reso manifesta la Chiesa come comunione di Chiese. Laiche e laici, consacrati e consacrate, diaconi e presbiteri sono stati, con i Vescovi, testimoni di un processo che intende coinvolgere tutta la Chiesa e tutti nella Chiesa. Essi hanno ricordato che l’Assemblea non è un evento isolato, ma parte integrante e passaggio necessario del processo sinodale. Nella molteplicità degli interventi e nella pluralità delle posizioni è risuonata l’esperienza di una Chiesa che sta imparando lo stile della sinodalità e cercando le forme più idonee a realizzarla.

Sono più di due anni che abbiamo iniziato il cammino che ci ha condotto a questa Sessione. Dopo l’apertura del processo sinodale avvenuta il 9 ottobre 2021, tutte le Chiese, seppur con passo diverso, si sono impegnate in un processo di ascolto che ha visto tappe diocesane, nazionali e continentali, i cui risultati sono confluiti nei rispettivi documenti. Con questa Sessione si è aperta la fase in cui la Chiesa intera recepisce i frutti di questa consultazione per discernere, nella preghiera e nel dialogo, le strade che lo Spirito ci chiede di percorrere. Questa fase durerà fino al mese di ottobre 2024, quando la Seconda Sessione dell’Assemblea porterà a termine il proprio lavoro, offrendolo al Santo Padre.

L’intero cammino, radicato nella Tradizione della Chiesa, si sta svolgendo nella luce del magistero conciliare. Il Concilio Vaticano II è stato, infatti, come un seme gettato nel campo del mondo e della Chiesa. La vita quotidiana dei credenti, l’esperienza delle Chiese in ogni popolo e cultura, le molteplici testimonianze di santità, la riflessione dei teologi sono stati il terreno in cui esso è germogliato e cresciuto. Il Sinodo 2021-2024 continua ad attingere all’energia di quel seme e a svilupparne le potenzialità. Il cammino sinodale sta infatti mettendo in atto ciò che il Concilio ha insegnato sulla Chiesa come Mistero e Popolo di Dio, chiamato alla santità. Esso valorizza l’apporto di tutti i battezzati, nella varietà delle loro vocazioni, a una migliore comprensione e pratica del Vangelo. In questo senso costituisce un vero atto di ulteriore recezione del Concilio, che ne prolunga l’ispirazione e ne rilancia per il mondo di oggi la forza profetica.

Dopo un mese di lavoro, ora il Signore ci chiama a ritornare nelle nostre Chiese per trasmettere a tutti voi i frutti del nostro lavoro e continuare insieme il cammino. Qui a Roma eravamo solo alcuni, ma il senso del percorso sinodale indetto dal Santo Padre è quello di coinvolgere tutti i battezzati. Desideriamo ardentemente che questo avvenga e vogliamo impegnarci per renderlo possibile. In questa Relazione di sintesi abbiamo raccolto gli elementi principali emersi nel dialogo, nella preghiera e nel confronto che hanno caratterizzato questi giorni. I nostri racconti personali arricchiranno questa sintesi con il tono dell’esperienza vissuta, che nessuna pagina può restituire. Potremo così testimoniarvi come siano stati ricchi i momenti di silenzio e di ascolto, di condivisione e di preghiera. Condivideremo anche che non è facile ascoltare idee diverse, senza cedere subito alla tentazione di ribattere; offrire il proprio contributo come un dono per gli altri e non come una certezza assoluta. La grazia del Signore ci ha però condotto a farlo, nonostante i nostri limiti, e questa è stata per noi una vera esperienza di sinodalità. Praticandola, l’abbiamo compresa meglio e ne abbiamo colto il valore.

Abbiamo capito, infatti, che camminare insieme come battezzati, nella diversità dei carismi, delle vocazioni, dei ministeri, è importante non solo per le nostre comunità, ma anche per il mondo. La fraternità evangelica è infatti come una lampada, che non deve essere messa sotto un moggio, ma sul candelabro perché faccia luce su tutta la casa (cfr. Mt 5,15). Il mondo ha oggi più che mai bisogno di questa testimonianza. Come discepoli di Gesù non possiamo sottrarci al compito di mostrare e trasmettere a un’umanità ferita l’amore e la tenerezza di Dio.

I lavori di questa Sessione si sono svolti seguendo la traccia offerta dall’Instrumentum laboris, che ci invitava a riflettere sui segni caratteristici di una Chiesa sinodale e sulle dinamiche di comunione, missione e partecipazione che la abitano. Il confronto sulle domande proposte ha confermato la bontà dell’impianto complessivo della traccia. Abbiamo potuto entrare nel merito delle questioni, identificare i temi bisognosi di approfondimento, avanzare un primo nucleo di proposte. Alla luce dei passi avanti compiuti, la Relazione di sintesi non riprende o ribadisce tutti i contenuti dell’Instrumentum laboris, ma rilancia quelli ritenuti prioritari. Essa non è in alcun modo un documento finale, ma uno strumento al servizio del discernimento che dovrà ancora continuare.

Il testo è strutturato in tre parti. La prima delinea “Il volto della Chiesa sinodale”, presentando i principi teologici che illuminano e fondano la sinodalità. Qui lo stile della sinodalità appare come un modo di agire e operare nella fede che nasce dalla contemplazione della Trinità e valorizza unità e varietà come ricchezza ecclesiale. La seconda parte, intitolata “Tutti discepoli, tutti missionari”, tratta di tutti coloro che sono coinvolti nella vita e nella missione della Chiesa e delle loro relazioni. In questa parte la sinodalità si presenta principalmente come cammino congiunto del Popolo di Dio e come dialogo fecondo di carismi e ministeri a servizio dell’avvento del Regno. La terza parte porta il titolo “Tessere legami, costruire comunità”. Qui la sinodalità appare principalmente come un insieme di processi e una rete di organismi che consentono lo scambio tra le Chiese e il dialogo con il mondo.

In ciascuna delle tre parti, ogni capitolo raccoglie le convergenze, le questioni da affrontare e le proposte emerse dal dialogo. Le convergenze identificano i punti fermi a cui la riflessione può guardare: sono come una mappa che consente di orientarci nel cammino e non smarrire la strada. Le questioni da affrontare raccolgono i punti su cui abbiamo riconosciuto che è necessario continuare l’approfondimento teologico, pastorale, canonico: sono come degli incroci sui quali occorre sostare, per capire meglio la direzione da prendere. Le proposte indicano invece possibili piste da percorrere: alcune sono suggerite, altre raccomandate, altre ancora richieste con più forza e determinazione.

Nei prossimi mesi le Conferenze Episcopali e le Strutture Gerarchiche delle Chiese Orientali Cattoliche, facendo da raccordo tra le Chiese locali e la Segreteria Generale del Sinodo, svolgeranno un ruolo importante per lo sviluppo della riflessione. A partire dalle convergenze raggiunte, sono chiamate a concentrarsi sulle questioni e sulle proposte più rilevanti e più urgenti, favorendone l’approfondimento teologico e pastorale e indicando le implicazioni canonistiche.

Portiamo nel cuore il desiderio, sorretto dalla speranza, che il clima di ascolto reciproco e di dialogo sincero che abbiamo sperimentato nei giorni di lavoro comune a Roma si irradi nelle nostre comunità e in tutto il mondo, a servizio della crescita del buon seme del Regno di Dio.

PARTE I – IL VOLTO DELLA CHIESA SINODALE

1. La sinodalità: esperienza e comprensione

Convergenze

  1. a)  Abbiamo accolto l’invito a riconoscere con nuova consapevolezza la dimensione sinodale della Chiesa. Pratiche sinodali sono attestate nel Nuovo Testamento e nella Chiesa delle origini. Successivamente hanno assunto forme storiche particolari nelle diverse Chiese e tradizioni cristiane. Il Concilio Vaticano II le ha “aggiornate” e Papa Francesco incoraggia la Chiesa a rinnovarle ancora. In questo processo si colloca anche il Sinodo 2021-2024. Attraverso di esso, il Santo Popolo di Dio ha scoperto che un modo sinodale di pregare, ascoltare e parlare, radicato nella Parola di Dio e intessuto di momenti di incontro nella gioia, e a volte anche nella fatica, conduce a una più profonda consapevolezza che siamo tutti fratelli e sorelle in Cristo. Un frutto inestimabile è l’accresciuta consapevolezza della nostra identità di Popolo fedele di Dio, al cui interno ciascuno è portatore di una dignità derivante dal Battesimo e chiamato alla corresponsabilità per la comune missione di evangelizzazione.

  2. b)  Questo processo ha rinnovato la nostra esperienza e il nostro desiderio di una Chiesa che sia casa e famiglia di Dio. È proprio a questa esperienza e a questo desiderio di una Chiesa più vicina alle persone, meno burocratica e più relazionale che sono stati associati i termini “sinodalità” e “sinodale”, offrendone una prima comprensione che ha bisogno di incontrare una migliore precisazione. È la Chiesa che i giovani avevano dichiarato di desiderare già nel 2018, in occasione del Sinodo a loro dedicato.

  3. c)  Il modo stesso in cui l’Assemblea si è svolta, a partire dalla disposizione delle persone sedute in piccoli gruppi attorno a tavole rotonde nell’Aula Paolo VI, paragonabile all’immagine biblica del banchetto di nozze (Ap 19,9), è emblematico di una Chiesa sinodale e immagine dell’Eucaristia, fonte e culmine della sinodalità, con la Parola di Dio al centro. Al suo interno, culture, lingue, riti, modi di pensare e realtà diverse possono impegnarsi insieme e fruttuosamente in una sincera ricerca sotto la guida dello Spirito.

  4. d)  In mezzo a noi erano presenti sorelle e fratelli di popoli vittime della guerra, del martirio, della persecuzione e della fame. La situazione di questi popoli, per i quali spesso è stato impossibile partecipare al processo sinodale, è entrata nei nostri scambi e nella nostra preghiera, nutrendo il nostro senso di comunione con loro e la nostra determinazione a essere operatori di pace.

  5. e)  L’Assemblea ha frequentemente parlato di speranza, guarigione, riconciliazione e ripristino della fiducia tra i molti doni che lo Spirito ha riversato sulla Chiesa durante questo processo sinodale. L’apertura all’ascolto e all’accompagnamento di tutti, compresi coloro che hanno subito abusi e ferite nella Chiesa, ha reso visibili molti che si sono sentiti a lungo invisibili. Abbiamo ancora da compiere un lungo cammino verso la riconciliazione e la giustizia, che richiede di affrontare le condizioni strutturali che hanno consentito tali abusi e compiere gesti concreti di penitenza.

  6. f)  Sappiamo che “sinodalità” è un termine sconosciuto a molti membri del Popolo di Dio, che suscita in alcuni confusione e preoccupazioni. Tra i timori, vi è quello che l’insegnamento della Chiesa venga cambiato, allontanandoci dalla fede apostolica dei nostri padri e tradendo le attese di coloro che anche oggi hanno fame e sete di Dio. Tuttavia, siamo convinti che la sinodalità è una espressione del dinamismo della Tradizione vivente.

  7. g)  Senza sottostimare il valore della democrazia rappresentativa, Papa Francesco risponde alla preoccupazione di alcuni che il Sinodo possa diventare un organo di deliberazione a maggioranza privo del suo carattere ecclesiale e spirituale, mettendo a rischio la natura gerarchica della Chiesa. Alcuni temono di essere costretti a cambiare; altri temono che non cambierà nulla e che ci sarà troppo poco coraggio per muoversi al ritmo della Tradizione vivente. Alcune perplessità e opposizioni nascondono anche la paura di perdere il potere e i privilegi che ne derivano. In ogni caso, in tutti i contesti culturali, i termini “sinodale” e sinodalità” indicano un modo di essere Chiesa che articola comunione, missione e partecipazione. Ne è esempio la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (CEAMA), frutto del processo sinodale missionario di quella regione.

  1. h)  La sinodalità può intendersi come camminare dei cristiani con Cristo e verso il Regno, insieme a tutta l’umanità; orientata alla missione, essa comporta il riunirsi in assemblea ai diversi livelli della vita ecclesiale, l'ascolto reciproco, il dialogo, il discernimento comunitario, la creazione del consenso come espressione del rendersi presente di Cristo vivo nello Spirito e l'assunzione di una decisione in una corresponsabilità differenziata.

  2. i)  Attraverso l’esperienza e l’incontro, siamo cresciuti insieme in questa consapevolezza. In sintesi, fin dai primi giorni, l’Assemblea si è trovata plasmata da due convinzioni: la prima è che l’esperienza che abbiamo condiviso in questi anni è autenticamente cristiana e va accolta in tutta la sua ricchezza e profondità; la seconda è che i termini “sinodale” e “sinodalità” richiedono un chiarimento più accurato dei loro livelli di significato nelle diverse culture. È emerso un sostanziale accordo sul fatto che, con i necessari chiarimenti, la prospettiva sinodale rappresenta il futuro della Chiesa.

Questioni da affrontare

  1. j)  Partendo dal lavoro di riflessione già svolto, occorre chiarire il significato di sinodalità ai diversi livelli, dall’uso pastorale a quello teologico e canonico, scongiurando il rischio che suoni troppo vago o generico, o che appaia come una moda passeggera. Allo stesso modo, si ritiene necessario chiarire il rapporto tra sinodalità e comunione, così come quello tra sinodalità e collegialità.

  2. k)  È emerso il desiderio di valorizzare le differenze nella pratica e nella comprensione della sinodalità tra le tradizioni dell’Oriente cristiano e la tradizione latina, anche nel processo sinodale in corso, favorendo l’incontro tra di loro.

  3. l)  In particolare vanno fatte emergere le molte espressioni della vita sinodale in contesti culturali in cui le persone sono abituate a camminare insieme come comunità. In questa linea, si può affermare che la pratica sinodale fa parte della risposta profetica della Chiesa a un individualismo che si ripiega su se stesso, a un populismo che divide e a una globalizzazione che omogeneizza e appiattisce. Non risolve questi problemi, ma fornisce un modo alternativo di essere e di agire pieno di speranza, che integra una pluralità di prospettive e che va ulteriormente esplorato e illuminato.

Proposte

  1. m)  La ricchezza e la profondità dell’esperienza vissuta conducono a indicare come prioritario l’allargamento del numero delle persone coinvolte nei cammini sinodali, superando gli ostacoli alla partecipazione finora emersi, così come il senso di sfiducia e i timori che alcuni nutrono.

  2. n)  Occorre sviluppare modalità per un più attivo coinvolgimento di diaconi, presbiteri e Vescovi nel processo sinodale durante il prossimo anno. Una Chiesa sinodale non può fare a meno delle loro voci, delle loro esperienze e del loro contributo. Abbiamo bisogno di comprendere le ragioni della resistenza alla sinodalità da parte di alcuni di loro.

  1. o)  Infine, è emersa con forza la necessità che la cultura sinodale diventi più intergenerazionale, con spazi che permettano ai giovani di parlare liberamente con le loro famiglie, con i loro coetanei e con i loro pastori, anche attraverso i canali digitali.

  2. p)  Si propone di promuovere, in sede opportuna, il lavoro teologico di approfondimento terminologico e concettuale della nozione e della pratica della sinodalità prima della Seconda Sessione dell’Assemblea, giovandosi del ricco patrimonio di studi successivi al Concilio Vaticano II e, in particolare, dei documenti della Commissione Teologica Internazionale su La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2018) e Il sensus fidei nella vita della Chiesa (2014).

  3. q)  Richiedono un analogo chiarimento le implicazioni canonistiche della prospettiva della sinodalità. A riguardo si propone l’istituzione di un’apposita commissione intercontinentale di teologi e canonisti, in vista della Seconda Sessione dell’Assemblea.

  4. r)  Pare giunto il momento per una revisione del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Si avvii quindi uno studio preliminare.

2. Radunati e inviati dalla Trinità

Convergenze

  1. a)  Come ricorda il Concilio Vaticano II, la Chiesa è «un popolo adunato in virtù dell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (LG 4). Il Padre, attraverso l’invio del Figlio e il dono dello Spirito, ci coinvolge in un dinamismo di comunione e di missione che ci fa passare dall’io al noi e ci pone a servizio del mondo. La sinodalità traduce in atteggiamenti spirituali e in processi ecclesiali la dinamica trinitaria con cui Dio viene incontro all’umanità. Perché questo accada occorre che tutti i battezzati s’impegnino a esercitare in reciprocità la propria vocazione, il proprio carisma, il proprio ministero. Solo così la Chiesa potrà farsi veramente “colloquio” al suo interno e con il mondo (cfr. Ecclesiam suam 67), camminando fianco a fianco di ogni essere umano con lo stile di Gesù.

  2. b)  Fin dalle origini, il cammino sinodale della Chiesa è orientato verso il Regno, che avrà pieno compimento quando Dio sarà tutto in tutti. La testimonianza della fraternità ecclesiale e la dedizione missionaria al servizio degli ultimi non saranno mai all’altezza del Mistero di cui pure sono segno e strumento. La Chiesa non riflette sulla propria configurazione sinodale per porre se stessa al centro dell’annuncio, ma per compiere al meglio, pur nella sua costitutiva incompiutezza, il servizio all’avvento del Regno.

  3. c)  Il rinnovamento della comunità cristiana è possibile solo riconoscendo il primato della grazia. Se manca la profondità spirituale, la sinodalità rimane un rinnovamento di facciata. Ciò a cui siamo chiamati, però, non è solo tradurre in processi comunitari un’esperienza spirituale maturata altrove, ma più profondamente sperimentare come le relazioni fraterne siano luogo e forma di un autentico incontro con Dio. In questo senso la prospettiva sinodale, mentre attinge al ricco patrimonio spirituale della Tradizione, contribuisce a rinnovarne le forme: una preghiera aperta alla partecipazione, un discernimento vissuto insieme, un’energia missionaria che nasce dalla condivisione e si irradia come servizio.

  4. d)  La conversazione nello Spirito è uno strumento che, pur con i suoi limiti, risulta fecondo per consentire un ascolto autentico e per discernere ciò che lo Spirito dice alle Chiese. La sua pratica ha suscitato gioia, stupore e gratitudine ed è stata vissuta come un percorso di rinnovamento che trasforma gli individui, i gruppi, la Chiesa. La parola “conversazione” esprime qualcosa di più del semplice dialogo: intreccia in modo armonico pensiero e sentimento e genera un mondo vitale condiviso. Per questo si può dire che nella conversazione è in gioco la conversione. Si tratta di un dato antropologico che si ritrova in popoli e culture diverse, accomunate dalla pratica di un radunarsi solidale per trattare e decidere le questioni vitali per la comunità. La grazia porta a compimento questa esperienza umana: conversare “nello Spirito” significa vivere l’esperienza della condivisione nella luce della fede e nella ricerca del volere di Dio, in un’atmosfera autenticamente evangelica entro cui lo Spirito Santo può far udire la sua voce inconfondibile. 

    e) Poiché la sinodalità è ordinata alla missione, è necessario che le comunità cristiane condividano la fraternità con uomini e donne di altre religioni, convinzioni e culture, evitando da una parte il rischio dell’autoreferenzialità e dell’autoconservazione e dall’altra quello della perdita di identità. La logica del dialogo, dell’apprendimento reciproco e del camminare insieme deve caratterizzare l’annuncio evangelico e il servizio ai poveri, la cura della casa comune e la ricerca teologica, divenendo lo stile pastorale della Chiesa.

Questioni da affrontare

  1. f)  Per realizzare un vero ascolto della volontà del Padre, pare necessario approfondire sotto il profilo teologico i criteri del discernimento ecclesiale, in modo che il riferimento alla libertà e novità dello Spirito sia opportunamente coordinato con l’evento di Gesù Cristo accaduto «una volta per sempre» (Eb 10,10). Ciò richiede anzitutto di precisare il rapporto tra l’ascolto della Parola di Dio attestata nella Scrittura, l’accoglienza della Tradizione e del magistero della Chiesa e la lettura profetica dei segni dei tempi.

  2. g)  A questo scopo è fondamentale promuovere visioni antropologiche e spirituali capaci di integrare e non giustapporre la dimensione intellettuale e quella emotiva dell’esperienza di fede, superando ogni riduzionismo e ogni dualismo tra ragione e sentimento.

  3. h)  È importante chiarire in che modo la conversazione nello Spirito possa integrare gli apporti del pensiero teologico e delle scienze umane e sociali, anche alla luce di altri modelli di discernimento ecclesiale che sono realizzati seguendo la scansione del “vedere, giudicare, agire” o articolando i passaggi del “riconoscere, interpretare, scegliere”.

  4. i)  Va sviluppato l’apporto che la lectio divina e le diverse tradizioni spirituali, antiche e recenti, possono offrire alla pratica del discernimento. È opportuno infatti valorizzare la pluralità di forme e di stili, di metodi e di criteri che lo Spirito Santo ha suggerito nel corso dei secoli e che fanno parte del patrimonio spirituale della Chiesa.

Proposte

  1. j)  Si propone di sperimentare e adattare la conversazione nello Spirito e altre forme di discernimento nella vita delle Chiese, valorizzando a seconda delle culture e dei contesti la ricchezza delle diverse tradizioni spirituali. Opportune forme di accompagnamento possono facilitare tale pratica, aiutando a coglierne la logica e a superare eventuali resistenze.

  2. k)  Ogni Chiesa locale si doti di persone idonee e preparate per facilitare e accompagnare processi di discernimento ecclesiale.

  3. l)  È importante che la pratica del discernimento sia attuata anche nell’ambito pastorale, in modo adeguato ai contesti, per illuminare la concretezza della vita ecclesiale. Essa consentirà di riconoscere meglio i carismi presenti nella comunità, di affidare con saggezza compiti e ministeri, di progettare nella luce dello Spirito i cammini pastorali, andando oltre la semplice programmazione di attività. 

    3. Entrare in una comunità di fede: l’iniziazione cristiana

Convergenze

  1. a)  L’iniziazione cristiana è l’itinerario attraverso cui il Signore, mediante il ministero della Chiesa, ci introduce nella fede pasquale e ci inserisce nella comunione trinitaria ed ecclesiale. Tale itinerario conosce una significativa varietà di forme a seconda dell’età in cui viene intrapreso e delle diverse accentuazioni proprie delle tradizioni orientali e di quella occidentale. Tuttavia vi si intrecciano sempre l’ascolto della Parola e la conversione della vita, la celebrazione liturgica e l’inserimento nella comunità e nella sua missione. Proprio per questo il percorso catecumenale, con la gradualità delle sue tappe e dei suoi passaggi, è il paradigma di ogni camminare insieme ecclesiale.

  2. b)  L’iniziazione pone a contatto con una grande varietà di vocazioni e di ministeri ecclesiali. In essi si esprime il volto materno di una Chiesa che insegna ai suoi figli a camminare camminando con loro. Li ascolta e, mentre risponde ai loro dubbi e alle loro domande, si arricchisce della novità che ogni persona porta in sé, con la sua storia, la sua lingua e la sua cultura. Nella pratica di questa azione pastorale la comunità cristiana sperimenta, spesso senza averne piena consapevolezza, la prima forma di sinodalità.

  3. c)  Prima di ogni distinzione di carismi e di ministeri, «noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo» (1Cor 12,13). Per questo, fra tutti i battezzati vi è un’autentica uguaglianza di dignità e una comune responsabilità per la missione, secondo la vocazione di ognuno. Per l’unzione dello Spirito, che «insegna ogni cosa» (1Gv 2,27), tutti i credenti possiedono un istinto per la verità del Vangelo, chiamato sensus fidei. Esso consiste in una certa connaturalità con le realtà divine e nell’attitudine a cogliere intuitivamente ciò che è conforme alla verità della fede. I processi sinodali valorizzano questo dono e consentono di verificare l’esistenza di quel consenso dei fedeli (consensus fidelium) che costituisce un criterio sicuro per determinare se una particolare dottrina o prassi appartengono alla fede apostolica.

  4. d)  La Confermazione rende in qualche modo perenne nella Chiesa la grazia della Pentecoste. Essa arricchisce i fedeli con l’abbondanza dei doni dello Spirito e li chiama a sviluppare la propria vocazione specifica, radicata nella comune dignità battesimale, a servizio della missione. La sua importanza deve essere maggiormente evidenziata e posta in rapporto alla varietà di carismi e ministeri che disegnano il volto sinodale della Chiesa.

  5. e)  La celebrazione dell’Eucaristia, soprattutto alla domenica, è la prima e fondamentale forma con cui il Santo Popolo di Dio si riunisce e si incontra. Dove essa non è possibile, la comunità, pur desiderandola, si raccoglie intorno alla celebrazione della Parola. Nell’Eucaristia celebriamo un mistero di grazia di cui non siamo gli artefici. Chiamandoci a partecipare del suo Corpo e del suo Sangue, il Signore ci rende un solo corpo tra di noi e con Lui. A partire dall’utilizzo che Paolo fa del termine koinonia (cfr. 1Cor 10,16-17), la tradizione cristiana ha custodito la parola “comunione” per indicare allo stesso tempo la piena partecipazione all’Eucaristia e la natura dei rapporti tra i fedeli e tra le Chiese. Mentre ci apre alla contemplazione della vita divina, fino alle profondità insondabili del mistero trinitario, questo termine ci rimanda alla quotidianità delle nostre relazioni: nei gesti più semplici con cui ci apriamo l’uno all’altro circola realmente il soffio dello Spirito. Per questo la comunione celebrata nell’Eucaristia e che da essa scaturisce configura e orienta i percorsi della sinodalità. 

    f) Dall’Eucaristia impariamo ad articolare unità e diversità: unità della Chiesa e molteplicità delle comunità cristiane; unità del mistero sacramentale e varietà delle tradizioni liturgiche; unità della celebrazione e diversità delle vocazioni, dei carismi e dei ministeri. Nulla più dell’Eucaristia mostra che l’armonia creata dallo Spirito non è uniformità e che ogni dono ecclesiale è destinato all’edificazione comune.

Questioni da affrontare

  1. g)  Il sacramento del Battesimo non può essere compreso in modo isolato, al di fuori della logica dell’iniziazione cristiana, né tanto meno in modo individualistico. Occorre dunque approfondire ulteriormente l’apporto alla comprensione della sinodalità che può provenire da una visione più unitaria dell’iniziazione cristiana.

  2. h)  La maturazione del sensus fidei richiede non solo di aver ricevuto il Battesimo, ma anche di sviluppare la grazia del sacramento in una vita di autentico discepolato, che abiliti a discernere l’azione dello Spirito da ciò che è espressione del pensiero dominante, frutto di condizionamenti culturali o in ogni caso non coerente con il Vangelo. Si tratta di un tema da approfondire con un’adeguata riflessione teologica.

  3. i)  La riflessione sulla sinodalità può offrire spunti di rinnovamento per la comprensione della Confermazione, con cui la grazia dello Spirito articola nell’armonia della Pentecoste la varietà dei doni e dei carismi. Alla luce delle diverse esperienze ecclesiali, va studiato il modo per rendere più fruttuosa la preparazione e la celebrazione di questo sacramento, così da risvegliare in tutti i fedeli la chiamata all’edificazione della comunità, alla missione nel mondo e alla testimonianza della fede.

  4. j)  Sotto il profilo teologico pastorale è importante proseguire la ricerca sul modo in cui la logica catecumenale può illuminare altri percorsi pastorali, come quello della preparazione al matrimonio, o l’accompagnamento a scelte di impegno professionale e sociale, o la stessa formazione al ministero ordinato, in cui tutta la comunità ecclesiale deve essere coinvolta.

Proposte

  1. k)  Se l’Eucaristia dà forma alla sinodalità, il primo passo da compiere è onorarne la grazia con uno stile celebrativo all’altezza del dono e con un’autentica fraternità. La liturgia celebrata con autenticità è la prima e fondamentale scuola di discepolato e di fraternità. Prima di ogni nostra iniziativa di formazione, dobbiamo lasciarci formare dalla sua potente bellezza e dalla nobile semplicità dei suoi gesti.

  2. l)  Un secondo passo si riferisce all’esigenza, da più parti segnalata, di rendere il linguaggio liturgico più accessibile ai fedeli e più incarnato nella diversità delle culture. Senza mettere in discussione la continuità con la tradizione e la necessità della formazione liturgica, si sollecita una riflessione su questo tema e l’attribuzione di maggiore responsabilità alle Conferenze Episcopali, sulla linea del motu proprio Magnum principium.

  3. m)  Un terzo passo consiste nell’impegno pastorale di valorizzare tutte le forme di preghiera comunitaria, senza limitarsi alla sola celebrazione della Messa. Altre espressioni della preghiera liturgica, come pure le pratiche della pietà popolare, in cui si rispecchia il genio delle culture locali, sono elementi di grande importanza per favorire il coinvolgimento di tutti i fedeli, per introdurre con gradualità nel mistero cristiano e per avvicinare all’incontro con il Signore chi ha meno familiarità con la Chiesa. Tra le forme della pietà popolare spicca in particolare la devozione mariana, per la sua capacità di sostenere e nutrire la fede di molti.

4. I poveri, protagonisti del cammino della Chiesa

Convergenze

  1. a)  Alla Chiesa i poveri chiedono amore. Per amore si intende rispetto, accoglienza e riconoscimento, senza i quali fornire cibo, denaro o servizi sociali rappresenta una forma di assistenza certamente importante, ma che non si fa pienamente carico della dignità della persona. Rispetto e riconoscimento sono strumenti potenti di attivazione delle capacità personali, in modo che ciascuno sia soggetto del proprio percorso di crescita e non oggetto dell’azione assistenziale di altri.

  2. b)  L’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica: Gesù, povero e umile, ha fatto amicizia con i poveri, ha camminato con i poveri, ha condiviso la tavola con i poveri e ha denunciato le cause della povertà. Per la Chiesa l’opzione per i poveri e gli scartati è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Per San Giovanni Paolo II, Dio concede a loro per primi la sua misericordia. Questa preferenza divina ha conseguenze nella vita di tutti i cristiani, chiamati a nutrire «gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5).

  3. c)  Non c’è un solo genere di povertà. Tra i molti volti dei poveri vi sono quelli di tutti coloro che non hanno il necessario per condurre una vita dignitosa. Vi sono poi quelli di migranti e rifugiati; popoli indigeni, originari e afrodiscendenti; coloro che subiscono violenza e abuso, in particolare donne; persone con dipendenze; minoranze a cui viene sistematicamente negata una voce; anziani abbandonati; vittime del razzismo, dello sfruttamento e della tratta, in particolare minori; lavoratori sfruttati; esclusi economicamente e altri che vivono nelle periferie. I più vulnerabili tra i vulnerabili, a favore dei quali è necessaria una costante azione di advocacy, sono i bimbi nel grembo materno e le loro madri. L’Assemblea è consapevole del grido dei “nuovi poveri”, prodotti dalle guerre e dal terrorismo che martoriano molti Paesi in diversi continenti e condanna i sistemi politici ed economici corrotti che ne sono la causa.

  4. d)  A fianco delle molte forme di povertà materiale, il nostro mondo conosce anche quelle della povertà spirituale, intesa come mancanza del senso della vita. Una eccessiva preoccupazione per se stessi può condurre a vedere negli altri una minaccia e a rinchiudersi nell’individualismo. Come è stato notato, le povertà materiali e le povertà spirituali, quando si alleano, possono trovare le risposte ai bisogni l’una dell’altra. È questo un modo per camminare insieme che rende concreta la prospettiva della Chiesa sinodale che ci svelerà il senso più pieno della beatitudine evangelica «Beati i poveri in spirito» (Mt 5,3).

  5. e)  Stare al fianco dei poveri significa impegnarsi con loro anche nella cura della nostra casa comune: il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido. La mancanza di reazioni rende la crisi ecologica e in particolare i cambiamenti climatici una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità, come sottolinea l’esortazione apostolica Laudate Deum, pubblicata da Papa Francesco in concomitanza con l’apertura dei lavori dell’Assemblea sinodale. Le Chiese dei Paesi più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici hanno viva coscienza dell’urgenza di un cambiamento di rotta e questo rappresenta un loro contributo al cammino delle altre Chiese del pianeta.

  1. f)  L’impegno della Chiesa deve arrivare alle cause della povertà e dell’esclusione. Ciò comprende l’azione per tutelare i diritti di poveri ed esclusi, e può richiedere la denuncia pubblica delle ingiustizie, siano esse perpetrate da individui, governi, aziende o strutture della società. Per questo è fondamentale l’ascolto delle loro istanze e del loro punto di vista, in modo da prestare loro la voce, usando le loro parole.

  2. g)  I cristiani hanno il dovere di impegnarsi a partecipare attivamente alla costruzione del bene comune e alla difesa della dignità della vita, attingendo ispirazione alla dottrina sociale della Chiesa e operando in diverse forme (impegno nelle organizzazioni della società civile, nei sindacati, nei movimenti popolari, nell’associazionismo di base, nel campo della politica, ecc.). La Chiesa esprime una profonda gratitudine per la loro azione. Le comunità sostengano quanti operano in questi campi in autentico spirito di carità e di servizio. La loro azione è parte della missione della Chiesa di annuncio del Vangelo e collaborazione all’avvento del Regno di Dio.

  3. h)  Nei poveri la comunità cristiana incontra il volto e la carne di Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2Cor 8,9). È chiamata non solo a farsi loro prossima, ma a imparare da loro. Se fare sinodo significa camminare insieme a Colui che è la via, una Chiesa sinodale ha bisogno di mettere i poveri al centro di tutti gli aspetti della propria vita: attraverso le loro sofferenze hanno una conoscenza diretta del Cristo sofferente (cfr. Evangelii gaudium, n. 198). La somiglianza della loro vita con quella del Signore rende i poveri annunciatori di una salvezza ricevuta in dono e testimoni della gioia del Vangelo.

Questioni da affrontare

  1. i)  In alcune parti del mondo la Chiesa è povera, con i poveri e per i poveri. Esiste il rischio costante, da evitare con cura, di considerare i poveri in termini di “loro” e “noi”, come “oggetti” della carità della Chiesa. Mettere i poveri al centro e imparare da loro è qualcosa che la Chiesa deve fare sempre di più.

  2. j)  La denuncia profetica delle situazioni di ingiustizia e l’azione di pressione nei confronti dei decisori politici, che richiede il ricorso a forme di diplomazia, vanno mantenute in tensione dinamica in modo da non perdere lucidità e fecondità. In particolare, occorre vigilare perché l’uso di fondi pubblici o privati da parte delle strutture della Chiesa non condizioni la libertà di parlare in nome delle esigenze del Vangelo.

  3. k)  L’azione nei campi dell’educazione, della sanità e dell’assistenza sociale, senza alcuna discriminazione o esclusione di nessuno, è un chiaro segno di una Chiesa che promuove l’integrazione e la partecipazione degli ultimi al suo interno e nella società. Le organizzazioni attive in questo campo sono invitate a considerarsi espressione della comunità cristiana e a evitare uno stile impersonale di vivere la carità. Sono sollecitate anche a fare rete e coordinarsi.

  4. l)  La Chiesa deve essere onesta nell’esaminare come rispetta le esigenze della giustizia nei confronti di coloro che lavorano nelle istituzioni ad essa collegate, per testimoniare con integrità la propria coerenza.

  5. m)  In una Chiesa sinodale il senso di solidarietà si gioca anche sul piano dello scambio di doni e della condivisione delle risorse tra Chiese locali di diverse regioni. Si tratta di rapporti che favoriscono l’unità della Chiesa, creando legami tra le comunità cristiane coinvolte. Occorre mettere a fuoco le condizioni da garantire perché i presbiteri che vengono in aiuto alle Chiese povere di clero non siano solo un rimedio funzionale, ma una risorsa per la crescita della Chiesa che li invia e di quella che li riceve. Analogamente occorre operare perché gli aiuti economici non degenerino in assistenzialismo, ma promuovano un’autentica solidarietà evangelica e siano gestiti in modo trasparente e affidabile.

Proposte

  1. n)  La dottrina sociale della Chiesa è una risorsa troppo poco conosciuta, su cui tornare a investire. Le Chiese locali s’impegnino non solo a renderne più noti i contenuti, ma a favorirne l’appropriazione attraverso pratiche che ne mettono in atto l’ispirazione.

  2. o)  L’esperienza dell’incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati diventi parte integrante di tutti i percorsi formativi offerti dalle comunità cristiane: si tratta di una esigenza della fede, non di un optional. Questo vale in particolare per i candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata.

  3. p)  Nell’ambito del ripensamento del ministero diaconale, se ne promuova un più deciso orientamento al servizio ai poveri.

  4. q)  Si integrino in maniera più esplicita e attenta nell’insegnamento, nella liturgia e nelle pratiche della Chiesa i fondamenti biblici e teologici dell’ecologia integrale.

5. Una Chiesa da «ogni tribù, lingua, popolo e nazione»

Convergenze

  1. a)  I cristiani vivono all’interno di culture specifiche, portando dentro di esse Cristo nella Parola e nel Sacramento. Impegnandosi nel servizio della carità accolgono con umiltà e gioia il mistero di Cristo che già li attende in ogni luogo e in ogni tempo. In questo modo diventano una Chiesa da «ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5,9).

  2. b)  I contesti culturali, storici e regionali in cui la Chiesa è presente rivelano bisogni spirituali e materiali differenti. Questo plasma la cultura delle Chiese locali, le loro priorità missionarie, le preoccupazioni e i doni che ciascuna di loro porta al dialogo sinodale, e i linguaggi con cui si esprime. Durante i giorni dell’Assemblea abbiamo potuto fare esperienza diretta, e per lo più gioiosa, della pluralità delle espressioni dell’essere Chiesa.

  3. c)  Le Chiese vivono in contesti sempre più multiculturali e multireligiosi, in cui è essenziale l’impegno nel dialogo tra religione e cultura insieme agli altri gruppi che costituiscono la società. Vivere la missione della Chiesa in questi contesti richiede uno stile di presenza, servizio e annuncio che cerca di costruire ponti, coltivare la comprensione reciproca e impegnarsi in un’evangelizzazione che accompagna, ascolta e impara. Più volte nell’Assemblea è risuonata l’immagine di “togliersi le scarpe” per andare all’incontro con l’altro da pari a pari, come segno di umiltà e rispetto per uno spazio sacro.

  4. d)  I movimenti migratori sono una realtà che rimodella le Chiese locali come comunità interculturali. Spesso migranti e rifugiati, molti dei quali portano le ferite dello sradicamento, della guerra e della violenza, diventano una fonte di rinnovamento e arricchimento per le comunità che li accolgono e un’occasione per stabilire un legame diretto con Chiese geograficamente lontane. Di fronte ad atteggiamenti sempre più ostili nei confronti dei migranti, siamo chiamati a praticare un’accoglienza aperta, ad accompagnarli nella costruzione di un nuovo progetto di vita e a costruire una vera comunione interculturale tra i popoli. Il rispetto per le tradizioni liturgiche e le pratiche religiose dei migranti è parte integrante di un’autentica accoglienza.

  1. e)  I missionari hanno dato la vita per portare la Buona Notizia in tutto il mondo. Il loro impegno dà una eloquente testimonianza della forza della Vangelo. Tuttavia, particolare attenzione e sensibilità sono necessarie in contesti in cui “missione” è una parola carica di un retaggio storico doloroso, che oggi ostacola la comunione. In alcuni luoghi l’annuncio del Vangelo è stato associato alla colonizzazione e persino al genocidio. Evangelizzare in questi contesti richiede di riconoscere gli errori compiuti, di apprendere una nuova sensibilità a queste problematiche e di accompagnare una generazione che cerca di forgiare identità cristiane al di là del colonialismo. Il rispetto e l’umiltà sono atteggiamenti fondamentali per riconoscere che ci completiamo a vicenda e che l’incontro con culture diverse può arricchire il vivere e il pensare la fede delle comunità cristiane.

  2. f)  La Chiesa insegna la necessità e incoraggia la pratica del dialogo interreligioso come parte della costruzione della comunione tra tutti i popoli. In un mondo di violenza e frammentazione, appare sempre più urgente una testimonianza dell’unità dell’umanità, della sua origine comune e del suo destino comune, in una solidarietà coordinata e fraterna verso la giustizia sociale, la pace, la riconciliazione e la cura della casa comune. La Chiesa è consapevole che lo Spirito può parlare attraverso la voce di uomini e donne di ogni religione, convinzione e cultura.

Questioni da affrontare

  1. g)  Occorre coltivare la sensibilità per la ricchezza della varietà delle espressioni dell’essere Chiesa. Questo richiede la ricerca di un equilibrio dinamico tra la dimensione della Chiesa nel suo insieme e il suo radicamento locale, tra il rispetto del vincolo dell’unità della Chiesa e il rischio dell’omogeneizzazione che soffoca la varietà. I significati e le priorità variano tra contesti diversi e questo richiede di identificare e promuovere forme di decentramento e istanze intermedie.

  2. h)  Anche la Chiesa è colpita dalla polarizzazione e dalla sfiducia in ambiti cruciali, come la vita liturgica e la riflessione morale, sociale e teologica. Dobbiamo riconoscerne le cause attraverso il dialogo e intraprendere processi coraggiosi di rivitalizzazione della comunione e di riconciliazione per superarle.

  3. i)  Nelle nostre Chiese locali, a volte sperimentiamo tensioni tra diverse modalità di intendere l’evangelizzazione, che si focalizzano sulla testimonianza di vita, sull’impegno per la promozione umana, sul dialogo con le fedi e le culture e sull’annuncio esplicito del Vangelo. Ugualmente emerge una tensione tra l’annuncio esplicito di Gesù Cristo e la valorizzazione delle caratteristiche di ciascuna cultura alla ricerca dei tratti evangelici (semina Verbi) che già contiene.

  4. j)  Tra le questioni da approfondire è stata indicata la possibile confusione tra il messaggio del Vangelo e la cultura dell’evangelizzatore.

  5. k)  L’estendersi di conflitti, con il commercio e l’uso di armi sempre più potenti, apre la questione, sollevata in diversi gruppi, di una più accurata riflessione e formazione a gestire i conflitti in modo non violento. Si tratta di un contributo qualificato che i cristiani possono offrire al mondo di oggi, anche in dialogo e in collaborazione con altre religioni.

Proposte

l) È necessaria una rinnovata attenzione alla questione dei linguaggi che utilizziamo per parlare alle menti e ai cuori delle persone in una grande diversità di contesti, in un modo che risulti accessibile e bello.

  1. m)  In vista della sperimentazione di forme di decentramento, occorre definire un quadro di riferimento condiviso per la loro gestione e la loro valutazione, identificando tutti gli attori coinvolti e i relativi ruoli. Per esigenze di coerenza, i processi di discernimento in materia di decentramento devono avvenire in stile sinodale, prevedendo il concorso e il contributo di tutti gli attori coinvolti ai diversi livelli.

  2. n)  Sono necessari nuovi paradigmi per l’impegno pastorale con le popolazioni indigene, nella linea di un cammino insieme e non di una azione fatta a loro o per loro. La loro partecipazione ai processi decisionali a tutti i livelli può contribuire a una Chiesa più vibrante e missionaria.

  3. o)  Dai lavori dell’Assemblea, emerge la richiesta di una migliore conoscenza degli insegnamenti del Vaticano II, del magistero postconciliare e della dottrina sociale della Chiesa. Abbiamo bisogno di conoscere meglio le nostre diverse tradizioni per essere più chiaramente una Chiesa di Chiese in comunione, efficace nel servizio e nel dialogo.

  4. p)  In un mondo in cui il numero di migranti e rifugiati aumenta, mentre si riduce la disponibilità ad accoglierli, e in cui lo straniero è visto con crescente sospetto, è opportuno che la Chiesa si impegni con decisione nell’educazione alla cultura del dialogo e dell’incontro, combattendo il razzismo e la xenofobia, in particolare nei programmi di formazione pastorale. È ugualmente necessario impegnarsi in progetti di integrazione dei migranti.

  5. q)  Raccomandiamo un rinnovato impegno nel dialogo e nel discernimento in materia di giustizia razziale. Occorre identificare i sistemi che creano o mantengono l’ingiustizia razziale all’interno della Chiesa e combatterli. Si dia vita a processi di guarigione e riconciliazione per sradicare il peccato del razzismo, con l’aiuto di coloro che ne subiscono le conseguenze.

6. Tradizioni delle Chiese orientali e della Chiesa latina

Convergenze

  1. a)  Tra le Chiese orientali, quelle in piena comunione con il successore di Pietro godono di una peculiarità liturgica, teologica, ecclesiologica e canonica che arricchisce grandemente l’intera Chiesa. In particolare, la loro esperienza di unità nella diversità può offrire un prezioso contributo alla comprensione e alla pratica della sinodalità.

  2. b)  Nel corso della storia il livello di autonomia garantito a queste Chiese ha conosciuto fasi diverse e ha registrato anche comportamenti oggi considerati superati, come la latinizzazione. Negli ultimi decenni il cammino di riconoscimento della specificità, distinzione e autonomia di tali Chiese ha avuto uno sviluppo notevole.

  3. c)  La consistente migrazione di fedeli dell’Oriente cattolico in territori a maggioranza latina pone questioni pastorali importanti. Se l’attuale flusso continua o si accresce, vi potrebbero essere più membri delle Chiese orientali cattoliche in diaspora che nei territori canonici. Per diversi motivi, la costituzione di gerarchie orientali nei Paesi di immigrazione non è sufficiente per risolvere il problema, ma occorre che le Chiese locali di rito latino, in nome della sinodalità, aiutino i fedeli orientali emigrati a preservare la loro identità e a coltivare il loro patrimonio specifico, senza subire processi di assimilazione.

Questioni da affrontare

  1. d)  Va ulteriormente studiato l’apporto che l’esperienza delle Chiese orientali cattoliche può offrire alla comprensione e alla pratica della sinodalità.

  2. e)  Alcune difficoltà permangono a proposito dell’assenso da parte del Papa ai Vescovi eletti dai Sinodi delle Chiese sui iuris per il loro territorio e della nomina papale dei Vescovi al di fuori del territorio canonico. Anche la richiesta di estendere la giurisdizione dei Patriarchi al di fuori del territorio patriarcale è oggetto di discernimento nel dialogo con la Santa Sede.

  3. f)  Nelle regioni dove sono presenti fedeli di Chiese cattoliche diverse, occorre trovare modalità che rendano visibile e sperimentabile una effettiva unità nella diversità.

  4. g)  Occorre riflettere sull’apporto che le Chiese orientali cattoliche possono dare al cammino verso l’unità tra tutti i cristiani e il ruolo che possono svolgere nel dialogo interreligioso e interculturale.

Proposte

  1. h)  Emerge anzitutto la richiesta di istituire un Consiglio dei Patriarchi e Arcivescovi Maggiori delle Chiese orientali cattoliche presso il Santo Padre.

  2. i)  Alcuni chiedono di convocare un Sinodo Speciale dedicato alle Chiese Orientali Cattoliche, alla loro identità e missione, nonché alle sfide pastorali e canoniche nel contesto di guerra e di massicce migrazioni.

  3. j)  Si propone di formare una commissione congiunta di teologi, storici e canonisti orientali e latini per studiare le questioni che richiedono approfondimento e avanzare proposte per proseguire il cammino.

  4. k)  Nei dicasteri della Curia romana ci sia un’adeguata rappresentanza di membri delle Chiese orientali cattoliche per arricchire la Chiesa intera con il contributo della loro prospettiva, favorire la soluzione dei problemi rilevati e partecipare al dialogo ai diversi livelli.

  5. l)  Per favorire forme di accoglienza rispettose del patrimonio dei fedeli delle Chiese orientali è opportuno intensificare i rapporti tra il clero orientale in diaspora e quello latino e promuovere la conoscenza reciproca e il riconoscimento delle rispettive tradizioni.

7. In cammino verso l’unità dei cristiani

Convergenze

  1. a)  Questa sessione dell’Assemblea sinodale si è aperta nel segno dell’ecumenismo. La veglia di preghiera “Together” ha visto la presenza a fianco di papa Francesco di numerosi altri capi e rappresentanti di diverse Comunioni cristiane: un segno chiaro e credibile della volontà di camminare insieme nello spirito dell’unità della fede e dello scambio di doni. Anche questo avvenimento, altamente significativo, ci ha permesso di riconoscere che ci troviamo in un kairos ecumenico e di riaffermare che ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide. In comune, infatti, abbiamo «un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un Dio unico e Padre di tutti, che è sopra tutti, fra tutti e in tutti» (Ef 4,5-6).

  2. b)  Proprio il Battesimo, che è al principio della sinodalità, costituisce anche il fondamento dell’ecumenismo. Attraverso di esso tutti i cristiani partecipano al sensus fidei e per questo vanno ascoltati con attenzione, indipendentemente dalla loro tradizione, come l’Assemblea sinodale ha fatto nel suo processo di discernimento. Non ci può essere sinodalità senza la dimensione ecumenica.

    c) L’ecumenismo è anzitutto una questione di rinnovamento spirituale ed esige anche processi di pentimento e di guarigione della memoria. Nell’Assemblea sono risuonate testimonianze illuminanti di cristiani di diverse tradizioni ecclesiali che condividono l’amicizia, la preghiera e soprattutto l’impegno per il servizio dei poveri. La dedizione per gli ultimi cementa i legami e aiuta a concentrarsi su ciò che già unisce tutti i credenti in Cristo. È importante perciò che l’ecumenismo si sviluppi anzitutto nella vita quotidiana. Nel dialogo teologico e istituzionale prosegue la paziente tessitura dalla comprensione reciproca in un clima di crescente fiducia e apertura.

  1. d)  In non poche regioni del mondo c’è soprattutto l’ecumenismo del sangue: cristiani di appartenenze diverse che insieme danno la vita per la fede in Gesù Cristo. La testimonianza del loro martirio è più eloquente di ogni parola: l’unità viene dalla Croce del Signore.

  2. e)  La collaborazione tra tutti i cristiani costituisce anche un elemento fondamentale per affrontare le sfide pastorali del nostro tempo: nelle società secolarizzate permette di dare più forza alla voce del Vangelo, in contesti di povertà fa unire le forze a servizio della giustizia, della pace e della dignità degli ultimi. Sempre e ovunque è una risorsa fondamentale per sanare la cultura dell’odio, della divisione e della guerra che contrappone gruppi, popoli e nazioni.

  3. f)  I matrimoni tra cristiani che appartengono a diverse Chiese o comunità ecclesiali (matrimoni misti) costituiscono realtà in cui può maturare la sapienza della comunione e ci si può evangelizzare a vicenda.

Questioni da affrontare

  1. g)  La nostra Assemblea ha potuto percepire la diversità tra le confessioni cristiane nel modo di comprendere la configurazione sinodale della Chiesa. Nelle Chiese Ortodosse, la sinodalità viene intesa in senso stretto come espressione dell’esercizio collegiale dell’autorità propria dei soli Vescovi (il Santo Sinodo). In senso lato, si riferisce alla partecipazione attiva di tutti i fedeli alla vita e alla missione della Chiesa. Non sono mancati riferimenti alle prassi in uso nelle altre comunità ecclesiali, che hanno arricchito il nostro dibattito. Tutto ciò richiede ulteriori approfondimenti.

  2. h)  Un altro tema da approfondire riguarda il nesso tra sinodalità e primato ai vari livelli (locale, regionale, universale), nella loro reciproca interdipendenza. Esso richiede una rilettura condivisa della storia, per superare luoghi comuni e pregiudizi. I dialoghi ecumenici in corso hanno permesso di capire meglio, alla luce delle pratiche del primo millennio, che sinodalità e primato sono realtà correlate, complementari e inseparabili. Il chiarimento di questo punto delicato si riflette sul modo di intendere il ministero petrino al servizio dell’unità, secondo quanto auspicato da San Giovanni Paolo II nell’Enciclica Ut unum sint.

  3. i)  Va ulteriormente esaminata sotto il profilo teologico, canonico e pastorale la questione della ospitalità eucaristica (communicatio in sacris), alla luce del nesso tra comunione sacramentale ed ecclesiale. Questo tema è particolarmente avvertito dalle coppie interconfessionali. Esso rimanda anche a una riflessione più ampia sui matrimoni misti.

  4. j)  È stata sollecitata anche una riflessione sul fenomeno delle comunità “non denominazionali” e dei movimenti di “risveglio” d’ispirazione cristiana, cui aderiscono in gran numero anche fedeli in origine cattolici.

Proposte

  1. k)  Nel 2025 ricorre l’anniversario del Concilio di Nicea (325), in cui fu elaborato il simbolo della fede che unisce tutti i cristiani. Una commemorazione comune di questo evento ci aiuterà anche a comprendere meglio come nel passato le questioni controverse fossero discusse e risolte insieme in Concilio.

  2. l)  Nello stesso anno 2025, provvidenzialmente, la data della solennità di Pasqua coinciderà per tutte le denominazioni cristiane. L’Assemblea ha espresso un vivo desiderio di giungere a trovare una data comune per la festa di Pasqua, così da poter celebrare nello stesso giorno la risurrezione del Signore, nostra vita e nostra salvezza.

  3. m)  Si desidera anche continuare a coinvolgere i cristiani di altre confessioni nei processi sinodali cattolici a tutti i livelli e invitare un maggior numero di delegati fraterni alla prossima sessione dell’Assemblea nel 2024.

  4. n)  È stata avanzata da alcuni anche la proposta di convocare un Sinodo ecumenico sulla missione comune nel mondo contemporaneo.

  5. o)  Si rilancia la proposta di compilare un martirologio ecumenico.

     

PARTE II – TUTTI DISCEPOLI, TUTTI MISSIONARI

8. La Chiesa è missione

Convergenze

  1. a)  Piuttosto che dire che la Chiesa ha una missione, affermiamo che la Chiesa è missione. «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21): la Chiesa riceve da Cristo, l’Inviato del Padre, la propria missione. Sorretta e guidata dallo Spirito Santo, essa annuncia e testimonia il Vangelo a quanti non lo conoscono o non lo accolgono, con quell’opzione preferenziale per i poveri che è radicata nella missione di Gesù. In questo modo concorre all’avvento del Regno di Dio, di cui «costituisce il germe e l’inizio» (cfr. LG 5).

  2. b)  I sacramenti dell’iniziazione cristiana conferiscono a tutti i discepoli di Gesù la responsabilità della missione della Chiesa. Laici e laiche, consacrate e consacrati, e ministri ordinati hanno pari dignità. Hanno ricevuto carismi e vocazioni diversi ed esercitano ruoli e funzioni differenti, tutti chiamati e nutriti dallo Spirito Santo per formare un solo corpo in Cristo. Tutti discepoli, tutti missionari, nella vitalità fraterna di comunità locali che sperimentano la dolce e confortante gioia di evangelizzare. L'esercizio della corresponsabilità è essenziale per la sinodalità ed è necessario a tutti i livelli della Chiesa. Ogni cristiano è una missione in questo mondo.

  3. c)  La famiglia è colonna portante di ogni comunità cristiana. I genitori, i nonni e tutti coloro che vivono e condividono la loro fede in famiglia sono i primi missionari. La famiglia, in quanto comunità di vita e di amore, è un luogo privilegiato di educazione alla fede e alla pratica cristiana, che necessita di un particolare accompagnamento all’interno delle comunità. Il sostegno è necessario soprattutto per i genitori che devono conciliare il lavoro, anche all’interno della comunità ecclesiale e a servizio della sua missione, con le esigenze della vita familiare.

  4. d)  Se la missione è grazia che impegna tutta la Chiesa, i fedeli laici contribuiscono in modo vitale a realizzarla in tutti gli ambienti e nelle situazioni più ordinarie di ogni giorno. Sono loro soprattutto a rendere presente la Chiesa e ad annunciare il Vangelo nella cultura dell’ambiente digitale, che ha un impatto così forte in tutto il mondo, nelle culture giovanili, nel mondo del lavoro, dell’economia e della politica, delle arti e della cultura, della ricerca scientifica, dell’educazione e della formazione, nella cura della casa comune e, in modo particolare, nella partecipazione alla vita pubblica. Là dove sono presenti, essi sono chiamati a testimoniare Gesù Cristo nella vita quotidiana e a condividere esplicitamente la fede con altri. In particolare i giovani, con i loro doni e le loro fragilità, mentre crescono nell’amicizia con Gesù, si fanno apostoli del Vangelo tra i loro coetanei.

  5. e)  I fedeli laici sono sempre più presenti e attivi anche nel servizio all’interno delle comunità cristiane. Molti di loro organizzano e animano comunità pastorali, prestano servizio come educatori alla fede, teologi e formatori, animatori spirituali e catechisti, e partecipano a vari organismi parrocchiali e diocesani. In molte regioni la vita delle comunità cristiane e la missione della Chiesa sono imperniate sulla figura dei catechisti. Inoltre, i laici prestano servizio nell’ambito del safeguarding e dell’amministrazione. Il loro contributo è indispensabile per la missione della Chiesa; per questo va curata l’acquisizione delle competenze necessarie

  6. f)  I carismi dei laici, nella loro varietà, sono doni dello Spirito Santo alla Chiesa che devono essere fatti emergere, riconosciuti e valorizzati a pieno titolo. In alcune situazioni può capitare che i laici siano chiamati a supplire alla carenza di sacerdoti, con il rischio che il carattere propriamente laicale del loro apostolato risulti sminuito. In altri contesti, può accadere che i presbiteri facciano tutto e i carismi e i ministeri dei laici vengano ignorati o sottoutilizzati. Si avverte inoltre il pericolo, espresso da molti all'Assemblea, di “clericalizzare” i laici, creando una sorta di élite laicale che perpetua le disuguaglianze e le divisioni nel Popolo di Dio.

  1. g)  La pratica della missione ad gentes realizza un arricchimento reciproco delle Chiese, perché non coinvolge solo i missionari, ma l’intera comunità, che viene stimolata alla preghiera, alla condivisione dei beni e alla testimonianza. Anche le Chiese povere di clero non devono rinunciare a questo impegno, mentre quelle in cui c’è maggiore fioritura di vocazioni al ministero ordinato possono aprirsi alla cooperazione pastorale, in una logica genuinamente evangelica. Tutti i missionari – laici e laiche, consacrate e consacrati, diaconi e presbiteri, in particolare i membri di istituti missionari e i missionari fidei donum – in forza della loro vocazione propria, sono una risorsa importante per creare legami di conoscenza e scambio di doni.

  2. h)  La missione della Chiesa è continuamente rinnovata e alimentata dalla celebrazione dell’Eucaristia, in particolare quando esse ne mette in primo piano il carattere comunitario e missionario.

Questioni da affrontare

  1. i)  È necessario continuare ad approfondire la comprensione teologica delle relazioni tra carismi e ministeri in prospettiva missionaria.

  2. j)  Il Vaticano II e il magistero successivo presentano la missione distintiva dei laici in termini di santificazione delle realtà temporali o secolari. Tuttavia, nella concretezza della pratica pastorale, a livello parrocchiale, diocesano e, recentemente, anche universale, sono sempre più spesso affidati a laici incarichi e ministeri all'interno della Chiesa. La riflessione teologica e le disposizioni canoniche devono essere conciliate con questi importanti sviluppi e impegnarsi a evitare dualismi che potrebbero compromettere la percezione dell’unità della missione della Chiesa.

  3. k)  Nella promozione della corresponsabilità per la missione di tutti i battezzati, riconosciamo le capacità apostoliche delle persone con disabilità. Vogliamo valorizzare il contributo all’evangelizzazione che proviene dall’immensa ricchezza di umanità che portano con sé. Riconosciamo le loro esperienze di sofferenza, emarginazione, discriminazione, a volte patite anche dentro la stessa comunità cristiana.

  4. l)  Le strutture pastorali vanno riorganizzate in modo da aiutare le comunità a far emergere, riconoscere e animare i carismi e i ministeri laicali, inserendoli nel dinamismo missionario della Chiesa sinodale. Sotto la guida dei loro pastori, le comunità saranno capaci di inviare e sostenere coloro che hanno inviato. Si concepiranno quindi principalmente a servizio della missione che i fedeli portano avanti all’interno della società, nella vita familiare e lavorativa, senza concentrarsi esclusivamente sulle attività che si svolgono al loro interno e sulle loro necessità organizzative.

  5. m)  L’espressione “una Chiesa tutta ministeriale”, utilizzata nell'Instrumentum laboris, può prestarsi a fraintendimenti. Se ne approfondisca il significato, per chiarire eventuali ambiguità.

Proposte

  1. n)  Si percepisce la necessità di una maggiore creatività nell'istituzione di ministeri in base alle esigenze delle Chiese locali, con un particolare coinvolgimento dei giovani. Si può pensare di ampliare ulteriormente i compiti al ministero istituito del lettore, che già oggi non si limitano al ruolo svolto durante le liturgie. In questo modo si potrebbe configurare un vero e proprio ministero della Parola di Dio, che in contesti appropriati potrebbe includere anche la predicazione. Si esplori anche la possibilità di istituire un ministero da conferire a coppie sposate impegnate a sostenere la vita familiare e ad accompagnare le persone che si preparano al sacramento del matrimonio.

  2. o)  Si invitano le Chiese locali a individuare forme e occasioni in cui dare visibilità e riconoscimento comunitario ai carismi e ministeri che arricchiscono la comunità. Ciò potrebbe avvenire in occasione di una celebrazione liturgica entro cui si affida il mandato pastorale.

9. Le donne nella vita e nella missione della Chiesa

Convergenze

  1. a)  Siamo stati creati maschio e femmina, a immagine e somiglianza di Dio. Fin dal principio, la creazione articola unità e differenza, conferendo a donne e uomini una natura, una vocazione e un destino condivisi e due esperienze distinte dell’umano. La Sacra Scrittura testimonia la complementarità e la reciprocità di donne e uomini. Nelle molteplici forme in cui si realizza, l’alleanza tra l’uomo e la donna è al cuore del progetto di Dio per la creazione. Gesù considerava le donne sue interlocutrici: parlava con loro del Regno di Dio e le accoglieva tra i discepoli, come ad esempio Maria di Betania. Queste donne fecero esperienza del suo potere di guarigione, liberazione e riconoscimento e camminarono con lui sulla strada dalla Galilea a Gerusalemme (cfr. Lc 8,1-3). Affidò a una donna, Maria Maddalena, il compito di annunciare la resurrezione la mattina di Pasqua.

  2. b)  In Cristo donne e uomini sono rivestititi della medesima dignità battesimale e ricevono in ugual misura la varietà dei doni dello Spirito (cfr. Gal 3,28). Uomini e donne sono chiamati a una comunione caratterizzata da una corresponsabilità non competitiva, da incarnare a ogni livello della vita della Chiesa. Come ci ha detto Papa Francesco, insieme siamo «Popolo convocato e chiamato con la forza delle Beatitudini».

  3. c)  Durante l’Assemblea abbiamo sperimentato la bellezza della reciprocità tra donne e uomini. Insieme rilanciamo l’appello delle precedenti fasi del processo sinodale, e chiediamo alla Chiesa di crescere nell’impegno di comprendere e accompagnare le donne, dal punto di vista pastorale e sacramentale. Le donne desiderano condividere l’esperienza spirituale di camminare verso la santità nelle diverse fasi della vita: da giovani, come madri, nelle relazioni di amicizia, nella vita familiare a tutte le età, nel mondo del lavoro e nella vita consacrata. Reclamano giustizia in società ancora profondamente segnate da violenza sessuale e disuguaglianze economiche, e dalla tendenza a trattarle come oggetti. Portano le cicatrici della tratta di esseri umani, delle migrazioni forzate e delle guerre. Accompagnamento e decisa promozione delle donne vanno di pari passo.

  4. d)  Le donne costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime missionarie della fede in famiglia. Le consacrate, nella vita contemplativa e in quella apostolica, costituiscono un dono, un segno e una testimonianza di fondamentale importanza in mezzo a noi. La lunga storia di donne missionarie, sante, teologhe e mistiche è una potente sorgente di ispirazione e nutrimento per le donne e gli uomini del nostro tempo.

  1. e)  Maria di Nazareth, donna di fede e madre di Dio, resta per tutti una straordinaria fonte di significato dal punto di vista teologico, ecclesiale e spirituale. Maria ci ricorda la chiamata universale ad ascoltare con attenzione Dio e a rimanere aperti allo Spirito Santo. Ha conosciuto la gioia di dare alla luce e fare crescere e ha sopportato dolore e sofferenza. Ha partorito in condizioni di precarietà, ha fatto l’esperienza di essere rifugiata e ha vissuto lo strazio della brutale uccisione di suo Figlio. Ma ha anche conosciuto lo splendore della risurrezione e la gloria di Pentecoste.

  2. f)  Molte donne hanno espresso profonda gratitudine per il lavoro di sacerdoti e Vescovi, ma hanno anche parlato di una Chiesa che ferisce. Clericalismo, maschilismo e un uso inappropriato dell’autorità continuano a sfregiare il volto della Chiesa e danneggiano la comunione. È necessaria una profonda conversione spirituale come base per qualsiasi cambiamento strutturale. Abusi sessuali, di potere ed economici continuano a chiedere giustizia, guarigione e riconciliazione. Chiediamo come la Chiesa possa diventare uno spazio capace di proteggere tutti.

  3. g)  Quando nella Chiesa si ledono la dignità e la giustizia nei rapporti tra uomini e donne, risulta indebolita la credibilità dell’annuncio che indirizziamo al mondo. Il processo sinodale mostra che c’è bisogno di un rinnovamento delle relazioni e di cambiamenti strutturali. In questo modo saremo in grado di accogliere meglio la partecipazione e il contributo di tutti – laici e laiche, consacrate e consacrati, diaconi, preti e Vescovi – quali discepoli corresponsabili della missione.

  4. h)  L’Assemblea chiede di evitare di ripetere l’errore di parlare delle donne come di una questione o un problema. Desideriamo invece promuovere una Chiesa in cui uomini e donne dialogano allo scopo di comprendere meglio la profondità del disegno di Dio, in cui appaiono insieme come protagonisti, senza subordinazione, esclusione, né competizione.

Questioni da affrontare

  1. i)  Le Chiese di tutto il mondo hanno formulato con chiarezza la richiesta di un maggiore riconoscimento e valorizzazione del contributo delle donne e di una crescita delle responsabilità pastorali loro affidate in tutte le aree della vita e della missione della Chiesa. Per dare migliore espressione ai carismi di tutti e rispondere meglio ai bisogni pastorali, come la Chiesa può inserire più donne nei ruoli e nei ministeri esistenti? Se servono nuovi ministeri a chi spetta il discernimento, a quale livello e con che modalità?

  2. j)  Sono state espresse posizioni diverse in merito all’accesso delle donne al ministero diaconale. Alcuni considerano che questo passo sarebbe inaccettabile in quanto in discontinuità con la Tradizione. Per altri, invece, concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini. Altri ancora discernono in questo passo una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi, fedele alla Tradizione e capace di trovare eco nel cuore di molti che cercano una rinnovata vitalità ed energia nella Chiesa. Alcuni esprimono il timore che questa richiesta sia espressione di una pericolosa confusione antropologica, accogliendo la quale la Chiesa si allineerebbe allo spirito del tempo.

  3. k)  Il dibattito a riguardo è anche connesso alla più ampia riflessione sulla teologia del diaconato (cfr. infra cap. 11, h - i).

Proposte

l) Le Chiese locali sono incoraggiate, in particolare, ad allargare il loro servizio di ascolto, accompagnamento e cura alle donne che nei diversi contesti sociali risultano più emarginate.

  1. m)  È urgente garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nel ministero. Il Santo Padre ha aumentato in modo significativo il numero di donne in posizioni di responsabilità nella Curia Romana. Lo stesso dovrebbe accadere agli altri livelli della vita della Chiesa. Occorre adattare il diritto canonico di conseguenza.

  2. n)  Si prosegua la ricerca teologica e pastorale sull’accesso delle donne al diaconato, giovandosi dei risultati delle commissioni appositamente istituite dal Santo Padre e delle ricerche teologiche, storiche ed esegetiche già effettuate. Se possibile, i risultati dovrebbero essere presentati alla prossima Sessione dell’Assemblea.

  3. o)  I casi di discriminazione lavorativa e remunerazione iniqua all’interno della Chiesa siano affrontati e risolti, in particolare per quanto riguarda le consacrate che troppo spesso sono considerate manodopera a basso prezzo.

  4. p)  C'è bisogno di ampliare l’accesso delle donne ai programmi di formazione e agli studi teologici. Le donne siano inserite nei programmi di insegnamento e formazione dei seminari per favorire una migliore formazione al ministero ordinato.

  5. q)  I testi liturgici e i documenti della Chiesa siano più attenti non solo all'uso di un linguaggio che tenga in ugual conto uomini e donne, ma anche all’inserimento di una gamma di parole, immagini e racconti che attingano con maggiore vitalità all’esperienza femminile.

  6. r)  Proponiamo che donne adeguatamente formate possano essere giudici in tutti i processi canonici.

10. La vita consacrata e le aggregazioni laicali: un segno carismatico

Convergenze

  1. a)  Lungo il corso dei secoli la Chiesa ha sempre sperimentato il dono dei carismi grazie ai quali lo Spirito Santo la fa ringiovanire e la rinnova, dai più straordinari a quello più semplici e largamente diffusi. Con gioia e gratitudine, il Santo Popolo di Dio riconosce in essi l’aiuto provvidenziale con cui Dio stesso sostiene, orienta e illumina la sua missione.

  2. b)  La dimensione carismatica della Chiesa ha una particolare manifestazione nella vita consacrata, con la ricchezza e la varietà delle sue forme. La sua testimonianza ha contribuito in ogni tempo a rinnovare la vita della comunità ecclesiale, rivelandosi un antidoto rispetto alla tentazione ricorrente della mondanità. Le diverse famiglie religiose mostrano la bellezza della sequela del Signore, sul monte della preghiera e sulle strade del mondo, nelle forme di vita comunitaria, nella solitudine del deserto e sulla frontiera delle sfide culturali. La vita consacrata più di una volta è stata la prima a intuire i cambiamenti della storia e cogliere gli appelli dello Spirito: anche oggi la Chiesa ha bisogno della sua profezia. La comunità cristiana guarda inoltre con attenzione e gratitudine alle sperimentate pratiche di vita sinodale e di discernimento in comune che le comunità di vita consacrata hanno maturato lungo i secoli. Anche da esse sappiamo di poter apprendere la sapienza del camminare insieme. Molte Congregazioni e Istituti praticano la conversazione nello Spirito o forme analoghe di discernimento nello svolgimento dei Capitoli provinciali e generali, per rinnovare le strutture, ripensare gli stili di vita, attivare nuove forme di servizio e di vicinanza ai più poveri. In altri casi si riscontra però il perdurare di uno stile autoritario, che non fa spazio al dialogo fraterno. 

    c) Con pari gratitudine, il Popolo di Dio riconosce i fermenti di rinnovamento presenti in comunità che hanno una lunga storia e nella fioritura di nuove esperienze di aggregazione ecclesiale. Associazioni laicali, movimenti ecclesiali e nuove comunità sono segno prezioso della maturazione della corresponsabilità di tutti i battezzati. Il loro valore risiede nella promozione della comunione tra le diverse vocazioni, nello slancio con cui annunciano il Vangelo, nella prossimità a coloro che vivono una marginalità economica o sociale e nell’impegno per la promozione del bene comune. Sono spesso modelli di comunione sinodale e di partecipazione in vista della missione. 

    d) I casi di abuso di vario genere a danno di persone consacrate e membri di aggregazioni laicali, in particolare donne, segnala un problema nell’esercizio dell’autorità e richiede interventi decisi e appropriati.

Questioni da affrontare

  1. e)  Il magistero della Chiesa ha sviluppato un ampio insegnamento sull’importanza dei doni gerarchici e doni carismatici nella vita e nella missione della Chiesa, che richiede una migliore comprensione nella coscienza ecclesiale e nella stessa riflessione teologica. È necessario perciò interrogarsi sul significato ecclesiologico e sulle concrete implicazioni pastorali di questa acquisizione.

  2. f)  La varietà di espressioni carismatiche all’interno della Chiesa sottolinea l’impegno del Popolo fedele di Dio a vivere la profezia della vicinanza agli ultimi e ad illuminare la cultura con una più profonda esperienza delle realtà spirituali. Occorre approfondire in che modo la vita consacrata, le associazioni laicali, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità possano mettere i loro carismi a servizio della comunione e missione nelle Chiese locali, contribuendo a far progredire verso santità grazie a una presenza che è profetica.

Proposte

  1. g)  Riteniamo che sia maturo il tempo per una revisione dei «criteri direttivi sui rapporti tra i Vescovi e i Religiosi nella Chiesa» proposti nel documento Mutuae relationes del 1978. Proponiamo che tale revisione sia condotta in stile sinodale, includendo tutti coloro che sono coinvolti.

  2. h)  Allo stesso fine, le Conferenze Episcopali e le Conferenze delle Superiore e dei Superiori Maggiori degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica attivino luoghi e strumenti adeguati a promuovere incontri e forme di collaborazione in spirito sinodale.

  3. i)  A livello sia delle singole Chiese locali sia dei raggruppamenti di Chiese, la promozione della sinodalità missionaria esige l’istituzione e una più precisa configurazione delle Consulte e dei Consigli in cui convergono i rappresentanti di Associazioni laicali, Movimenti ecclesiali e nuove Comunità per promuovere relazioni organiche tra queste realtà e la vita delle Chiese locali.

  4. j)  Nei percorsi di formazione teologica a tutti i livelli, soprattutto nella formazione dei ministri ordinati, si verifichi l’attenzione prestata alla dimensione carismatica della Chiesa e, ove necessario, la si rafforzi.

 

11. Diaconi e presbiteri in una Chiesa sinodale

Convergenze

  1. a)  I presbiteri sono i principali cooperatori del Vescovo e formano con lui un unico presbiterio (cfr. LG 28); i diaconi, ordinati per il ministero, servono il Popolo di Dio nella diaconia della Parola, della liturgia, ma soprattutto della carità (cfr. LG 29). Nei loro confronti l’Assemblea sinodale esprime anzitutto profonda gratitudine. Consapevole che possono sperimentare solitudine e isolamento, raccomanda alle comunità cristiane di sostenerli con la preghiera, l’amicizia, la collaborazione.

  2. b)  Diaconi e presbiteri sono impegnati nelle forme più diverse del ministero pastorale: il servizio nelle parrocchie, l’evangelizzazione, la prossimità a poveri ed emarginati, l’impegno nel mondo della cultura e dell’educazione, la missione ad gentes, la ricerca teologica, l’animazione di centri di spiritualità e molti altri. In una Chiesa sinodale i ministri ordinati sono chiamati a vivere il loro servizio al Popolo di Dio in un atteggiamento di vicinanza alle persone, di accoglienza e di ascolto di tutti e a coltivare una profonda spiritualità personale e una vita di preghiera. Soprattutto sono chiamati a ripensare l’esercizio dell’autorità sul modello di Gesù che, «pur essendo nella condizione di Dio, [...] svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo» (Fil 2, 6-7). L’Assemblea riconosce che molti presbiteri e diaconi rendono visibile con la loro dedizione il volto di Cristo Buon Pastore e Servo.

  3. c)  Un ostacolo al ministero e alla missione è costituito dal clericalismo. Esso nasce dal fraintendimento della chiamata divina, che conduce a concepirla più come un privilegio che come un servizio, e si manifesta in uno stile di potere mondano che rifiuta di rendere conto. Questa deformazione del sacerdozio deve essere contrastata fin dalle prime fasi della formazione, grazie a un contatto vivo con la quotidianità del Popolo di Dio e un’esperienza concreta di servizio ai più bisognosi. Non si può immaginare oggi il ministero del presbitero se non in rapporto al Vescovo, nel presbiterio, in profonda comunione con gli altri ministeri e carismi. Purtroppo il clericalismo è un atteggiamento che può manifestarsi non solo nei ministri, ma anche nei laici.

  4. d)  La consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti è un requisito per impegnarsi nel ministero ordinato con uno stile di corresponsabilità. Per questo la formazione umana deve garantire un percorso di conoscenza realistica di sé, che si integri con la crescita culturale, spirituale e apostolica. In tale percorso, non va sottovalutato l’apporto della famiglia di origine e della comunità cristiana, entro cui il giovane ha maturato la vocazione, e di altre famiglie che accompagnano la sua crescita.

Questioni da affrontare

  1. e)  Nella prospettiva della formazione di tutti i battezzati per una Chiesa sinodale, quella di diaconi e preti richiede particolare attenzione. È stata ampiamente espressa la richiesta che i seminari o altri percorsi di formazione dei candidati al ministero siano collegati alla vita quotidiana delle comunità. Occorre evitare i rischi del formalismo e dell’ideologia che portano ad atteggiamenti autoritari e impediscono una vera crescita vocazionale. Il ripensamento degli stili e dei percorsi formativi richiede un’ampia opera di revisione e di confronto.

  2. f)  Sono state espresse valutazioni diverse sul celibato dei presbiteri. Tutti ne apprezzano il valore carico di profezia e la testimonianza di conformazione a Cristo; alcuni chiedono se la sua convenienza teologica con il ministero presbiterale debba necessariamente tradursi nella Chiesa latina in un obbligo disciplinare, soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile. Si tratta di un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso.

Proposte

  1. g)  Nelle Chiese latine il diaconato permanente è stato attuato in modi diversi nei vari contesti ecclesiali. Alcune Chiese locali non l'hanno introdotto affatto; in altre, si teme che i diaconi vengano percepiti come una sorta di rimedio alla carenza di preti. Talvolta la loro ministerialità si esprime nella liturgia piuttosto che nel servizio ai poveri e bisognosi della comunità. Si raccomanda pertanto di effettuare una valutazione sull'attuazione del ministero diaconale dopo il Concilio Vaticano II.

  2. h)  Sotto il profilo teologico, emerge l’esigenza di comprendere il diaconato anzitutto in se stesso, e non solo come una tappa di accesso al presbiterato. Lo stesso uso linguistico di qualificare come “permanente” la forma primaria di diaconato, per distinguerla da quella “transitoria”, è la spia di un cambio di prospettiva non ancora adeguatamente realizzato.

  3. i)  Le incertezze che circondano la teologia del ministero diaconale sono dovute anche al fatto che nella Chiesa latina esso è stato ripristinato come grado proprio e permanente della gerarchia solo a partire dal Concilio Vaticano II. Una più approfondita riflessione a riguardo consentirà di illuminare anche la questione dell’accesso delle donne al diaconato.

  4. j)  Si richiede una verifica approfondita della formazione al ministero ordinato alla luce della prospettiva della Chiesa sinodale missionaria. Ciò implica la revisione della Ratio fundamentalis che ne determina il profilo. Raccomandiamo allo stesso tempo di curare la formazione permanente dei presbiteri e dei diaconi in senso sinodale.

  5. k)  La dimensione della trasparenza e la cultura del rendiconto rappresentano un elemento di cruciale importanza per procedere nella costruzione di una Chiesa sinodale. Chiediamo alle Chiese locali di identificare processi e strutture che permettano una regolare verifica delle modalità di esercizio del ministero di sacerdoti e diaconi che svolgono ruoli di responsabilità. Istituti già esistenti, come gli organismi di partecipazione o le visite pastorali, possono costituire il punto di partenza per questo lavoro, curando il coinvolgimento della comunità. In ogni caso, tali forme dovranno essere adattate ai contesti locali e alle diverse culture, per non risultare un intralcio o un appesantimento burocratico. Per questo l’ambito regionale o continentale potrebbe essere quello più opportuno per un loro discernimento.

  6. l)  Si consideri, valutando caso per caso e a seconda dei contesti, l’opportunità di inserire presbiteri che hanno lasciato il ministero in un servizio pastorale che valorizzi la loro formazione e la loro esperienza.

12. Il Vescovo nella comunione ecclesiale

Convergenze

a) Nella prospettiva del Concilio Vaticano II i Vescovi, come successori degli Apostoli, sono posti al servizio della comunione che si realizza nella Chiesa locale, tra le Chiese e con la Chiesa tutta intera. La figura del Vescovo può dunque adeguatamente essere compresa nell’intreccio delle relazioni con la porzione del Popolo di Dio a lui affidata, con il presbiterio e con i diaconi, con le persone consacrate, con gli altri Vescovi e con il Vescovo di Roma, in una prospettiva sempre orientata alla missione.

b) Il Vescovo è, nella sua Chiesa, il primo responsabile dell’annuncio del Vangelo e della liturgia. Guida la comunità cristiana e promuove la cura dei poveri e la difesa degli ultimi. Quale principio visibile di unità, ha in particolare il compito di discernere e coordinare i diversi carismi e ministeri suscitati dallo Spirito per l’annuncio del Vangelo e il bene comune della comunità. Tale ministero viene realizzato in modo sinodale quando il governo è esercitato nella corresponsabilità, la predicazione dall’ascolto del Popolo fedele di Dio, la santificazione e la celebrazione liturgica dall’umiltà e dalla conversione.

c) Il Vescovo ha un ruolo insostituibile nell’avviare e animare il processo sinodale nella Chiesa locale, promuovendo la circolarità tra “tutti, alcuni e uno”. Il ministero episcopale (l’uno) valorizza la partecipazione di “tutti” i fedeli, grazie all’apporto di “alcuni” più direttamente coinvolti in processi di discernimento e di decisione (organismi di partecipazione e di governo). La convinzione con cui il Vescovo assume la prospettiva sinodale e lo stile con cui esercita l’autorità influenzano in modo determinante la partecipazione di preti e diaconi, laici e laiche, consacrate e consacrati. Per tutti, il Vescovo è chiamato a essere esempio di sinodalità.

d) Nei contesti in cui la Chiesa è percepita come famiglia di Dio, il Vescovo è considerato come il padre di tutti; nelle società secolarizzate invece si sperimenta una crisi della sua autorità. È importante non perdere il riferimento alla natura sacramentale dell’episcopato, per non assimilare la figura del Vescovo a un’autorità civile.

e) Le attese nei confronti del Vescovo spesso sono molto alte, e molti Vescovi lamentano un sovraccarico di impegni amministrativi e giuridici, che rende difficile realizzare in pieno la loro missione. Anche il Vescovo deve fare i conti con la propria fragilità e i propri limiti e non sempre trova sostegno umano e supporto spirituale. Non è rara l’esperienza sofferta di una certa solitudine. Per questo è importante da un lato tornare a mettere al centro dell’attenzione gli aspetti essenziali della missione del Vescovo, dall’altro coltivare un’autentica fraternità fra Vescovi e con il presbiterio.

Questioni da affrontare

f) Sul piano teologico, va maggiormente approfondito il significato del legame di reciprocità tra il Vescovo e la Chiesa locale. Egli è chiamato a guidarla e, nello stesso tempo, a riconoscere e custodire la ricchezza della sua storia, della sua tradizione e dei carismi in essa presenti.

g) Va approfondita la questione del rapporto tra sacramento dell’Ordine e giurisdizione, alla luce del magistero conciliare di Lumen gentium e degli insegnamenti più recenti, come la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium, per precisare i criteri teologici e canonici che sono alla base del principio di condivisione delle responsabilità del Vescovo e determinare ambiti, forme e implicazioni della corresponsabilità.

h) Alcuni Vescovi manifestano disagio quando viene loro richiesto di intervenire su questioni di fede e di morale su cui nell’episcopato non c’è pieno accordo. È necessario riflettere ulteriormente sulla relazione tra collegialità episcopale e diversità di vedute teologiche e pastorali.

i) Una cultura della trasparenza e il rispetto delle procedure previste per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili sono parte integrante di una Chiesa sinodale. è necessario sviluppare ulteriormente strutture dedicate alla prevenzione degli abusi. La questione delicata della gestione degli abusi pone molti Vescovi nella difficoltà di conciliare il ruolo di padre e quello di giudice. Si chiede di valutare l’opportunità di affidare il compito giudiziale a un’altra istanza, da precisare canonicamente.

Proposte

j)

abusi. k)

l)

m)

13. Il Vescovo di Roma nel Collegio dei Vescovi

Convergenze

  1. a)  La dinamica sinodale getta nuova luce anche sul ministero del Vescovo di Roma. La sinodalità, infatti, articola in modo sinfonico le dimensioni comunitaria (“tutti”), collegiale (“alcuni”) e personale (“uno”) della Chiesa a livello locale, regionale e universale. In tale visione, il ministero petrino del Vescovo di Roma è intrinseco alla dinamica sinodale, come lo sono pure l’aspetto comunitario che include tutto il Popolo di Dio e la dimensione collegiale del ministero episcopale. Per questo, sinodalità, collegialità e primato si richiamano a vicenda: il primato presuppone l’esercizio della sinodalità e della collegialità, così come entrambe implicano l’esercizio del primato.

  2. b)  La promozione dell’unità di tutti i cristiani è un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma. Il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e deve continuare a farlo anche in futuro. Le risposte all’invito rivolto da S. Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint, come pure le conclusioni dei dialoghi ecumenici, possono aiutare alla comprensione cattolica del primato, della collegialità, della sinodalità e delle loro relazioni reciproche.

  3. c)  La riforma della Curia Romana è un aspetto importante del percorso sinodale della Chiesa cattolica. La Costituzione apostolica Praedicate evangelium insiste sul fatto che «la Curia Romana non si colloca tra il Papa e i Vescovi, piuttosto si pone al servizio di entrambi secondo le modalità che sono proprie della natura di ciascuno» (PE I.8). Promuove una riforma basata

    Proposte

    j) Siano attivati, in forme giuridicamente da definire, strutture e processi di verifica regolare dell’operato del Vescovo, con riferimento allo stile della sua autorità, all’amministrazione economica dei beni della diocesi, al funzionamento degli organismi di partecipazione e alla tutela nei confronti di ogni tipo di abuso. La cultura del rendiconto è parte integrante di una Chiesa sinodale che promuove la corresponsabilità, oltre che un possibile presidio contro gli abusi

    k) Si richiede di rendere obbligatorio il Consiglio episcopale (can. 473 §4) e il Consiglio pastorale diocesano o eparchiale (CIC can. 511, CCEU can. 272) e di rendere più operativi, anche a livello di diritto, gli organismi diocesani di corresponsabilità.

    l) L’Assemblea chiede di avviare una verifica dei criteri di selezione dei candidati all’episcopato, equilibrando l’autorità del Nunzio apostolico con la partecipazione della Conferenza Episcopale. Si richiede anche di ampliare la consultazione del Popolo di Dio, ascoltando un maggior numero di laici e laiche, consacrate e consacrati e avendo cura di evitare pressioni inopportune.

    m) Molti Vescovi manifestano l’esigenza di ripensare il funzionamento e rafforzare la struttura delle Metropolie (province ecclesiastiche) e delle Regioni, perché siano espressione concreta di collegialità in un territorio e ambiti in cui i Vescovi possano fare esperienza di fraternità, sostegno reciproco, trasparenza e più ampia consultazione.  

13. Il Vescovo di Roma nel Collegio dei Vescovi

Convergenze

  1. a)  La dinamica sinodale getta nuova luce anche sul ministero del Vescovo di Roma. La sinodalità, infatti, articola in modo sinfonico le dimensioni comunitaria (“tutti”), collegiale (“alcuni”) e personale (“uno”) della Chiesa a livello locale, regionale e universale. In tale visione, il ministero petrino del Vescovo di Roma è intrinseco alla dinamica sinodale, come lo sono pure l’aspetto comunitario che include tutto il Popolo di Dio e la dimensione collegiale del ministero episcopale. Per questo, sinodalità, collegialità e primato si richiamano a vicenda: il primato presuppone l’esercizio della sinodalità e della collegialità, così come entrambe implicano l’esercizio del primato.

  2. b)  La promozione dell’unità di tutti i cristiani è un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma. Il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e deve continuare a farlo anche in futuro. Le risposte all’invito rivolto da S. Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint, come pure le conclusioni dei dialoghi ecumenici, possono aiutare alla comprensione cattolica del primato, della collegialità, della sinodalità e delle loro relazioni reciproche.

  3. c)  La riforma della Curia Romana è un aspetto importante del percorso sinodale della Chiesa cattolica. La Costituzione apostolica Praedicate evangelium insiste sul fatto che «la Curia Romana non si colloca tra il Papa e i Vescovi, piuttosto si pone al servizio di entrambi secondo le modalità che sono proprie della natura di ciascuno» (PE I.8). Promuove una riforma basata

Siano attivati, in forme giuridicamente da definire, strutture e processi di verifica regolare dell’operato del Vescovo, con riferimento allo stile della sua autorità, all’amministrazione economica dei beni della diocesi, al funzionamento degli organismi di partecipazione e alla tutela nei confronti di ogni tipo di abuso. La cultura del rendiconto è parte integrante di una Chiesa sinodale che promuove la corresponsabilità, oltre che un possibile presidio contro gli

Si richiede di rendere obbligatorio il Consiglio episcopale (can. 473 §4) e il Consiglio pastorale diocesano o eparchiale (CIC can. 511, CCEU can. 272) e di rendere più operativi, anche a livello

di diritto, gli organismi diocesani di corresponsabilità.

L’Assemblea chiede di avviare una verifica dei criteri di selezione dei candidati all’episcopato, equilibrando l’autorità del Nunzio apostolico con la partecipazione della Conferenza Episcopale. Si richiede anche di ampliare la consultazione del Popolo di Dio, ascoltando un maggior numero di laici e laiche, consacrate e consacrati e avendo cura di evitare pressioni inopportune.

Molti Vescovi manifestano l’esigenza di ripensare il funzionamento e rafforzare la struttura delle Metropolie (province ecclesiastiche) e delle Regioni, perché siano espressione concreta di collegialità in un territorio e ambiti in cui i Vescovi possano fare esperienza di fraternità, sostegno reciproco, trasparenza e più ampia consultazione.

  1. c)  La riforma della Curia Romana è un aspetto importante del percorso sinodale della Chiesa cattolica. La Costituzione apostolica Praedicate evangelium insiste sul fatto che «la Curia Romana non si colloca tra il Papa e i Vescovi, piuttosto si pone al servizio di entrambi secondo le modalità che sono proprie della natura di ciascuno» (PE I.8). Promuove una riforma basata  sulla «vita di comunione» (PE I.4) e su una “salutare decentralizzazione” (EG 16, cit. in PE II.2). Il fatto che molti membri dei Dicasteri romani siano Vescovi diocesani esprime la cattolicità della Chiesa e dovrebbe favorire la relazione tra la Curia e le Chiese locali. L’effettiva attuazione della Praedicate evangelium potrà favorire una maggiore sinodalità in seno alla Curia, sia tra i diversi Dicasteri sia in ognuno di essi.

Questioni da affrontare

  1. d)  Viene richiesto un approfondimento sul modo in cui una rinnovata comprensione dell’episcopato all’interno di una Chiesa sinodale incida sul ministero del Vescovo di Roma e sul ruolo della Curia Romana. Tale questione ha significative ricadute sul modo di vivere la corresponsabilità nel governo della Chiesa. A livello universale, il Codice di Diritto Canonico e il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali offrono disposizioni per un esercizio più collegiale del ministero papale. Queste potrebbero essere ulteriormente sviluppate nella pratica e rafforzate in un futuro aggiornamento di entrambi i testi.

  2. e)  La sinodalità può fare luce sulle modalità di collaborazione del collegio dei Cardinali al ministero petrino e sulle forme attraverso cui promuovere il loro discernimento collegiale nei Concistori ordinari e straordinari.

  3. f)  È importante per il bene della Chiesa studiare i modi più opportuni per favorire la mutua conoscenza e i legami di comunione tra i membri del Collegio dei Cardinali, tenuto conto anche della loro diversità di provenienza e di cultura.

Proposte

  1. g)  Le Visite ad limina Apostolorum sono il momento più alto delle relazioni dei Pastori delle Chiese locali con il Vescovo di Roma e con i suoi più stretti collaboratori nella Curia Romana. Si riveda la forma in cui si realizzano in modo da renderle sempre di più occasioni di uno scambio aperto e reciproco che favorisca la comunione e un vero esercizio di collegialità e sinodalità.

  2. h)  Alla luce della configurazione sinodale della Chiesa, è necessario che i Dicasteri della Curia Romana valorizzino la consultazione dei Vescovi, per una maggiore attenzione alla diversità di situazioni e un ascolto più attento della voce delle Chiese locali.

  3. i)  Appare opportuno prevedere forme di valutazione dell’operato dei Rappresentanti Pontifici da parte delle Chiese locali dei Paesi dove svolgono la loro missione, al fine di agevolare e perfezionare il loro servizio.

  4. j)  Si propone di valorizzare e rafforzare l’esperienza del Consiglio dei Cardinali (C-9) come consiglio sinodale a servizio del ministero petrino.

  5. k)  Alla luce dell’insegnamento del Concilio Vaticano II, occorre esaminare attentamente se è opportuno ordinare i prelati della Curia romana Vescovi.

 

PARTE III – TESSERE LEGAMI, COSTRUIRE COMUNITÀ

14. Un approccio sinodale alla formazione

Convergenze

  1. a)  Prendersi cura della propria formazione è la risposta che ogni battezzato è chiamato a dare ai doni del Signore, per far fruttificare i talenti ricevuti e metterli a servizio di tutti. Il tempo che il Signore ha dedicato alla formazione dei discepoli rivela l’importanza di questa azione ecclesiale, spesso poco appariscente ma decisiva per la missione. Sentiamo di esprimere una parola di ringraziamento e incoraggiamento a tutti coloro che sono impegnati in questo ambito e li invitiamo a cogliere gli elementi di novità che emergono dal cammino sinodale della Chiesa.

  2. b)  Il modo in cui Gesù ha formato i discepoli costituisce il modello a cui riferirci. Egli non si è limitato a impartire qualche insegnamento, ma ha condiviso con loro la vita. Con la sua preghiera ha suscitato la domanda: “Insegnaci a pregare”; sfamando le folle ha insegnato a non congedare i bisognosi; camminando verso Gerusalemme, ha indicato la via della Croce. Dal Vangelo impariamo che la formazione non è solo né primariamente un potenziamento delle proprie capacità: essa è conversione alla logica del Regno che può rendere feconde anche le sconfitte e i fallimenti.

  3. c)  Il Santo Popolo di Dio non è solo oggetto, ma è prima di tutto soggetto corresponsabile della formazione. La prima formazione, di fatto, avviene in famiglia. È lì che non di rado riceviamo il primo annuncio della fede, nella lingua – anzi nel dialetto – dei nostri genitori e dei nostri nonni. L’apporto di coloro che svolgono un ministero nella Chiesa deve dunque intrecciarsi con la sapienza dei semplici in un’alleanza educativa che è indispensabile alla comunità. È questo il primo segno di una formazione intesa in senso sinodale

  4. d)  Nell’iniziazione cristiana troviamo le grandi linee direttrici per i percorsi formativi. Al centro della formazione c’è l’approfondimento del kerygma, cioè dell’incontro con Gesù Cristo che ci offre il dono di una nuova vita. La logica catecumenale ci ricorda che siamo tutti peccatori chiamati alla santità. Per questo ci impegniamo in cammini di conversione che il sacramento della Riconciliazione porta a compimento e alimentiamo il desiderio della santità, sostenuti da un gran numero di testimoni.

  5. e)  Gli ambi8 in cui la formazione del Popolo di Dio si declina sono mol8. Oltre alla formazione teologica, è stata menzionata quella rela8va a una serie di competenze specifiche: esercizio della corresponsabilità, ascolto, discernimento, dialogo ecumenico e interreligioso, servizio ai poveri e cura della casa comune, impegno come “missionari digitali”, facilitazione dei processi di discernimento e conversazione nello Spirito, costruzione del consenso e risoluzione dei conflix. Va dedicata par8colare aWenzione alla formazione cateche8ca dei bambini e dei giovani, che dovrebbe comportare la partecipazione axva della comunità.

  6. f)  La formazione per una Chiesa sinodale richiede di essere intrapresa in modo sinodale: tutto il Popolo di Dio si forma insieme mentre cammina insieme. Occorre superare la mentalità di delega che si ritrova in tanti ambiti della pastorale. Una formazione in chiave sinodale ha lo scopo di permettere al Popolo di Dio di vivere pienamente la propria vocazione battesimale, in famiglia, nei luoghi di lavoro, in ambito ecclesiale, sociale e intellettuale, e di rendere ciascuno capace di partecipare attivamente alla missione della Chiesa secondo i propri carismi e la propria vocazione.

 Questioni da affrontare

  1. g)  Raccomandiamo di approfondire il tema dell’educazione affettiva e sessuale, per accompagnare i giovani nel loro cammino di crescita e per sostenere la maturazione affettiva di coloro che sono chiamati al celibato e alla castità consacrata, La formazione in questi ambiti è un aiuto necessario in tutte le stagioni della vita.

  2. h)  È importante approfondire il dialogo tra le scienze umane, soprattutto la psicologia, e la teologia, per una comprensione dell’esperienza umana che non si limiti a giustapporre i loro apporti, ma li integri in una sintesi più matura.

  3. i)  Il Popolo di Dio deve essere ampiamente rappresentato nella formazione dei ministri ordinati, come già richiesto da Sinodi precedenti. Serve un’ampia revisione dei programmi formativi, con particolare attenzione al modo di valorizzare l’apporto femminile e il contributo delle famiglie.

  4. j)  Le Conferenze Episcopali sono incoraggiate a lavorare a livello regionale per creare insieme una cultura della formazione permanente, utilizzando tutte le risorse disponibili, compreso lo sviluppo di opzioni digitali.

Proposte

  1. k)  Alla luce della sinodalità, proponiamo di privilegiare, per quanto possibile, proposte formative congiunte rivolte a tutto il Popolo di Dio (laici, consacrati e ministri ordinati). Tocca alle diocesi incoraggiare questi progetti a livello locale. Incoraggiamo le Conferenze Episcopali a lavorare insieme a livello regionale per creare insieme una cultura della formazione permanente, utilizzando tutte le risorse disponibili, compreso lo sviluppo di opzioni digitali.

  2. l)  Le diverse componenti del Popolo di Dio siano rappresentate nei percorsi di formazione al ministero ordinato, secondo quanto già richiesto da Sinodi precedenti. Di particolare importanza è il coinvolgimento di figure femminili.

  3. m)  Servono adeguati processi di selezione dei candidati al ministero ordinato e si rispettino i requisiti relativi ai programmi propedeutici.

  4. n)  La formazione dei ministri ordinati va pensata in coerenza con una Chiesa sinodale, nei diversi contesti. Ciò richiede che i candidati al ministero, prima di intraprendere cammini specifici, abbiano maturato una reale, sebbene iniziale, esperienza di comunità cristiana. Il cammino formativo non dovrà creare un ambiente artificiale, separato dalla vita comune dei fedeli. Salvaguardando le esigenze della formazione al ministero, favorirà un autentico spirito di servizio al Popolo di Dio nella predicazione, nella celebrazione dei sacramenti e nell’animazione della carità. Ciò potrà richiedere una revisione della Ratio Fundamentalis per i sacerdoti e i diaconi permanenti.

  5. o)  In vista della prossima Sessione dell’Assemblea, si propone di realizzare una consultazione dei responsabili della formazione iniziale e permanente dei presbiteri per valutare la ricezione del processo sinodale e proporre i cambiamenti necessari per promuovere l’esercizio dell’autorità in uno stile appropriato a una Chiesa sinodale.

15. Discernimento ecclesiale e questioni aperte

Convergenze

  1.  a)  L’esperienza della conversazione nello Spirito è stata arricchente per tutti coloro che vi hanno preso parte. In particolare si è apprezzato uno stile di comunicazione che privilegia la libertà nell’espressione dei propri punti di vista e l’ascolto reciproco. Ciò evita di passare troppo rapidamente a un dibattito basato sulla reiterazione dei propri argomenti, che non lascia lo spazio e il tempo per rendersi conto delle ragioni dell’altro.

  2. b)  Questo atteggiamento di fondo crea un contesto favorevole per approfondire questioni che risultano controverse anche all’interno della Chiesa, quali gli effetti antropologici delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale, la non violenza e la legittima difesa, le problematiche relative al ministero, i temi connessi con la corporeità e la sessualità e altri ancora.

  3. c)  Per sviluppare un autentico discernimento ecclesiale in questi e altri ambiti, è necessario integrare, alla luce della Parola di Dio e del Magistero, una base informativa più ampia e una componente riflessiva più articolata. Per evitare di rifugiarsi nella comodità di formule convenzionali, va istruito un confronto con il punto di vista delle scienze umane e sociali, della riflessione filosofica e della elaborazione teologica.

  4. d)  Tra le questioni su cui è importante continuare la riflessione, vi è quella della relazione tra amore e verità e le ricadute che essa ha su molte questioni controverse. Tale relazione, prima di essere una sfida, è in realtà una grazia che abita la rivelazione cristologica. Gesù infatti ha portato a compimento la promessa che si legge nei salmi: «Amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo» (Sal 85,11-12).

  5. e)  Le pagine del Vangelo mostrano che Gesù incontra le persone nella unicità della loro storia e situazione. Egli non parte mai da pregiudizi o etichette, ma da una relazione autentica in cui si coinvolge con tutto se stesso, anche al prezzo di esporsi all’incomprensione e al rifiuto. Gesù ascolta sempre il grido di aiuto di chi ha bisogno, anche quando rimane inespresso; compie gesti che trasmettono amore e restituiscono fiducia; rende possibile con la sua presenza una nuova vita: chi lo incontra ne esce trasformato. Ciò avviene perché la verità di cui Gesù è portatore non è un’idea, ma la stessa presenza di Dio in mezzo a noi; e l’amore con cui agisce non è solo un sentimento, ma la giustizia del Regno che cambia la storia.

  6. f)  La difficoltà che incontriamo nel tradurre questa limpida visione evangelica in scelte pastorali è segno della nostra incapacità di vivere all’altezza del Vangelo e ci ricorda che non possiamo sostenere chi ha bisogno di aiuto se non attraverso la nostra conversione, personale e comunitaria. Se utilizziamo la dottrina con durezza e con atteggiamento giudicante, tradiamo il Vangelo; se pratichiamo una misericordia a buon mercato, non trasmettiamo l’amore di Dio. L’unità di verità e amore implica di farsi carico delle difficoltà dell’altro fino a farle proprie, come avviene tra veri fratelli e sorelle. Per questo tale unità può essere realizzata soltanto seguendo con pazienza la strada dell’accompagnamento.

  7. g)  Alcune questioni, come quelle relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale, al fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale, risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove. Talora le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono sufficienti a cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dal sapere delle scienze e richiedono affinamento e ulteriore studio. È importante prendere il tempo necessario per questa riflessione e investirvi le energie migliori, senza cedere a giudizi semplificatori che feriscono le persone e il Corpo della Chiesa. Molte indicazioni sono già offerte dal magistero e attendono di essere tradotte in iniziative pastorali appropriate. Anche dove siano necessari ulteriori chiarimenti, il comportamento di Gesù, assimilato nella preghiera e nella conversione del cuore, ci indica la strada da seguire.

Questioni da affrontare

  1. h)  Riconosciamo la necessità di proseguire la riflessione ecclesiale sull’intreccio originario di amore e verità testimoniato da Gesù, in vista di una prassi ecclesiale che ne onori l’ispirazione.

  2. i)  Incoraggiamo gli esperti nei diversi campi del sapere a maturare una sapienza spirituale che consenta alla loro competenza specialistica di divenire un vero servizio ecclesiale. La sinodalità in questo ambito si esprime come disponibilità a pensare insieme a servizio della missione, nella diversità delle impostazioni, ma nell’armonia degli intenti.

  3. j)  Occorre identificare le condizioni che rendono possibile una ricerca teologica e culturale che sappia partire dall’esperienza quotidiana del Popolo Santo di Dio e si metta a suo servizio.

Proposte

k) Proponiamo di promuovere iniziative che consentano un discernimento condiviso su questioni dottrinali, pastorali ed etiche che sono controverse, alla luce della Parola di Dio, dell’insegnamento della Chiesa, della riflessione teologica e, valorizzando l’esperienza sinodale. Ciò può essere realizzato attraverso approfondimenti tra esperti di diverse competenze e provenienze in un contesto istituzionale che tuteli la riservatezza del dibattito e promuova la schiettezza del confronto, dando spazio, quando appropriato, anche alla voce delle persone direttamente toccate dalle controversie menzionate. Tale percorso dovrà essere avviato in vista della prossima Sessione sinodale.

16. Per una Chiesa che ascolta e accompagna

Convergenze

  1. a)  Ascolto è il termine che meglio esprime l’esperienza più intensa che ha caratterizzato i primi due anni del percorso sinodale e anche i lavori dell’Assemblea. Lo fa nel duplice significato di ascolto dato e ricevuto, di mettersi in ascolto e di essere ascoltati. L’ascolto è un valore profondamente umano, un dinamismo di reciprocità, in cui offre un contributo al cammino dell’altro e ne riceve uno per il proprio.

  2. b)  Essere invitati a prendere la parola ed essere ascoltati nella Chiesa e dalla Chiesa è stata un’esperienza intensa e inattesa per molti di coloro che hanno partecipato al processo sinodale a livello locale, specie tra quanti subiscono forme di emarginazione nella società e anche nella comunità cristiana. Ricevere ascolto è un’esperienza di affermazione e riconoscimento della propria dignità: questo è uno strumento potente di attivazione delle risorse della persona e della comunità.

  3. c)  Mettere Gesù Cristo al centro della nostra vita richiede una certa abnegazione. In questa prospettiva, dare ascolto richiede la disponibilità a decentrarsi per lasciare spazio all’altro. Lo abbiamo sperimentato nella dinamica della conversazione nello Spirito. Si tratta di un esercizio ascetico esigente, che obbliga ciascuno a riconoscere i propri limiti e la parzialità del proprio punto di vista. Per questo apre una possibilità all’ascolto della voce dello Spirito di Dio che parla anche oltre i confini dell’appartenenza ecclesiale e può mettere in moto un cammino di cambiamento e di conversione.

  1. d)  Mettersi in ascolto ha una valenza cristologica: significa assumere l’atteggiamento di Gesù nei confronti delle persone che incontrava (cfr. Fil 2, 6-11); ha anche una valenza ecclesiale, poiché a mettersi in ascolto è la Chiesa, attraverso l’operato di alcuni battezzati che non agiscono in nome proprio, ma della comunità.

  2. e)  Lungo il processo sinodale, la Chiesa ha incontrato molte persone e molti gruppi che chiedono di essere ascoltati e accompagnati. In promo luogo menzioniamo i giovani, la cui domanda di ascolto e accompagnamento è risuonata con forza nel Sinodo a loro dedicato (2018) e in questa Assemblea, che conferma la necessità di una opzione preferenziale per i giovani.

  3. f)  La Chiesa deve ascoltare con particolare attenzione e sensibilità la voce delle vittime e dei sopravvissuti agli abusi sessuali, spirituali, economici, istituzionali, di potere e di coscienza da parte di membri del clero o di persone con incarichi ecclesiali. L’ascolto autentico è un elemento fondamentale del cammino verso la guarigione, il pentimento, la giustizia e la riconciliazione.

  4. g)  L’Assemblea esprime la propria vicinanza e il proprio sostegno a tutti coloro che vivono una condizione di solitudine come scelta di fedeltà alla tradizione e al magistero della Chiesa in materia matrimoniale e di etica sessuale, in cui riconoscono una fonte di vita. Le comunità cristiane sono invitate a essere loro particolarmente vicine, ascoltandole e accompagnandole nel loro impegno.

  5. h)  In modi diversi, anche le persone che si sentono emarginate o escluse dalla Chiesa, a causa della loro situazione matrimoniale, identità e sessualità chiedono di essere ascoltate e accompagnate, e che la loro dignità sia difesa. Nell’Assemblea si è percepito un profondo senso di amore, misericordia e compassione per le persone che sono o si sentono ferite o trascurate dalla Chiesa, che desiderano un luogo in cui tornare “a casa” e in cui sentirsi al sicuro, essere ascoltate e rispettate, senza temere di sentirsi giudicate. L’ascolto è un prerequisito per camminare insieme alla ricerca della volontà di Dio. L’Assemblea riafferma che i cristiani non possono mancare di rispetto per la dignità di nessuna persona.

  6. i)  Si rivolgono alla Chiesa in cerca di ascolto e accompagnamento anche persone che patiscono diverse forme di povertà, esclusione ed emarginazione all’interno di società in cui la disuguaglianza cresce inesorabilmente. Ascoltarle consente alla Chiesa di rendersi conto del loro punto di vista e di mettersi concretamente al loro fianco, ma soprattutto di lasciarsi evangelizzare da loro. Ringraziamo e incoraggiamo coloro che sono impegnati nel servizio dell’ascolto e dell’accompagnamento di quanti si trovano in carcere e hanno particolarmente bisogno di sperimentare l’amore misericordioso del Signore e di non sentirsi isolati dalla comunità. A nome della Chiesa essi realizzano le parole del Signore «ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,36).

  7. j)  Molte persone vivono una condizione di solitudine che spesso è vicina all’abbandono. Anziani e persone malate sono spesso invisibili nella società. Incoraggiamo le parrocchie e le comunità cristiane a farsi loro prossime ed ascoltarle. Le opere di misericordia ispirate alle parole evangeliche «ero [...] malato e mi avete visitato» (Mt 25,39), hanno un profondo significato per le persone coinvolte e anche per fomentare i legami comunitari.

  8. k)  La Chiesa vuole ascoltare tutti, non solo coloro che sanno far sentire la propria voce con maggiore facilità. In alcune regioni, per motivi culturali e sociali, i membri di alcuni gruppi, come i giovani, le donne e le minoranze. possono trovare più difficile esprimersi con libertà. Anche l’esperienza di vivere in regimi oppressivi e dittatoriali erode la fiducia necessaria per parlare liberamente. Lo stesso può accadere quando l’esercizio dell’autorità all’interno della comunità cristiana diventa oppressivo anziché liberatorio.

Questioni da affrontare

l) L’ascolto richiede un’accoglienza incondizionata. Questo non significa abdicare alla chiarezza nel presentare il messaggio di salvezza del Vangelo, né avallare qualsiasi opinione o posizione. Il Signore Gesù apriva nuovi orizzonti a coloro che ascoltava senza condizioni e siamo chiamati a fare altrettanto per condividere la Buona Notizia con coloro che incontriamo.

m) Diffuse in molte parti del mondo, le comunità di base o piccole comunità cristiane favoriscono le pratiche di ascolto dei e tra i battezzati. Siamo chiamati a valorizzarne il potenziale, esplorando anche come sia possibile adattarle ai contesti urbani.

Proposte

  1. n)  Che cosa dovremmo cambiare perché coloro che si sentono esclusi possano sperimentare una Chiesa più accogliente? L’ascolto e l’accompagnamento non sono solo iniziative individuali, ma una forma di agire ecclesiale. Per questo devono trovare posto all’interno della programmazione pastorale ordinaria e della strutturazione operativa delle comunità cristiane ai diversi livelli, valorizzando anche l’accompagnamento spirituale. Una Chiesa sinodale non può rinunciare a essere una Chiesa che ascolta e questo impegno deve tradursi in azioni concrete.

  2. o)  La Chiesa non parte da zero, ma dispone già di numerose istituzioni e strutture che svolgono questo compito prezioso. Pensiamo ad esempio al capillare lavoro di ascolto e accompagnamento di poveri, emarginati, migranti e rifugiati realizzato dalle Caritas e da molte altre realtà legate alla vita consacrata o all’associazionismo laicale. Occorre operare per potenziare il loro legame con la vita della comunità, evitando che siano percepite come attività delegate ad alcuni.

  3. p)  Le persone che svolgono il servizio dell’ascolto e dell’accompagnamento, nelle sue diverse forme, hanno bisogno di una formazione adeguata, anche in base al tipo di persone con cui vengono a contatto, e di sentirsi sostenute dalla comunità. Dal canto sua, le comunità hanno bisogno di prendere piena consapevolezza del valore di un servizio esercitato a loro nome e di poter ricevere il frutto di questo ascolto. Allo scopo di dare maggiore evidenza a questo servizio, si propone l’istituzione di un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento fondato sul Battesimo, adattato ai diversi contesti. Le modalità del suo conferimento promuoveranno un maggiore coinvolgimento della comunità.

  4. q)  Si incoraggia il SECAM (Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar) a promuovere un discernimento teologico e pastorale sul tema della poligamia e sull’accompagnamento delle persone in unioni poligamiche che si avvicinano alla fede.

17. Missionari nell’ambiente digitale

Convergenze

  1. a)  La cultura digitale rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui concepiamo la realtà e ci relazioniamo con noi stessi, tra di noi, con l’ambiente che ci circonda e anche con Dio. L’ambiente digitale modifica i nostri processi di apprendimento, la percezione del tempo, dello spazio, del corpo, delle relazioni interpersonali e il nostro intero modo di pensare. Il dualismo tra reale e virtuale non descrive adeguatamente la realtà e l’esperienza di tutti noi, soprattutto dei più giovani, i cosiddetti “nativi digitali”.

  2. b)  La cultura digitale, quindi, non è tanto un'area distinta della missione, quanto una dimensione cruciale della testimonianza della Chiesa nella cultura contemporanea. Per questo riveste un significato particolare in una Chiesa sinodale.

  3. c)  I missionari sono sempre partiti con Cristo verso nuove frontiere, preceduti e spinti dall’azione dello Spirito. Oggi tocca a noi raggiungere la cultura attuale in tutti gli spazi in cui le persone cercano senso e amore, compresi i loro telefoni cellulari e tablet.

  4. d)  Non possiamo evangelizzare la cultura digitale senza averla prima compresa. I giovani, e tra di loro i seminaristi, i giovani preti e i giovani consacrati e consacrate, che spesso ne hanno una esperienza diretta profonda, sono i più adatti per portare avanti la missione della Chiesa nell’ambiente digitale, oltre che per accompagnare il resto della comunità, compresi i pastori, a una maggiore familiarità con le sue dinamiche.

  5. e)  All’interno del processo sinodale, le iniziative del Sinodo digitale (Progetto “La Chiesa ti ascolta”), mostrano le potenzialità dell’ambiente digitale in chiave missionaria, la creatività e la generosità di coloro che vi si impegnano e l’importanza di offrire loro formazione, accompagnamento, possibilità di confronto tra pari e collaborazione.

Questioni da affrontare

  1. f)  Internet è sempre più presente nella vita dei ragazzi e delle famiglie. Sebbene abbia un grande potenziale per migliorare la nostra vita, può anche causare danni e ferite, ad esempio attraverso bullismo, disinformazione, sfruttamento sessuale e dipendenza. È urgente riflettere su come la comunità cristiana possa sostenere le famiglie nel garantire che lo spazio online sia non solo sicuro, ma anche spiritualmente vivificante.

  2. g)  Ci sono molte iniziative online legate alla Chiesa di grande valore e utilità, che forniscono un'eccellente catechesi e formazione alla fede. Purtroppo ci sono anche siti in cui i le tematiche legate alla fede sono affrontate in modo superficiale, polarizzato e persino carico di odio. Come Chiesa e come singoli missionari digitali abbiamo il dovere di chiederci come garantire che la nostra presenza online costituisca un'esperienza di crescita per coloro con cui comunichiamo.

  3. h)  Le iniziative apostoliche online hanno una portata e un raggio d'azione che si estende oltre i confini territoriali tradizionalmente intesi. Questo solleva importanti quesiti su come possano essere regolamentate e a quale autorità ecclesiastica competa la vigilanza.

  4. i)  Dobbiamo anche considerare le implicazioni della nuova frontiera missionaria digitale per il rinnovamento delle strutture parrocchiali e diocesane esistenti. In un mondo sempre più digitale, come evitare di rimanere prigionieri della logica della conservazione e liberare invece energie per nuove forme di esercizio della missione?

  5. j)  La pandemia da COVID-19 ha stimolato la creatività pastorale online, contribuendo a ridurre gli effetti dell’esperienza di isolamento e solitudine vissuta in particolare da anziani e membri vulnerabili delle comunità. Anche le istituzioni educative cattoliche hanno utilizzato efficacemente le piattaforme online per continuare a offrire formazione e catechesi durante i lockdown. È bene che valutiamo che cosa questa esperienza ci ha insegnato e quali possano essere i benefici duraturi per la missione della Chiesa nell’ambiente digitale.

k) Molti giovani, che pure cercano la bellezza, hanno abbandonato gli spazi fisici della Chiesa in cui cerchiamo di invitarli a favore degli spazi online. Ciò implica la ricerca di modi nuovi per coinvolgerli e offrire loro formazione e catechesi. Si tratta di un tema su cui riflettere pastoralmente.

Proposte

l) Proponiamo che le Chiese offrano riconoscimento, formazione e accompagnamento ai missionari digitali già operanti, facilitando anche l’incontro tra di loro.

m) È importante creare reti collaborative di influencer che includano persone di altre religioni o che non professano alcuna fede, ma collaborano a cause comuni per la promozione della dignità della persona umana, della giustizia e della cura della casa comune.

18. Organismi di partecipazione

Convergenze

  1. a)  In quanto membri del Popolo fedele di Dio, tutti i battezzati sono corresponsabili della missione, ciascuno secondo la sua vocazione, con la sua esperienza e competenza; pertanto, tutti contribuiscono a immaginare e decidere passi di riforma delle comunità cristiane e della Chiesa tutta, così che essa viva “la dolce e confortante gioia di evangelizzare”. La sinodalità, nella composizione e nel funzionamento degli organismi in cui prende corpo, ha come finalità la missione. La corresponsabilità è per la missione: questo attesta che si è davvero riuniti nel nome di Gesù, questo affranca gli organismi di partecipazione da involuzioni burocratiche e da logiche mondane di potere, questo rende fruttuoso il riunirsi.

  2. b)  Alla luce del magistero recente (in particolare Lumen gentium e Evangelii gaudium), questa corresponsabilità di tutti nella missione deve essere il criterio alla base della strutturazione delle comunità cristiane e dell’intera Chiesa locale con tutti i suoi servizi, in tutte le sue istituzioni, in ogni suo organismo di comunione (cfr. 1Cor 12,4-31). Il giusto riconoscimento della responsabilità dei laici per la missione nel mondo non può diventare il pretesto per attribuire ai soli Vescovi e preti la cura della comunità cristiana.

  3. c)  L’autorità per eccellenza è quella della Parola di Dio, che deve ispirare ogni incontro degli organismi di partecipazione, ogni consultazione e ogni processo decisionale. Perché questo accada è necessario che, ad ogni livello, il riunirsi attinga senso e forza dall’Eucaristia e si svolga alla luce della Parola ascoltata e condivisa nella preghiera.

  4. d)  La composizione dei vari Consigli per il discernere e il decidere di una comunità missionaria sinodale deve prevedere la presenza di uomini e donne che vantino un profilo apostolico; che si distinguano anzitutto non per una frequentazione assidua di spazi ecclesiali, ma per una genuina testimonianza evangelica nelle realtà più ordinarie della vita. Il Popolo di Dio è tanto più missionario, quanto più capace di far risuonare in sé, anche negli organismi di partecipazione, le voci di quanti già vivono la missione abitando il mondo e le sue periferie.

Questioni da affrontare

  1. e)  Alla luce di quanto abbiamo condiviso, riteniamo importante riflettere su come promuovere la partecipazione nei vari Consigli, soprattutto quando i praticanti ritengono di non essere all’altezza del compito. La sinodalità cresce nel coinvolgimento di ogni membro in processi di discernimento e decisione per la missione della Chiesa: in tal senso ci edificano e incoraggiano molte piccole comunità cristiane nelle Chiese emergenti, che vivono un quotidiano “corpo a corpo” fraterno intorno alla Parola e all’Eucaristia,

  2. f)  Nella composizione degli organismi di partecipazione non possiamo ulteriormente procrastinare il compito affidato da Papa Francesco in Amoris laetitia. La partecipazione di uomini e donne che vivono vicende affettive e coniugali complesse «può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate» (n. 299). Il discernimento in questione riguarda anche l’esclusione da organismi di partecipazione della comunità parrocchiale e diocesana, praticata in non poche Chiese locali.

  3. g)  Nella prospettiva dall’originalità evangelica della comunione ecclesiale: come possiamo intrecciare l’aspetto consultivo e quello deliberativo della sinodalità? Sulla base della configurazione carismatica e ministeriale del Popolo di Dio: come integriamo nei vari organismi di partecipazione i compiti di consigliare, discernere, decidere?

Proposte

  1. h)  Sulla base della comprensione del Popolo di Dio quale soggetto attivo della missione di evangelizzazione, si codifichi l’obbligatorietà dei Consigli Pastorali nelle comunità cristiane e nelle Chiese locali. Insieme, si potenzino gli organismi di partecipazione, con un’adeguata presenza di laici e laiche, con l’attribuzione di funzioni di discernimento in vista di decisioni realmente apostoliche.

  2. i)  Gli organismi di partecipazione rappresentano il primo ambito in cui vivere la dinamica del rendiconto di chi esercita compiti di responsabilità. Mentre li incoraggiamo nel loro impegno, li invitiamo a praticare la cultura del rendiconto nei confronti della comunità di cui sono espressione.

19. I raggruppamenti di Chiese nella comunione di tutta la Chiesa

Convergenze

  1. a)  Siamo persuasi che ogni Chiesa, all’interno della comunione delle Chiese, abbia molto da offrire, perché lo Spirito Santo distribuisce con abbondanza i suoi doni per l’u8lità comune. Se guardiamo alla Chiesa come Corpo di Cristo, comprendiamo più facilmente che le varie membra sono interdipenden8 e condividono la stessa vita: «se un membro soffre, tuWe le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tuWe le membra gioiscono con lui» (1Cor 12,26). Vogliamo pertanto sviluppare gli aWeggiamen8 spirituali che nascono da questo sguardo: l’umiltà e la generosità, il rispeWo e la condivisione. Importan8 sono anche la disponibilità a crescere nella conoscenza reciproca e a predisporre le struWure necessarie perché lo scambio di ricchezze spirituali, discepoli missionari e beni materiali possa diventare una realtà concreta

  2. b)  Il tema dei raggruppamen8 di Chiese locali si è rivelato fondamentale per un pieno esercizio della sinodalità nella Chiesa. Nel rispondere alla domanda su come configurare le istanze di sinodalità e collegialità che coinvolgono raggruppamen8 di Chiese locali, l’Assemblea ha convenuto sull’importanza del discernimento ecclesiale compiuto dalle Conferenze Episcopali e dalle Assemblee con8nentali per un correWo svolgimento della prima fase del processo sinodale. 

    c) Il processo sinodale ha mostrato come gli organismi previs8 dal Codice di DiriQo Canonico e dal Codice dei Canoni per le Chiese Orientali dispieghino con più efficacia la loro funzione quando sono compresi a par8re dalle Chiese locali. Il faWo che la Chiesa (Ecclesia tota) sia una comunione di Chiese richiede che ogni Vescovo percepisca e viva la sollecitudine per tuWe le Chiese (sollicitudo omnium Ecclesiarum) come aspeWo cos8tu8vo del suo ministero di pastore di una Chiesa. 

    d) La prima fase del processo sinodale ha messo in evidenza il ruolo determinante delle Conferenze Episcopali e ha fatto emergere la necessità di una istanza di sinodalità e collegialità a livello con8nentale. Gli organismi che operano a ques8 livelli concorrono all’esercizio della sinodalità nel rispeWo delle realtà locali e dei processi di inculturazione. L’Assemblea ha espresso fiducia nella possibilità di evitare in questo modo il rischio di uniformità e di centralismo nel governo del Chiesa.

Questioni da affrontare

  1. e)  Prima di creare nuove struWure, avver8amo l’esigenza di rafforzare e rivitalizzare quelle già esisten8. Occorre inoltre studiare, sul piano ecclesiologico e canonico, le implicazioni di una riforma delle struWure rela8ve ai raggruppamenti di Chiese perché assumano un caraWere più compiutamente sinodale.

  2. f)  Guardando alle pra8che sinodali della Chiesa del primo millennio, si propone di studiare come si possano recuperare nell’ordinamento canonico aWuale le is8tuzioni an8che, armonizzandole con quelle di nuova creazione, come le Conferenze Episcopali.

  3. g)  Consideriamo necessario un ulteriore approfondimento della natura doWrinale e giuridica delle Conferenze Episcopali, riconoscendo la possibilità di un’azione collegiale anche rispeWo a ques8oni di doWrina che emergono in ambito locale, riaprendo così la riflessione sul motuproprio Apostolos suos.

  4. h)  Si rivedano i canoni riferi8 ai concili par8colari (plenari e provinciali), per realizzare aWraverso di essi una maggiore partecipazione del Popolo di Dio, sull’esempio della dispensa oWenuta nel caso del recente concilio plenario dell’Australia.

Proposte

  1. i)  Tra le strutture già previste dal Codice, proponiamo di rafforzare la provincia ecclesiastica o metropolia, come luogo di comunione delle Chiese locali di un territorio.

  2. j)  Sulla base degli approfondimen8 richies8 circa la configurazione dei raggruppamenti di Chiese, si dia attuazione all’esercizio della sinodalità a livello regionale, nazionale e continentale.

  3. k)  Dove necessario suggeriamo la creazione di province ecclesias8che internazionali, a beneficio dei Vescovi che non appartengono ad alcuna conferenza episcopale e per promuovere la comunione tra Chiese al di là dei confini nazionali.

  4. l)  Nei Paesi di rito la8no in cui è presente anche una gerarchia delle Chiese orientali caWoliche, si includano i Vescovi orientali nelle Conferenze Episcopali nazionali, rimanendo integra la loro autonomia governativa stabilita dal proprio Codice.

m) Si elabori una configurazione canonica delle Assemblee con8nentali che, nel rispetto della peculiarità di ogni continente, tenga nel dovuto conto la partecipazione delle Conferenze Episcopali e quella delle Chiese, con propri delegati che rendano presente la varietà del Popolo fedele di Dio.

20. Sinodo dei Vescovi e Assemblea ecclesiale

Convergenze

  1. a)  Anche quando ha sperimentato la fatica di “camminare insieme”, l’Assemblea ha percepito la gioia evangelica di essere Popolo di Dio. Le novità proposte per questo momento del cammino sinodale sono state accolte generalmente con favore. Le più evidenti sono: il passaggio della celebrazione del Sinodo da evento a processo (come indicato dalla costituzione apostolica Episcopalis communio); la presenza di altri membri, donne e uomini, accanto ai Vescovi; la presenza attiva dei delegati fraterni; il ritiro spirituale in preparazione all’Assemblea; le celebrazioni dell’Eucaristia in San Pietro; il clima di preghiera e il metodo della conversazione nello Spirito; la disposizione stessa dell’Assemblea nell’Aula Paolo VI.

  2. b)  L’Assemblea del Sinodo dei Vescovi, conservando il proprio carattere eminentemente episcopale, ha manifestato bene in questa occasione il legame intrinseco fra la dimensione sinodale della vita della Chiesa (la partecipazione di tutti), la dimensione collegiale (la sollecitudine dei Vescovi per la Chiesa intera), la dimensione primaziale (il servizio del Vescovo di Roma, garante di comunione).

  3. c)  Il processo sinodale è stato ed è un tempo di grazia che ci ha incoraggiati. Dio ci sta offrendo l‘occasione di sperimentare una nuova cultura della sinodalità, capace di orientare la vita e la missione della Chiesa. È stato ricordato però che non basta creare strutture di corresponsabilità se manca la conversione personale a una sinodalità missionaria. Le istanze sinodali, a ogni livello, non riducono la responsabilità personale di coloro che sono chiamati a prendervi parte, in forza del loro ministero e dei loro carismi, ma la sollecitano ulteriormente.

Questioni da affrontare

  1. d)  La presenza di altri membri, oltre ai Vescovi, in qualità di testimoni del cammino sinodale è stata apprezzata. Resta tuttavia aperta la domanda circa l’incidenza della loro presenza come membri a pieno titolo sul carattere episcopale dell’Assemblea. Alcuni vedono il rischio che non sia adeguatamente compreso il compito specifico dei Vescovi. Andranno anche chiariti in base a quali criteri i membri non Vescovi possono essere chiamati a far parte dell’Assemblea.

  2. e)  Sono state segnalate esperienze come la Prima Assemblea Ecclesiale di America Latina e Caraibi, gli Organismi del Popolo di Dio in Brasile, il Concilio plenario australiano. Resta da individuare e approfondire come articolare in futuro sinodalità e collegialità, distinguendo (senza indebite separazioni) l’apporto di tutti i membri del Popolo di Dio all’elaborazione delle decisioni e il compito specifico dei Vescovi. L’articolazione di sinodalità, collegialità, primato non va interpretata in forma statica o lineare, ma secondo una circolarità dinamica, in una corresponsabilità differenziata.

  1.  f)  Se a livello regionale è possibile pensare a passaggi successivi (un’assemblea ecclesiale seguita da un’assemblea episcopale), si ritiene opportuno chiarire come ciò possa essere proposto in riferimento alla Chiesa cattolica nel suo insieme. Alcuni ritengono che la formula adottata in questa Assemblea risponda a questa esigenza, altri prospettano di far seguire a un’assemblea ecclesiale un’assemblea episcopale per concludere il discernimento, altri ancora preferiscono di riservare ai Vescovi il ruolo di membri dell’assemblea sinodale.

  2. g)  Andrà anche approfondito e chiarito il modo in cui esperti di diverse discipline, in particolare teologi e canonisti, possono dare il loro apporto ai lavori dell’assemblea sinodale e ai processi di una Chiesa sinodale.

  3. h)  Occorrerà anche riflettere sul modo in cui Internet e la comunicazione mediatica agiscono sui processi sinodali.

Proposte

i) Si assicuri una valutazione dei processi sinodali a tutti i livelli della Chiesa.

j) Si valutino i frutti della Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

 

PER PROSEGUIRE IL CAMMINO

«A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio, o con quale parabola possiamo descriverlo?» (Mc 4,30)

La Parola del Signore viene prima di ogni parola della Chiesa. Le parole dei discepoli, anche quelle di un Sinodo, sono solo un’eco di ciò che Egli stesso dice.

Per annunciare il Regno, Gesù ha scelto di parlare in parabole. Ha trovato nelle esperienze fondamentali della vita dell’uomo – nei segni della natura, nei ges8 del lavoro, nei fax della quo8dianità – le immagini per rivelare il mistero di Dio. Così ci ha deWo che il Regno ci trascende, ma non ci è estraneo. O lo vediamo nelle cose del mondo o non lo vedremo mai.

In un seme che cade nella terra Gesù ha visto rappresentato il suo des8no. Apparentemente un nulla des8nato a marcire, eppure abitato da un dinamismo di vita inarrestabile, imprevedibile, pasquale. Un dinamismo des8nato a dare vita, a diventare pane per mol8. Des8nato a diventare Eucaristia.

Oggi, in una cultura della loWa per la supremazia e dell’ossessione per la visibilità, la Chiesa è chiamata a ripetere le parole di Gesù, a farle rivivere in tutta la loro forza. «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio, o con quale parabola possiamo descriverlo?». Questa domanda del Signore illumina il lavoro che ora ci aspetta. Non si tratta di disperdersi su molti fronti, inseguendo una logica efficien8s8ca e procedurale. Si tratta piuttosto di cogliere, tra le molte parole e proposte di questa Relazione, ciò che si presenta come un seme piccolo, ma carico di futuro, e immaginare come consegnarlo alla terra che lo farà maturare per la vita di molti.

«Come avverrà questo?», si domandava Maria a Nazaret (Lc 1,34) dopo aver ascoltato la Parola. La risposta è una sola: restare all’ombra dello Spirito e lasciarsi avvolgere dalla sua potenza. Nel rivolgere lo sguardo al tempo che ci separa dalla Seconda Sessione ringraziamo il Signore per il cammino fin qui svolto e per le grazie con cui lo ha benedeWo. Affidiamo la fase successiva all’intercessione della Beata Vergine Maria, segno di sicura speranza e di consolazione nel cammino del Popolo fedele di Dio, e dei San8 Apostoli Simone e Giuda, di cui oggi ricorre la festa.

Adsumus Sancte Spiritus!

Roma, 28 ottobre 2023, Festa dei SS. Simone e Giuda, Apostoli

 

 

 

 

 

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Un importante passaggio nel cammino sinodale della nostra Diocesi

Incontro di formazione per i “Missionari dell’ascolto”

Al Centro Pastorale "Paolo VI" - Sabato 5 Febbraio

I Missionari dell’Ascolto sono chiamati a promuovere e accompagnare un Tavolo sinodale. Provengono dalle nostre comunità parrocchiali e ricevono il mandato di animare la fondamentale stagione dell’ascolto sinodale.

Sabato 5 Febbraio dalle ore 10.00 alle ore 12.30 presso il Centro Pastorale “Paolo VI” si è tenuto un importante momento formativo per sperimentare il metodo sinodale, e promuovere i “Tavoli Sinodali” per tutte le comunità che ne facciano richiesta.

Le parrocchie che non hanno individuato un proprio “Missionario dell’ascolto” potranno richiederlo all’equipe del Sinodo.

I tavoli sinodali si svolgeranno indicativamente dal 10 Febbraio al 31 Marzo.

 

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 LE DOMANDE DEL SINODO

 

L'ascolto: elemento essenziale del Cammino Sinodale

La domanda del Sinodo

Ai Tavoli Sinodali i Missionari dell'Ascolto promuoveranno alcune domande

 

Il Tavolo sinodale è occasione provvidenziale di ascolto reciproco sulla domanda fondamentale al cuore del cammino intrapreso dalla Chiesa e dalla nostra Diocesi.

I Missionari dell’ascolto chiederanno agli invitati al Tavolo sinodale:

  • Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?
  • Quando hai vissuto un’esperienza bella, buona, accogliente, ospitale di Chiesa?
  • Quali cambiamenti la Chiesa dovrebbe fare per rendere vivibile il Vangelo e camminare di più insieme agli uomini e alle donne del nostro tempo?

 

 

 

Cosa è il Sinodo

 

la Chiesa di Dio è convocata in Sinodo, “proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”: una notizia e un annuncio forti, incisivi, coinvolgenti.
Papa Francesco indica la strada alla Chiesa in questo tempo così complesso, faticoso, sfidante. Non possiamo e non vogliamo né eludere né trascurare la CEI LOGO SINODO POS VERTportata di questo passaggio ecclesiale decisivo.

L’appello è rivolto al Popolo di Dio ed è orientato ad aprirsi all’ascolto di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa nel nostro tempo. Siamo insieme, laici, presbiteri, diaconi, consacrati ascoltatori e destinatari di questo evento.
Ci sentiamo in comunione, aperti al confronto con tutti i membri della famiglia umana perché talvolta lo Spirito ci sorprende esprimendosi “fuori dalle mura”, nell’aperto del mondo, oltre i nostri schemi, prevalentemente nei contesti più umili imprevedibili e nascosti.

La sinodalità è stata fin dai primi pronunciamenti al centro del magistero e dell’azione pastorale del nostro Vescovo Pierantonio: non è un’espressione nuova, inedita, ma forse ci farà bene non ridurla a slogan o a qualche mera azione sinergica o ad una ripetizione asfittica e alla lunga vuota e deludente.

Abbiamo bisogno di vivere e non teorizzare questo “cammino insieme”: la sinodalità è lo stile, la forma e la struttura della Chiesa, per questo rispondere all’appello significa:

  • fare memoria di come lo Spirito ha guidato il cammino della Chiesa nella storia e ci chiama oggi a essere insieme testimoni dell’amore di Dio;
  • vivere un processo ecclesiale partecipato e inclusivo, che offra a ciascuno – in particolare a quanti per diverse ragioni si trovano ai margini – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato per contribuire alla costruzione del Popolo di Dio;
  • riconoscere e apprezzare la ricchezza e varietà dei doni e dei carismi che lo Spirito elargisce in libertà, per il bene della comunità e in favore dell’intera famiglia umana;
  • sperimentare modi partecipativi di esercitare la responsabilità nell’annuncio del Vangelo e nell’impegno per costruire un mondo più bello e più abitabile;
  • esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo;
  • accreditare la comunità cristiana come soggetto credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale;
  • rigenerare le relazioni tra i membri delle comunità cristiane come pure tra le comunità e gli altri gruppi sociali, ad esempio comunità di credenti di altre confessioni e religioni, organizzazioni della società civile, movimenti popolari, ecc.;
  • favorire la valorizzazione e l’appropriazione dei frutti delle recenti esperienze sinodali a livello universale, regionale, nazionale e locale.

Solo insieme potremo vivere questa sorprendente e magnifica stagione sinodale.

 

 

 

 

 

 

IL CAMMINO SINODALE NELLA NOSTRA DIOCESI

"La posta in gioco è alta: ottenere dei risultati senza maturare uno stile sinodale consegnerebbe la Chiesa a una delusione che comprometterebbe il futuro della sinodalità e della stessa Chiesa. Torno a ripeterlo: meglio che il Popolo di Dio nelle nostre Chiese si confronti sull’interrogativo fondamentale, piuttosto che parlare di qualsiasi cosa, senza costrutto e soprattutto senza direzione.

Ciò che conta è maturare una vera mentalità sinodale; comprendere che davvero «la Chiesa è costitutivamente sinodale», cioè Popolo di Dio che cammina insieme, non solo perché cammina, ma perché cammina sapendo dove va – verso il compimento del Regno – e perciò si interroga sulla strada da percorrere, ascoltando ciò che lo Spirito dice alla Chiesa.

Sono convinto che il primo e più fondamentale frutto di questa prima tappa del processo sinodale sia la convinzione, maturata nel reciproco ascolto, che la vita della Chiesa inizia dall’ascolto, come conseguenza di quella riscoperta della dimensione pneumatologica della Chiesa che il concilio ci ha riconsegnato e che impegna soprattutto noi pastori nel compito irrinunciabile del discernimento."

Con queste parole il Card. Mario Grech, segretario generale del sinodo dei Vescovi, si è rivolto alla assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana lo scorso 23 novembre.

Ci sentiamo fortemente impegnati a promuovere questo cammino sinodale in comunione con tutte le diocesi italiane e nel mondo. Questo stile ci consentirà di affrontare ambiti decisivi per la pastorale delle nostre parrocchie:

  • la rivisitazione dell'ICFR,
  • il progetto pastorale con e per i migranti nella Diocesi di Brescia,
  • le linee di pastorale familiare

Questo percorso implica una consistente, matura, efficace fase di ascolto del Popolo di Dio.

La consultazione del Popolo di Dio è già parte del processo sinodale. Interpretare diversamente sarebbe andare contro il concilio Vaticano II, che riprende dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione la chiara affermazione che «la totalità dei fedeli che hanno ricevuto l’unzione del Santo (cfr 1Gv 2, 20 e 27) non può sbagliarsi nel credere e manifesta questa proprietà particolare mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando “dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici” esprime il suo universale consenso in materia di fede e di morale» (LG 12). Il Documento preparatorio in questo è chiarissimo, quando afferma la parte del sensus fidei nel processo sinodale.

 

 

 

foto ufficiale vescovo pierantonioIl Vescovo inaugurando il cammino sinodale per la nostra diocesi nell’Omelia dello scorso 17 Ottobre in Cattedrale così esprimeva il dinamismo di questo percorso:


“Che cosa comporta questo cammino insieme? Che cosa significa concretamente compiere un percorso sinodale? I tre verbi che papa Francesco ricorda nella sua omelia di apertura del percorso sinodale aiutano molto bene a rispondere. Sono: incontrare, ascoltare e discernere.
Vivere la sinodalità nella Chiesa significa anzitutto diventare esperti nell’arte dell’incontro.”

Abbiamo bisogno di diventare tutti “esperti nell’arte dell’incontro” a partire dalla disponibilità più umile che apre ogni dialogo, confronto, e che rende fruttuoso l’incontro: la disponibilità ad ASCOLTARE.
L’ascolto non è una fase previa al Sinodo: è esso stesso autenticamente integrato ed essenziale nel cammino sinodale. Per questo l’equipe del Sinodo sta procedendo in queste settimane a chiedere la disponibilità ad alcuni fratelli e sorelle a servire il cammino sinodale disponendosi ad ascoltare il popolo di Dio.

Chi sono questi missionari dell’ascolto e cosa sono chiamati a vivere?
Sono battezzati (laici, ministri ordinati, consacrati) che danno la disponibilità ad accompagnare la proposta dei Tavoli sinodali nelle zone e nelle parrocchie che attiveranno questi luoghi e spazi di ascolto.
Abbiamo pensato a loro chiamandoli “Missionari dell’Ascolto” perché in queste due parole è compreso il senso del loro impegno: sono inviati in ragione del Battesimo, sono capaci di relazione, sanno ascoltare e quindi sanno tacere e promuovere la parola di tutti.
I Missionari dell’Ascolto hanno vissuto un primo importante momento formativo Sabato 5 febbraio presso il Centro Pastorale Paolo VI per potersi conoscere, pregare e invocare lo Spirito, armonizzare il proprio servizio, apprendere e condividere una metodologia di promozione dei Tavoli sinodali.

 

 




75ª Assemblea Generale Straordinaria: il Comunicato finale

75assembleavescovi

25 Novembre 2021

«Come si realizza oggi nella mia Chiesa locale o nella realtà ecclesiale a me affidata quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è propria? Come si realizza oggi nella nostra collegialità episcopale quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata?». Sono le due domande ispirate dall’interrogativo fondamentale del Sinodo universale che hanno fatto da sfondo ai lavori della 75ª Assemblea Generale Straordinaria della Conferenza Episcopale Italiana, svoltasi a Roma (presso l’Ergife Palace Hotel) dal 22 al 25 novembre 2021. Sotto la guida del Cardinale Presidente Gualtiero Bassetti, l’assise è stata aperta da un incontro riservato con Papa Francesco.

L’apprezzamento con cui è stata accolta l’Introduzione del Presidente della CEI ha trovato conferma negli interventi e negli approfondimenti con cui i Pastori hanno rimarcato la preoccupazione per una situazione sociale e ambientale che rischia di penalizzare soprattutto i giovani e i più deboli, oltre che l’invito a fare del Cammino sinodale un’occasione di incontro e di ascolto di tutti, in particolare di quanti vivono con difficoltà l’appartenenza ecclesiale o sono disillusi. In questo senso la divisione dei Vescovi in “gruppi sinodali” ha offerto la possibilità di una condivisione fraterna nella prospettiva del servizio pastorale nella propria comunità e di una più ampia collegialità. È stato un vero e proprio esercizio di sinodalità praticata e vissuta nella comunione del ministero episcopale, che ha permesso di cogliere in profondità il valore della narrazione delle proprie esperienze: il Signore è presente nel vissuto personale e comunitario.

Tra i momenti significativi l’intervento del Cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, che ha illustrato il percorso sinodale che porterà alla celebrazione del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre 2023.

Distinte comunicazioni hanno riguardato la riforma del libro VI del Codice Diritto Canonico, l’adeguamento degli Orientamenti e delle norme per i seminari della CEI alla luce della Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, il Sovvenire, i 50 anni di Caritas Italiana e i 100 anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Hanno preso parte ai lavori il Nunzio Apostolico in Italia, Mons. Emil Paul Tscherrig, 212 membri e 16 Vescovi emeriti, alcuni rappresentanti di presbiteri, religiosi e religiose, degli Istituti secolari e della Consulta Nazionale delle Aggregazioni laicali.

A margine dei lavori assembleari si è riunito il Consiglio Permanente, che ha approvato il messaggio della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo per la 33ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio 2022); ha riconosciuto a livello nazionale l’Associazione italiana dei Professori di Storia della Chiesa quale Associazione privata di fedeli, approvandone lo statuto; ha ricevuto un aggiornamento sul lavoro seguito alla pubblicazione delle tre Istruzioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica sull’affiliazione, l’aggregazione e l’incorporazione degli Istituti di studi superiori (8 dicembre 2020). Ha infine provveduto ad alcune nomine.

In dialogo con Papa Francesco

L’incontro riservato con Papa Francesco ha aperto i lavori della 75ª Assemblea Generale Straordinaria che si è svolta a Roma, dal 22 al 25 novembre. Il dialogo, durato poco meno di due ore, ha riguardato lo stile con cui abitare questo tempo, plasmato da difficoltà e, allo stesso tempo, da tante opportunità aperte dal percorso sinodale. Le sfide, sempre nuove, interpellano la coscienza della Chiesa e chiedono una maggiore consapevolezza della missione, del servizio pastorale e della corresponsabilità di tutti i battezzati. La prossimità, la cura, l’ascolto e l’accoglienza sono i tratti che Papa Francesco è tornato a indicare e che devono essere il biglietto da visita delle comunità cristiane. Tratti che devono trasparire in primo luogo dal vissuto dei Pastori, chiamati a farsi imitatori del Buon Pastore raffigurato nel cartoncino con le “Beatitudini del Vescovo” consegnato dal Papa a tutti i Vescovi presenti.

Ascolto reciproco e collegiale

L’Assemblea Generale Straordinaria ha avuto come asse portante la riflessione sul Cammino sinodale, che si è concretizzata in un vero esercizio di sinodalità tra i Vescovi. Molto tempo infatti è stato dedicato ai lavori nei “gruppi sinodali” che hanno offerto la possibilità di una condivisione fraterna nella prospettiva del servizio pastorale nella propria comunità e di una più ampia collegialità. È stata anche questa un’opportunità per i Pastori di ascoltarsi e di confrontarsi sui percorsi da sviluppare sul territorio, in armonia con quanto richiesto dalla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e in linea con il tracciato quinquennale prospettato dalla CEI.

È emersa con forza l’esigenza di abbandonare ogni autoreferenzialità, favorendo il coinvolgimento dei laici e l’ascolto attento di tutti battezzati, specialmente di coloro che non frequentano o hanno sopito il fuoco del Battesimo. Riprendendo l’invito finale contenuto nell’Introduzione del Cardinale Presidente, i Vescovi hanno evidenziato l’importanza di aprire il cuore e l’orecchio a quanti, per diversi motivi, sono rimasti ai margini della vita ecclesiale. Di fronte alle ferite che le persone portano sulla loro pelle, la Chiesa è chiamata a mostrare il suo volto misericordioso. Ma per fare questo, è necessario mettersi in cammino, condividere le fatiche del viaggio, fare silenzio per dare voce a ciò che il “Popolo di Dio” ha da dire. Quello attuale, è stato ribadito, è il tempo del coraggio e della profezia, fondamentali per colmare quella distanza che separa il Vangelo dalla vita e per riorganizzare la speranza, in una società che corre veloce lasciando spesso indietro i più deboli, che subisce il fascino mutevole delle mode, che parla linguaggi nuovi e fa dell’individuo il suo centro. La sfida affidataci dal Papa, hanno ricordato i Vescovi, è quella di un ascolto diffuso, di aprire cioè la consultazione di questo primo tratto del Cammino sinodale anche al di fuori; certo, non tutti parteciperanno, ma tutti devono sentirsi invitati. Se ciascun operatore pastorale, obbedendo alla creatività dello Spirito, si farà moderatore di un gruppo sinodale sul territorio, nei diversi ambienti in cui le persone vivono, s’incontrano, si curano, studiano e lavorano, sarà davvero un’esperienza ampia di sinodalità.

Cammino sinodale e conversione pastorale

Il Cammino sinodale – è l’auspicio dei Presuli – deve diventare occasione propizia per una conversione personale e comunitaria, conditio sine qua non per ridare linfa all’annuncio e vigore a un tessuto ecclesiale e sociale sfibrato e vecchio. Si tratta di impostare un nuovo tipo di ascolto, inventando qualcosa di originale, che prima normalmente non esisteva o esisteva sporadicamente, dando spazio alla creatività di ciascuno, attivando percorsi che puntino alla comunione: con il povero, con lo straniero, con chi è disorientato, con chi cova rabbia, con chi non crede o ha perso la fede, con chi ha fede solo nella scienza, con chi si sente lontano, con chi professa un’altra religione o appartiene ad un’altra tradizione cristiana. Allo stesso modo, in linea con quanto affermato dal Cardinale Presidente, i Pastori hanno convenuto sull’esigenza di non trascurare l’ascolto dei presbitèri, degli organismi di partecipazione, dei gruppi degli operatori pastorali (catechisti, ministri, operatori della carità, animatori liturgici, associazioni e movimenti). Se da una parte facili entusiasmi o delusioni passate possono ostacolare il cammino, dall’altra è di sostegno la memoria grata. Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia, è stato evidenziato, non parte da zero, ma è un percorso di completamento della ricezione dell’ecclesiologia del Concilio Vaticano II: la riflessione degli ultimi decenni e i documenti conciliari costituiscono un faro che continua ad illuminare i primi passi compiuti e quelli che si faranno. In queste ultime settimane, hanno raccontato i Vescovi, si è sprigionata dalle Chiese locali un’eccezionale ricchezza di iniziative e spunti per il Cammino sinodale. Ne sono testimonianza i siti diocesani. L’avvio di questo percorso è stato per tutti un’esperienza di Chiesa in cammino. Già dall’Assemblea del maggio scorso, ma ancora di più dall’inizio dell’autunno, i Vescovi – è stato sottolineato – sono partiti insieme, nella concordia, cioè nella condivisione del cuore, in una specie di sinfonia che, nella diversità di toni e strumenti, sta creando una bella armonia. Molti operatori pastorali stanno cogliendo l’importanza di questo evento sinodale. Le perplessità ci possono anche essere, ma sono utili e necessarie per muoversi nel modo migliore e tenere alta la guardia sulla qualità del Cammino sinodale. Nel momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, lo scorso 9 ottobre, Papa Francesco – ricordando le parole di padre Congar – ha auspicato “non un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa”. E questa è la sfida: una Chiesa più evangelica, meglio innestata nella vita della gente.

Accanto ai più deboli

Grande risonanza ha trovato, nell’Assemblea, l’invito del Cardinale Presidente a compiere uno sforzo ulteriore per contenere la diffusione del virus COVID-19. Piena sintonia è stata espressa anche rispetto alla preoccupazione per il continuo verificarsi di “soprusi e abusi nei confronti della persona umana”. L’inaccettabile dramma dei migranti che si consuma sia sulle rotte marittime sia su quelle terrestri, alle porte dell’Europa e ai confini tra gli Stati, scuote le coscienze e invoca una risposta ispirata ai quattro verbi indicati da Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Avere cura degli ultimi è l’unica strada per costruire un mondo di pace e di benessere comune. Per la Chiesa che è in Italia – è stato detto – stare accanto ai più deboli è una scelta che si rinnova ogni giorno nella verità e nella carità. In questo senso viene espressa anche profonda vicinanza e condivisione a quanti si trovano in condizioni di fragilità, ricordando che la sacralità di ogni vita umana non viene meno neppure quando la malattia e la sofferenza sembrano intaccarne il valore. Avere compassione di un malato significa sostenerlo con terapie adeguate e con affetto, restituendogli la speranza nel Cristo medico, che guarisce e salva. Perciò, la Presidenza della CEI rilancia la richiesta di applicare, in modo uniforme e diffuso, la legge sulle cure palliative e la terapia del dolore, tecniche capaci di ridare dignità alla vita dei malati, anche di quelli inguaribili o di quelli che sembrano aver smarrito il senso del loro stare al mondo.

All’Assemblea è stato anche offerto dal Presidente del Servizio nazionale per la Tutela dei Minori, S.E. Mons. Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo di Ravenna-Cervia, un aggiornamento circa le iniziative e le strutture finora messe in campo per contrastare la piaga degli abusi sui minori e le persone vulnerabili, dentro e fuori dalla Chiesa, dopo l’emanazione delle Linee Guida del giugno 2019. Queste hanno senz’altro segnato una svolta nel tipo di approccio a questo gravissimo fenomeno. Ne sono testimonianza la cura educativa svolta nelle comunità ecclesiali (seminari, istituti di formazione, parrocchie, oratori, consultori, associazioni, movimenti, etc.) per l’educazione alla relazione e alla maturità affettiva e sessuale; la creazione della rete dei Referenti nei Servizi per la Tutela dei Minori in tutte le Diocesi italiane e di numerosi Centri di ascolto per la raccolta di denunce e segnalazioni; la pubblicazione di tre Sussidi per formare gli operatori pastorali e adottare misure per contrastare i rischi e rendere più sicuri gli ambienti; la promozione di numerosi incontri di informazione e formazione a favore del clero e dei religiosi, dei catechisti e laici educatori e allenatori e degli operatori della Caritas; la celebrazione della Giornata nazionale di preghiera del 18 novembre, data scelta dall’Europa per combattere il fenomeno e sostenere le vittime. Su questa linea verranno compiuti ulteriori passi per implementare e rafforzare l’azione a tutela dei minori e delle persone vulnerabili. La Chiesa, hanno ribadito i Vescovi, vuole essere sempre accanto alle vittime, a tutte le vittime, alle quali intende continuare a offrire ascolto, sostegno e vicinanza, non dimenticando mai la sofferenza che hanno provato.

Varie

Distinte comunicazioni hanno riguardato la riforma del libro VI del Codice Diritto Canonico che entrerà in vigore il prossimo 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione; l’adeguamento degli Orientamenti e delle norme per i seminari della CEI alla luce della Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, di cui seguiranno ulteriori aggiornamenti; i frutti della 49ª Settimana Sociale, vissuta a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021; il servizio del Sovvenire, i 50 anni di Caritas Italiana e i 100 anni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un’informazione è stata dedicata inoltre all’attuazione del Motu Proprio Spiritus Domini, con il quale Papa Francesco ha stabilito che i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato siano aperti anche alle donne, e del Motu Proprio Antiquum Ministerium, con il quale si istituisce il ministero del Catechista. Per procedere alla loro istituzione, è necessario attendere, come già espresso all’Assemblea Generale di maggio, le indicazioni della Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che dovrebbe pubblicare il nuovo rito di istituzione del ministero laicale del catechista e successivamente le modifiche del rito per l’istituzione di accoliti e lettori. Congiuntamente alla pubblicazione di tali documenti, il proseguimento del lavoro di riflessione e discernimento da parte della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi e della Commissione Episcopale per la Liturgia sarà prezioso per rispondere in maniera adeguata alle richieste contenute nelle Lettere Apostoliche, alla luce dei criteri forniti dalla Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti. Per questo motivo è necessario attendere perché ogni azione locale si collochi nel solco di questo percorso.

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Il Consiglio Permanente, riunitosi a margine dei lavori assembleari, ha approvato il messaggio della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo per la 33ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio 2022), dal titolo “Realizzerò la mia buona promessa” (Ger 29,10); ha riconosciuto a livello nazionale l’Associazione italiana dei Professori di Storia della Chiesa quale Associazione privata di fedeli, approvandone lo statuto; ha ricevuto un aggiornamento sul lavoro seguito alla pubblicazione delle tre Istruzioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica sull’affiliazione, l’aggregazione e l’incorporazione degli Istituti di studi superiori (8 dicembre 2020). Ha infine provveduto ad alcune nomine.

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Nella riunione del 22 novembre 2021, la Presidenza ha nominato:

  • Delegato CEI per i Congressi Eucaristici Internazionali: S.E.R. Mons. Gianmarco BUSCA, Vescovo di Mantova, Presidente della Commissione Episcopale per la liturgia.

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Il Consiglio Episcopale Permanente, riunitosi il 24 novembre 2021, ha proceduto alle seguenti nomine:

  • Membro della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi: S.E.R. Mons. Giovanni INTINI, Vescovo di Tricarico;
  • Membro della Commissione Episcopale per il clero e la vita consacrata: S.E.R. Mons. Piero DELBOSCO, Vescovo di Cuneo e di Fossano;
  • Direttore della Caritas Italiana: Don Marco PAGNIELLO (Pescara – Penne);
  • Assistente generale dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici (AIGSEC): Don Zbigniew Szczepan FORMELLA, SDB;
  • Consulente ecclesiastico nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI): Padre Giuseppe RIGGIO, SJ.

 

 

Documento preparatorio

7 Novembre 2021

La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo. Il cammino, dal titolo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», si aprirà solennemente il 9-10 ottobre 2021 a Roma e il 17 ottobre seguente in ogni Chiesa particolare. Una tappa fondamentale sarà la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023 , a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari (cfr. EC, artt. 19-21). Con questa convocazione, Papa Francesco invita la Chiesa intera a interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua missione: «Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» . Questo itinerario, che si inserisce nel solco dell’«aggiornamento» della Chiesa proposto dal Concilio Vaticano II, è un dono e un compito: camminando insieme, e insieme riflettendo sul percorso compiuto, la Chiesa potrà imparare da ciò che andrà sperimentando quali processi possono aiutarla a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione, ad aprirsi alla missione. Il nostro “camminare insieme”, infatti, è ciò che più attua e manifesta la natura della Chiesa come Popolo di Dio pellegrino e missionario.

 

 

 

Apertura del Sinodo dei Vescovi: l’omelia di Papa Francesco

aperturasinodo

10 Ottobre 2021

Pubblichiamo l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato il 10 ottobre in occasione della Santa Messa per l’apertura della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”.

Un tale, un uomo ricco, va incontro a Gesù mentre Egli «andava per la strada» (Mc 10,17). Molte volte i Vangeli ci presentano Gesù “sulla strada”, mentre si affianca al cammino dell’uomo e si pone in ascolto delle domande che abitano e agitano il suo cuore. Così, Egli ci svela che Dio non alberga in luoghi asettici, in luoghi tranquilli, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita. E oggi, aprendo questo percorso sinodale, iniziamo con il chiederci tutti – Papa, vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, sorelle e fratelli laici –: noi, comunità cristiana, incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? Siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del “non serve” o del “si è sempre fatto così”?

Fare Sinodo significa camminare sulla stessa strada, camminare insieme. Guardiamo a Gesù, che sulla strada dapprima incontra l’uomo ricco, poi ascolta le sue domande e infine lo aiuta a discernere che cosa fare per avere la vita eterna. Incontrare, ascoltare, discernere: tre verbi del Sinodo su cui vorrei soffermarmi.

Incontrare. Il Vangelo si apre narrando un incontro. Un uomo va incontro a Gesù, si inginocchia davanti a Lui, ponendogli una domanda decisiva: «Maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?» (v. 17). Una domanda così importante esige attenzione, tempo, disponibilità a incontrare l’altro e a lasciarsi interpellare dalla sua inquietudine. Il Signore, infatti, non è distaccato, non si mostra infastidito o disturbato, anzi, si ferma con lui. È disponibile all’incontro. Niente lo lascia indifferente, tutto lo appassiona. Incontrare i volti, incrociare gli sguardi, condividere la storia di ciascuno: ecco la vicinanza di Gesù. Egli sa che un incontro può cambiare la vita. E il Vangelo è costellato di incontri con Cristo che risollevano e guariscono. Gesù non andava di fretta, non guardava l’orologio per finire presto l’incontro. Era sempre al servizio della persona che incontrava, per ascoltarla.

Anche noi, che iniziamo questo cammino, siamo chiamati a diventare esperti nell’arte dell’incontro. Non nell’organizzare eventi o nel fare una riflessione teorica sui problemi, ma anzitutto nel prenderci un tempo per incontrare il Signore e favorire l’incontro tra di noi. Un tempo per dare spazio alla preghiera, all’adorazione – questa preghiera che noi trascuriamo tanto: adorare, dare spazio all’adorazione –, a quello che lo Spirito vuole dire alla Chiesa; per rivolgersi al volto e alla parola dell’altro, incontrarci a tu per tu, lasciarci toccare dalle domande delle sorelle e dei fratelli, aiutarci affinché la diversità di carismi, vocazioni e ministeri ci arricchisca. Ogni incontro – lo sappiamo – richiede apertura, coraggio, disponibilità a lasciarsi interpellare dal volto e dalla storia dell’altro. Mentre talvolta preferiamo ripararci in rapporti formali o indossare maschere di circostanza – lo spirito clericale e di corte: sono più monsieur l’abbé che padre –, l’incontro ci cambia e spesso ci suggerisce vie nuove che non pensavamo di percorrere. Oggi, dopo l’Angelus, riceverò un bel gruppo di persone di strada, che semplicemente si sono radunate perché c’è un gruppo di gente che va ad ascoltarle, soltanto ad ascoltarle. E dall’ascolto sono riusciti a incominciare a camminare. L’ascolto. Tante volte è proprio così che Dio ci indica le strade da seguire, facendoci uscire dalle nostre abitudini stanche. Tutto cambia quando siamo capaci di incontri veri con Lui e tra di noi. Senza formalismi, senza infingimenti, senza trucco.

Secondo verbo: ascoltare. Un vero incontro nasce solo dall’ascolto. Gesù infatti si pone in ascolto della domanda di quell’uomo e della sua inquietudine religiosa ed esistenziale. Non dà una risposta di rito, non offre una soluzione preconfezionata, non fa finta di rispondere con gentilezza solo per sbarazzarsene e continuare per la sua strada. Semplicemente lo ascolta. Tutto il tempo che sia necessario, lo ascolta, senza fretta. E – la cosa più importante – non ha paura, Gesù, di ascoltarlo con il cuore e non solo con le orecchie. Infatti, la sua risposta non si limita a riscontrare la domanda, ma permette all’uomo ricco di raccontare la propria storia, di parlare di sé con libertà. Cristo gli ricorda i comandamenti, e lui inizia a parlare della sua infanzia, a condividere il suo percorso religioso, il modo in cui si è sforzato di cercare Dio. Quando ascoltiamo con il cuore succede questo: l’altro si sente accolto, non giudicato, libero di narrare il proprio vissuto e il proprio percorso spirituale.

Chiediamoci, con sincerità, in questo itinerario sinodale: come stiamo con l’ascolto? Come va “l’udito” del nostro cuore? Permettiamo alle persone di esprimersi, di camminare nella fede anche se hanno percorsi di vita difficili, di contribuire alla vita della comunità senza essere ostacolate, rifiutate o giudicate? Fare Sinodo è porsi sulla stessa via del Verbo fatto uomo: è seguire le sue tracce, ascoltando la sua Parola insieme alle parole degli altri. È scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente, per suggerire percorsi e linguaggi nuovi. È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici, tutti, tutti i battezzati – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter, no. Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti. Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze. Le certezze tante volte ci chiudono. Ascoltiamoci.

Infine, discernere. L’incontro e l’ascolto reciproco non sono qualcosa di fine a sé stesso, che lascia le cose come stanno. Al contrario, quando entriamo in dialogo, ci mettiamo in discussione, in cammino, e alla fine non siamo gli stessi di prima, siamo cambiati. Il Vangelo oggi ce lo mostra. Gesù intuisce che l’uomo che ha di fronte è buono e religioso e pratica i comandamenti, ma vuole condurlo oltre la semplice osservanza dei precetti. Nel dialogo, lo aiuta a discernere. Gli propone di guardarsi dentro, alla luce dell’amore con cui Egli stesso, fissandolo, lo ama (cfr v. 21), e di discernere in questa luce a che cosa il suo cuore è davvero attaccato. Per poi scoprire che il suo bene non è aggiungere altri atti religiosi, ma, al contrario, svuotarsi di sé: vendere ciò che occupa il suo cuore per fare spazio a Dio.

È una preziosa indicazione anche per noi. Il Sinodo è un cammino di discernimento spirituale, di discernimento ecclesiale, che si fa nell’adorazione, nella preghiera, a contatto con la Parola di Dio. E la seconda Lettura proprio oggi ci dice che la Parola di Dio «è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12). La Parola ci apre al discernimento e lo illumina. Essa orienta il Sinodo perché non sia una “convention” ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, perché non sia un parlamento, ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito. In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali ripetitivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci.

Cari fratelli e sorelle, buon cammino insieme! Che possiamo essere pellegrini innamorati del Vangelo, aperti alle sorprese dello Spirito Santo. Non perdiamo le occasioni di grazia dell’incontro, dell’ascolto reciproco, del discernimento. Con la gioia di sapere che, mentre cerchiamo il Signore, è Lui per primo a venirci incontro con il suo amore.

Copyright © Dicastero per la Comunicazione – Libreria Editrice Vaticana

 


 

Le tappe del Cammino sinodale delle Chiese in Italia

calendario

8 Ottobre 2021

Il Cammino sinodale si articolerà in tre fasi. La prima è quella narrativa che si svilupperà nell’arco di un biennio dedicato all’ascolto (2021-2023): nel primo anno si raccoglieranno i racconti, i desideri, le sofferenze e le risorse di tutti coloro che vorranno intervenire, sulla base delle domande preparate dal Sinodo dei Vescovi; nell’anno seguente ci si concentrerà invece su alcune priorità pastorali.

Seguirà una fase sapienziale (2023-24), nella quale l’intero Popolo di Dio, con il supporto dei teologi e dei pastori, leggerà in profondità quanto sarà emerso nelle consultazioni capillari.

Nella fase profetica, che culminerà in un momento assembleare nel 2025 (ancora da definire) si assumeranno alcuni orientamenti profetici e coraggiosi, da riconsegnare alle Chiese nella seconda metà del decennio.

Tutti gli eventi in programma – dalla Settimana Sociale di Taranto al Congresso Eucaristico di Matera – sono parte integrante del Cammino sinodale, in quanto espressione di una Chiesa che si mette in ascolto, che dialoga e che trae dall’Eucaristia il proprio paradigma sinodale.

 

Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà

personebuonavolonta

8 Ottobre 2021

Carissima, carissimo,
tu che desideri una vita autentica, tu che sei assetato di bellezza e di giustizia, tu che non ti accontenti di facili risposte, tu che accompagni con stupore e trepidazione la crescita dei figli e dei nipoti, tu che conosci il buio della solitudine e del dolore, l’inquietudine del dubbio e la fragilità della debolezza, tu che ringrazi per il dono dell’amicizia, tu che sei giovanee cerchi fiducia e amore, tu che custodisci storie e tradizioni antiche, tu che non hai smesso di sperare e anche tu a cui il presente sembra aver rubato la speranza, tu che hai incontrato il Signore della vita o che ancora sei in ricerca o nel dubbio…desideriamo incontrarti!
Desideriamo camminare insieme a te nel mattino delle attese, nella luce del giorno e anche quando le ombre si allungano e i contorni si fanno più incerti. Davanti a ciascunoci sono soglie che si possono varcare solo insieme perché le nostre vite sono legate e la promessa di Dio è per tutti, nessuno escluso.
Ci incamminiamo seguendo il passo di Gesù, il Pellegrino che confessiamo davanti al mondo come il Figlio di Dio e il nostro Signore; Egli si fa compagno di viaggio, presenza discreta ma fedele e sincera, capace di quel silenzio accogliente che sostiene senza giudicare, e soprattutto che nasce dall’ascolto. “Ascolta!” è l’imperativo biblico da imparare:ascolto della Parola di Dio e ascolto dei segni dei tempi, ascolto del grido della terra e di quello dei poveri, ascolto del cuore di ogni donna e di ogni uomo a qualsiasi generazione appartengano. C’è un tesoro nascosto in ogni persona, che va contemplato nella sua bellezza e custodito nella sua fragilità.
Il Cammino sinodale è un processo che si distenderà fino al Giubileo del 2025 perriscoprire il senso dell’essere comunità, il calore di una casa accogliente e l’arte della cura. Sogniamo una Chiesa aperta, in dialogo. Non più “di tutti” ma sempre “per tutti”.
Abbiamo forse bisogno oggi di rallentare il passo, di mettere da parte l’ansia per le cose da fare, rendendoci più prossimi. Siamo custodi, infatti, gli uni degli altri e vogliamo andare oltre le logiche accomodanti del si è sempre fatto così, seguendo il pressante appello di Papa Francesco che, fin dall’esordio del suo servizio, invita a “camminare, costruire, confessare”.
La crisi sanitaria ha rivelato che le vicende di ciascuno si intrecciano con quelle degli altri e si sviluppano insieme ad esse. Anzi, ha drammaticamente svelato che senza l’ascolto reciproco e un cammino comune si finisce in una nuova torre di Babele. Quando, per contro, la fraternità prende il sopravvento sull’egoismo individuale, dimostra che non si tratta più di un’utopia. Ma di un modo di stare al mondo che diventa criterio politico per affrontare le grandi sfide del momento presente.

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Questo è il senso del nostro Cammino sinodale: ascoltare e condividere per portare a tutti la gioia del Vangelo.
È il modo in cui i talenti di ciascuno, ma anche le fragilità, vengono a comporre un nuovo quadro in cui tutti hanno un volto inconfondibile.
Una nuova società e una Chiesa rinnovata. Una Chiesa rinnovata per una nuova società.
Ci stai?
Allora camminiamo insieme con entusiasmo. Il futuro va innanzitutto sognato, desiderato, atteso. Ascoltiamoci per intessere relazioni e generare fiducia. Ascoltiamoci per riscoprire le nostre possibilità; ascoltiamoci a partire dalle nostre storie, imparando a stimare talenti e carismi diversi. Certi che lo scambio di doni genera vita.Donare è generare. Grazie del tuo contributo. Buon cammino!

Roma, 29 settembre 2021
Festa dei santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli

IL CONSIGLIO PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

 

Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e consacrati e a tutti gli operatori pastorali

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8 Ottobre 2021

Il cammino sinodale delle Chiese in Italia ha preso avvio con l’Assemblea Generale della CEI nel maggio scorso. Papa Francesco, a partire dal Discorso al Convegno nazionale di Firenze del 10 novembre 2015, ha indicato all’Italia lo stile sinodale come metodo per vivere un’esperienza ecclesiale umile e disinteressata, nella logica delle Beatitudini.

Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. E questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme in un esempio di sinodalità. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal “potere”, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente. Una Chiesa che presenta questi tre tratti – umiltà, disinteresse, beatitudine – è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente.

Ha poi ribadito la necessità di un percorso sinodale nel Discorso di apertura della 73ª Assemblea Generale della CEI del 20 maggio 2019 e, più recentemente, nel Discorso all’Ufficio Catechistico Nazionale del 30 gennaio 2021 e nel Discorso al Consiglio Nazionale dell’Azione Cattolica italiana del 30 aprile 2021, offrendo spunti e traiettorie precisi. Incontrando infine i fedeli della Diocesi di Roma, il 18 settembre 2021, Papa Francesco ha dedicato al Sinodo una riflessione articolata, nella quale tra l’altro ha affermato:

Il tema della sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri. No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione. E quindi parliamo di Chiesa sinodale, evitando, però, di considerare che sia un titolo tra altri, un modo di pensarla che preveda alternative. Non lo dico sulla base di un’opinione teologica, neanche come un pensiero personale, ma seguendo quello che possiamo considerare il primo e il più importante “manuale” di ecclesiologia, che è il libro degli Atti degli Apostoli.

Nel frattempo il Papa ha convocato la Chiesa universale ad un Sinodo che metterà al centro proprio la sinodalità, partendo dalla consultazione dell’intero Popolo di Dio. Il cammino sinodale italiano si inserirà, in questo primo anno 2021-22, nel percorso tracciato dal Sinodo universale, facendo suoi i testi elaborati dalla Segreteria Generale: il Documento Preparatorio e il Vademecum metodologico.

Un cammino ecclesiale già avviato

Nell’intraprendere questo cammino, la Chiesa di Dio che è in Italia non parte da zero, ma raccoglie e rilancia la ricchezza degli orientamenti pastorali decennali della CEI, elaborati fin dagli anni ’70 del secolo scorso, i quali, in un fecondo intreccio con il magistero dei Pontefici, da Paolo VI a Francesco, costituiscono una mappa articolata e sempre valida per la vita delle nostre comunità. Nel suo documento programmatico EvangeliiGaudium, Papa Francesco ha rilanciato con parole nuove e vigorose la dimensione missionaria dell’esperienza cristiana, disegnando piste coraggiose per l’intera Chiesa, provocandola a mettersi più decisamente in cammino insieme alle donne e agli uomini del nostro tempo; quel documento, dispiegatosi poi sempre più chiaramente nei gesti, nelle scelte e negli insegnamenti del Papa, costituisce un’eccezionale spinta a dare carne e sangue all’ispirato inizio della Costituzione conciliare Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo:
Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.
In queste righe è racchiuso il significato del cammino sinodale, perché vi è concentrata la natura della Chiesa: non una comunità che affianca il mondo o lo sorvola, ma donne e uomini che abitano la storia, guardando nella fede a Gesù come il salvatore di tutti (cf. Lumen Gentium 9) e pellegrinando insieme agli altri con la guida dello Spirito, verso la meta comune che è il regno del Padre. La Chiesa è stata concepita in movimento, nel viaggio di Abramo da Ur dei Caldei (cfr. Gen 11,31) e nelle chiamate di Gesù ai discepoli sul lago e sulle strade (cfr. Mt 4,18-23); la Chiesa è popolo pellegrino, che non percorre sentieri privilegiati e corsie preferenziali, ma vie comuni a tutti; la Chiesa non è fatta per stabilirsi, ma per camminare. La Chiesa è Sinodo (syn-odòs), cammino-con: con Dio, con Gesù, con l’umanità.

In ascolto dello Spirito, che in ogni epoca parla alle Chiese

Le Chiese di Dio in Italia avvertono oggi il cammino sinodale come una grazia speciale. Il processo della secolarizzazione, sul quale tanto si è riflettuto e dibattuto, porta anche noi a prestare orecchio, senza più illusioni, alle parole pronunciate dal Santo Padre nel Discorso alla Curia romana del 21 dicembre 2019: dopo avere ribadito quanto già disse a Firenze nel 2015, che cioè la nostra “non è semplicemente un’epoca di cambiamenti ma è un cambiamento d’epoca”, ha aggiunto:
Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più!Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata.
Anziché farne motivo di depressione pastorale o lamentazione nostalgica, è necessario prenderne atto e cercare dentro a questa situazione “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2,7.11.17.29; 3,6.13.22). Non è questione puramente funzionale, ma è questione di fede: crediamo o no che il Signore Gesù è risorto e vivo e che il suo Spirito continua ad operare nella storia? Ci sentiamo detentori della grazia e vogliamo misurarla con i nostri parametri fatti di risultati, conteggi, successi e riscontri, o ci sentiamo visitati dalla grazia e vogliamo accoglierla con i criteri di Dio, che sceglie l’umiliazione della carne e la logica pasquale? Questo è il punto decisivo, che non favorisce affatto la rinuncia a pensare e operare, ma colloca le iniziative e i progetti là dove devono stare, cioè al livello della risposta. Troppe volte dimentichiamo nelle nostre comunità che il cuore del servizio è l’ascolto(cf. Lc 10,38-42) e ci sentiamo i protagonisti della pastorale, chiamando poi il Signore a collaborare con noi, quasi dovessimo semplicemente escogitare dei metodi e delle tecniche per evangelizzare gli altri e non, prima di tutto, lasciarci plasmare dal Vangelo e convertire noi stessi.

L’ascolto non è una semplice tecnica per rendere più efficace l’annuncio; l’ascolto è esso stesso annuncio, perché trasmette all’altro un messaggio balsamico: “tu per me sei importante, meriti il mio tempo e la mia attenzione, sei portatore di esperienze e idee che mi provocano e mi aiutano a crescere”. Ascolto della parola di Dio e ascolto dei fratelli e delle sorelle vanno di pari passo. L’ascolto degli ultimi, poi, è nella Chiesa particolarmente prezioso, poiché ripropone lo stile di Gesù, che prestava ascolto ai piccoli, agli ammalati, alle donne, ai peccatori, ai poveri, agli esclusi. L’esperienza sinodale non potrà rinunciare al privilegio dell’ascolto degli ultimi, spesso privi di voce in un contesto sociale nel quale prevale chi è potente e ricco, chi si impone e si fa largo. Oggi appare particolarmente urgente, nel nostro contesto ecclesiale, ascoltare le donne, i giovani e i poveri, che non sempre nelle nostre comunità cristiane hanno la possibilità di offrire i loro pareri e le loro esperienze.

I gemiti dello Spirito

Lo Spirito, dunque, parla ancora oggi alle Chiese in Italia. Il suo tono non è mai urlato – dov’è l’arroganza non è lo Spirito – ma sussurrato; San Paolo gli attribuisce addirittura il linguaggio dei “gemiti inesprimibili” (Rom 8,26). Perché lo Spirito si esprime in questo modo così sofferto? Perché è il veicolo dell’amore di Dio (cf. Rom 5,5), e l’amore assume il linguaggio dell’amato; infatti: “anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (Rom 8,23). Se l’umanità geme, geme anche lo Spirito. Ma c’è di più: “tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi” (Rom 8,22). Lo Spirito interpreta “il grido della terra e il grido dei poveri” (cf. Laudatosi’ 49), che assumono toni particolarmente inquietanti, anche nel nostro Paese, nelle questioni migratoria ed ecologica, al centro dell’insegnamento di Papa Francesco.

Il gemito è il linguaggio del parto: esprime un dolore intenso, aperto però al nuovo; una grande sofferenza che apre alla vita. Gesù stesso aveva richiamato l’immagine del parto e dei gemiti per anticipare ai discepoli l’esperienza pasquale: dopo avere loro promesso lo “Spirito della verità”, aggiunse: “voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16,20-22).

Le nostre Chiese in Italia sono coinvolte nel cambiamento epocale; allora non bastano alcuni ritocchi marginali per mettersi in ascolto di ciò che, gemendo, lo Spirito dice alle Chiese. Siamo dentro le doglie del parto. È tempo di sottoporre con decisione al discernimento comunitario l’assetto della nostra pastorale, lasciando da parte le tentazioni conservative e restauratrici e, nello spirito della viva tradizione ecclesiale – tutt’altra cosa dagli allestimenti museali – affrontare con decisione il tema della “riforma”, cioè del recupero di una “forma” più evangelica; se la riforma è compito continuo della Chiesa (“semperpurificanda”: Lumen Gentium 8), diventa compito strutturale, comeinsegna la storia, ad ogni mutamento d’epoca:

La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità (EvangeliiGaudium 33).

Il discernimento comunitario dunque riguarda le decisioni da prendere non solo nei confronti della società e del mondo, ma anche, contemporaneamente, nei confronti della vita stessa della comunità. Il Papa esorta ad un ripensamento a tutto tondo, attraverso una logica che non può che essere quella pasquale: occorre il coraggio di sottoporre alla verifica delle Beatitudini obiettivi, strutture, stile e metodi, perché la parola di Dio possa correre più libera, senza inutili zavorre. Oltre che domandarsi “perché?”, la logica pasquale si chiede “per chi?”, esaminando finalità e strumenti con i criteri spirituali della “salvezza” più che con quelli mondani dell’“efficienza”; allora le persone ferite, povere, allontanate, sprovvedute e umiliate dalla vita – i protagonisti delle Beatitudini – diventano i punti di riferimento della riforma delle nostre comunità.

Il grande gemito della pandemia

Dall’inizio del 2020 si leva nel mondo un gemito universale, causato dalla pandemia. È gemito dell’intera creazione e dell’intera umanità ed è, dunque, anche gemito dello Spirito. Il cammino sinodale, che prende avvio quando la crisi sanitaria è ancora in corso e le sue conseguenze sociali ed economiche fanno registrare disagi enormi, è occasione preziosa per mettersi in ascolto di questo gemito, al quale anche la Chiesa dà voce. Che cosa dunque “lo Spirito dice alle Chiese” attraverso questa grande sofferenza? È sempre il linguaggio del parto, il linguaggio pasquale di morte e risurrezione insieme, quello che parla lo Spirito: osserva infatti Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti, che la pandemia da una parte, accentuando i disagi e le sofferenze, suscita appelli e domande esistenziali; e dall’altra, svelando tanti gesti buoni normalmente nascosti, suscita il desiderio di donarsi e fare comunità:

Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza (33).

La recente pandemia ci ha permesso di recuperare e apprezzare tanti compagni e compagne di viaggio che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. Siamo stati capaci di riconoscere che le nostre vite sono intrecciate e sostenute da persone ordinarie che, senza dubbio, hanno scritto gli avvenimenti decisivi della nostra storia condivisa: medici, infermieri e infermiere, farmacisti, addetti ai supermercati, personale delle pulizie, badanti, trasportatori, uomini e donne che lavorano per fornire servizi essenziali e sicurezza, volontari, sacerdoti, religiose,…hanno capito che nessuno si salva da solo (54).

Che la pandemia possa diventare culla e non sia solo sepolcro, che possa trasformarsi in un’esperienza di rigenerazione, di vita nuova attraverso le doglie del parto, dipende anche dalla nostra disponibilità ad ascoltare i gemiti dello Spirito. Questa esperienza dolorosa, che ha prodotto innumerevoli lutti e sofferenze e ci ha costretti a domandarci che cosa sia davvero essenziale nella vita, compresa la vita di fede, rende ancora più urgente un cammino sinodale che prenda avvio da un ascolto, paziente e capillare, di tutte le componenti del “Popolo santo e fedele di Dio”.

Il “senso della fede” e il linguaggio narrativo

Il biennio iniziale (2021-2023) sarà quindi completamente dedicato alla consultazione di tutti coloro che vorranno partecipare: alle celebrazioni, alla preghiera, ai dialoghi, ai confronti, agli scambi di esperienze e ai dibattiti. Più che attendersi ricette efficaci o miracoli dal documento sinodale finale, che pure si auspica concreto e coraggioso, siamo certi che sarà questo stesso percorso di ascolto del Signore e dei fratelli a farci sperimentare la bellezza dell’incontro e del cammino, la bellezza della Chiesa.

Sarà un evento nel quale le nostre comunità cercheranno di porsi “in uscita”, favorendo la formazione di gruppi sinodali non solo nelle strutture ecclesiali e negli organismi di partecipazione (consigli presbiterali e pastorali), ma anche nelle case, negli ambienti di ritrovo, lavoro, formazione, cura, assistenza, recupero, cultura e comunicazione. Gli operatori pastorali, coordinati dai presbiteri e diaconi, con i supporti che provengono dalle diocesi, dalle circoscrizioni regionali e dalla CEI, sono invitati a porsi al servizio di questa grande opera di raccolta delle narrazioni delle persone: di tutte le persone, perché in ciascuno opera in qualche misura lo Spirito; anche in coloro che noi riterremmo lontani e distratti, indifferenti e persino ostili.

La vicenda della pandemia ha condensato nel cuore di tutti – specialmente delle persone colpite e di quelle impegnate in prima linea – tante emozioni negative e positive, domande di senso, ferite affettive e relazionali, esperienze dei doni offerti e ricevuti. Chi dovrebbe porsi in ascolto profondo, se non la Chiesa, che ha oltretutto un nome da dare a questa ricchezza: “frutto dello Spirito”?… San Paolo scrive infatti che “il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22). Dovunque maturi questo frutto, al di là delle distinzioni religiose, culturali e sociali, è all’opera lo Spirito. Gli strumenti sociologici sono certamente utili a definire percentuali, quantità e tendenze; ma sono gli strumenti spirituali a rilevare il “frutto dello Spirito”, che si manifesta nei credenti anche sotto forma di “senso della fede”:

Il Popolo di Dio è santo in ragione di questa unzione che lo rende infallibile “in credendo”. Questo significa che quando crede non si sbaglia, anche se non trova parole per esprimere la sua fede. Lo Spirito lo guida nella verità e lo conduce alla salvezza. Come parte del suo mistero d’amore verso l’umanità, Dio dota la totalità dei fedeli di un istinto della fede – il sensusfidei – che li aiuta a discernere ciò che viene realmente da Dio. La presenza dello Spirito concede ai cristiani una certa connaturalità con le realtà divine e una saggezza che permette loro di coglierle intuitivamente, benché non dispongano degli strumenti adeguati per esprimerle con precisione (EvangeliiGaudium 119).

La dimensione del racconto è per sua natura alla portata di tutti, anche di coloro che non si sentono a loro agio con i concetti teologici: ed è per questo che sarà privilegiata nel biennio che si apre. Nel primo anno (2021-22) vivremo un confronto a tutto campo sulla Chiesa, percorrendo le tracce proposte dal Sinodo dei Vescovi; nel secondo anno (2022-23), come già chiese il Papa a Firenze, ci concentreremo sulle priorità pastorale che saranno emerse dalla consultazione generale come quelle più urgenti per le Chiese in Italia. Prima ancora dei documenti, sarà questa stessa esperienza di “cammino” a farci crescere nella “sinodalità”, a farci vivere cioè una forma più bella e autentica di Chiesa.

Una lettura sapienziale in vista di scelte profetiche

Ci sarà tempo, in una fase successiva (“sapienziale”), per ritornare sulle narrazioni ed esperienze raccolte, riflettervi insieme anche con l’aiuto degli esperti, e giungere nel 2025 ad alcune decisioni finali, che dovranno avere il coraggio della “profezia”: consegneremo poi al Santo Padre, a cui è affidato il compito del discernimento finale, i nostri sogni e i nostri impegni. Nella seconda metà del decennio è prevista la restituzione degli orientamenti sinodali alle nostre Chiese, dalle quali provengono, per una approfondita recezione, che dovrà essere ugualmente capillare e richiederà dei momenti di verifica.

Vivremo così un decennio (2021-30) che vorrebbe essere interamente sinodale. Per questo i Vescovi italiani, su impulso di Papa Francesco, hanno deciso, anziché redigere gli orientamenti pastorali da studiare e tradurre in pratica nelle comunità cristiane, di affidarne la costruzione all’intero popolo di Dio (del quale fa parte anche il magistero), mantenendo al centro del decennio – in corrispondenza del probabile Giubileo del 2025 – la convocazione nazionale, nella modalità che si chiarirà strada facendo.

Non sappiamo dove ci condurrà questo cammino sinodale: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8). Sappiamo però quanto ci basta per partire: se ci lasceremo condurre umilmente dal Signore risorto, a poco a poco rinunceremo alle nostre singole vedute e rivendicazioni e convergeremo verso “ciò che lo Spirito dice alle Chiese”.

Roma, 29 settembre 2021
Festa dei Santi Michele, Gabriele e Raffaele Arcangeli

Vademecum per il Sinodo sulla sinodalità

7 Settembre 2021

Questo Vademecum è stato concepito come un manuale che accompagna il Documento Preparatorio al servizio del cammino sinodale. I due documenti sono complementari e dovrebbero essere letti parallelamente. In particolare, il Vademecum offre un sostegno pratico ai referenti diocesani (o all’équipe) designati dal vescovo locale per preparare e riunire il Popolo di Dio affinché possa dare voce alla propria esperienza nella sua Chiesa locale. Questo invito a livello mondiale a tutti i fedeli costituisce la prima fase della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il cui tema è “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”.

 

 

Lettera della Presidenza CEI sul cammino sinodale nazionale

vescovi

7 settembre 2021

La 74ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana ha avviato il cammino sinodale delle Chiese in Italia. Nella sessione straordinaria del Consiglio Episcopale Permanente, svolta in videoconferenza il 9 luglio 2021, è stato tracciato, alla luce della Carta d’intenti presentata in Assemblea, un primo disegno del cammino, individuando un percorso quadriennale scandito da tre fasi correlate: narrativa, sapienziale e profetica. Intanto, la Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi ha diffuso il 7 settembre il Documento preparatorio e il Vademecum per orientare la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo.
La Presidenza della CEI, recependo i due documenti, ha inviato una lettera ai Vescovi italiani per aggiornare su quanto fatto finora – percorso ancora in evoluzione – in attesa della sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente (27-29 settembre 2021) e dell’Assemblea Generale Straordinaria della CEI (22-25 novembre 2021). Pubblichiamo di seguito il testo integrale della lettera della Presidenza CEI. 

 

Cari Confratelli,

l’epoca che attraversiamo è colma di dolore e di grazia. La crisi sanitaria ha svelato innumerevoli sofferenze ma anche enormi risorse. Le nostre comunità devono fare i conti con isolamento, disgregazione, emarginazioni e tensioni; la creatività che hanno espresso, ora messa alla prova dal perdurare della pandemia, racchiude un desiderio di relazioni profonde e rigeneranti. Proprio in questo contesto, papa Francesco ci ha invitato ad avviare un cammino sinodale nazionale. Nel metodo da lui suggerito – l’ascolto del “popolo santo e fedele di Dio” – siamo tutti coinvolti, a partire da noi vescovi, con la preziosa collaborazione dei presbiteri, dei diaconi e degli operatori pastorali.

L’Assemblea Generale del maggio scorso ha così avviato il cammino sinodale delle Chiese in Italia. A luglio il Consiglio Permanente, alla luce della Carta d’intenti presentata in Assemblea, ha tracciato un primo disegno di tale cammino, individuando un percorso quadriennale scandito da tre fasi correlate: narrativa, sapienziale e profetica.

 

narrativa

La prima fase – narrativa – è costituita da un biennio in cui verrà dato spazio all’ascolto e al racconto della vita delle persone, delle comunità e dei territori. Nel primo anno (2021-22) faremo nostre le proposte della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per la XVI Assemblea Generale Ordinaria; nel secondo anno (2022-23) la consultazione del Popolo di Dio si concentrerà su alcune priorità che saranno individuate dall’Assemblea Generale della CEI del maggio 2022.

 

 

sapienziale 2

La seconda fase – sapienziale – è rappresentata da un anno (2023-24) in cui le comunità, insieme ai loro pastori, s’impegneranno in una lettura spirituale delle narrazioni emerse nel biennio precedente, cercando di discernere “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” attraverso il senso di fede del Popolo di Dio. In questo esercizio saranno coinvolte le Commissioni Episcopali e gli Uffici pastorali della CEI, le Istituzioni teologiche e culturali.

 

 

profetica 3

La terza fase – profetica – culminerà, nel 2025, in un evento assembleare nazionale da definire insieme strada facendo. In questo con-venire verranno assunte alcune scelte evangeliche, che le nostre Chiese saranno chiamate a riconsegnare al popolo di Dio, incarnandole nella vita delle comunità nella seconda parte del decennio (2025-30).

 

 

 

Il cammino sinodale non parte da zero, ma s’innesta nelle scelte pastorali degli ultimi decenni e, in particolare, nei Convegni Ecclesiali di Verona e Firenze. Proprio qui, papa Francesco ci esortò ad «avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium». Quel discorso del Santo Padre, insieme all’Esortazione apostolica, scandiranno la traiettoria del percorso.

Facciamo nostro il metodo di consultazione capillare proposto dal Sinodo dei Vescovi, che prevede il coinvolgimento di parrocchie, operatori pastorali, associazioni e movimenti laicali, scuole e università, congregazioni religiose, gruppi di prossimità e di volontariato, ambienti di lavoro, luoghi di assistenza e di cura… Per questo è fondamentale costituire gruppi sinodali diffusi sul territorio: non solo nelle strutture parrocchiali, ma anche nelle case e dovunque sia possibile incontrare e ascoltare persone. Questo metodo richiede la presenza di un moderatore e di un segretario per ogni gruppo. Nella prossima sessione autunnale (27-29 settembre 2021), il Consiglio Episcopale Permanente nominerà un Comitato con il compito di promuovere, sostenere e accompagnare il cammino.

Le Chiese locali che stanno vivendo il Sinodo o il cammino sinodale, o lo hanno concluso da poco, non dovranno preoccuparsi di duplicare o sovrapporre itinerari e proposte, ma saranno aiutate ad armonizzare i loro cammini con quello nazionale e a condividere le esperienze vissute.

All’inizio di ottobre saranno consegnate le prima linee per il cammino sinodale e alcuni suggerimenti metodologici. Nel frattempo, con l’uscita odierna dei documenti preparati dal Sinodo dei Vescovi, i convegni e gli incontri previsti in ogni Diocesi nel mese di settembre possono essere occasione per trattare della sinodalità quale forma e stile della Chiesa.

Gesù Buon Pastore conosce i nostri cuori, i nostri desideri e le nostre speranze, come anche i nostri fallimenti e le nostre delusioni. A lui guardiamo e da lui lasciamoci guidare.

LA PRESIDENZA CEI


 

74ª Assemblea Generale della CEI
(Roma, 24-27 maggio 2021)

 Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita
Per avviare un “cammino sinodale"

Comunicato finale

 

 

 

 


 

 

 

 


 

Il logo

CEI LOGO SINODO POS VERT

Il logo intende combinare le forme e i contenuti del Cammino sinodale, nella più ampia preparazione del Sinodo dei Vescovi (2021-2023), e le sue fasi nelle Chiese d’Italia (2021-2025), individuate dai Vescovi come narrativa, sapienziale e profetica.

La circolarità esprime la natura comunionale della Chiesa, non chiusa in se stessa, ma aperta verso l’alto e verso il basso all’accoglienza del dono divino dello Spirito del Risorto che la sospinge verso il mondo.

I volti, con le diverse cromie, esprimono il Popolo di Dio ricco di volti, di cuori, di storie, e la Chiesa che, nella diversità e nella comunione delle membra, è chiamata a manifestare l’espansione dell’unico Corpo di Cristo nell’umanità.

L’ascolto, che accomuna e unisce i volti, è richiamato dal tratto semicircolare, che allude a un orecchio nella forma grafica ed essenziale. L’ascolto è anche la caratteristica principale e l’impegno della fase narrativa con la quale si apre il Cammino sinodale delle Chiese in Italia.

La Croce di Cristo con le linee essenziali del suo tratto da una parte apre alla circolarità della comunione ecclesiale, dall’altro diventa un tutt’uno con le pagine del Vangelo, svelando così la fonte e il fine del cammino. Alla Croce i discepoli guardano per imparare la loro identità, con il Vangelo confrontano quanto emerso dall’ascolto e dalla lettura delle realtà per imparare ad essere missionari nel mondo. È la fase sapienziale del Cammino sinodale.

Le fiammelle che volteggiano al vento evocano in modo eloquente lo Spirito Santo nei segni della Pentecoste: venendo dall’alto e dall’esterno della circolarità ne svelano l’origine e la necessità di restare aperta all’inedito del Padre; scaturendo dalla Croce richiamano il mistero pasquale dal quale nasce la Chiesa; posandosi sulla Parola evocano la sua azione vivificante per la vita della Comunità cristiana e la sua missione nel mondo. Sarà lo Spirito a orientare l’intero Cammino e a condurlo alla sua fase profetica.

 

Link Utili:

Sito Sinodo Santa Sede: https://www.synod.va/en.html

Sito Sinodo Conferenza Episcopale Italiana https://camminosinodale.chiesacattolica.it/ 

Ecclesiasticamente, il territorio di Padergnone appartenne prima alla Pieve di Gussago e, fino al 1969, alla Parrocchia di Rodengo.

Le prime informazioni storiche documentate sulla vita ecclesiale di Padergnone, risalgono al 1432 quando, come dimostra un’ iscrizione che ancora oggi troviamo trascritta all’interno della porta, a seguito di un’ epidemia di peste, per un ex voto, dalla vicinia viene eretta una cappella (“santellone”) dedicata a  SAN ROCCO.  
La santella era coperta, ma aperta sui lati.  È la stessa cappella che verrà in diverse fasi ampliata e diventerà l’attuale Chiesa parrocchiale.
Da un’altra iscrizione latina del 1507, che oggi possiamo trovare intorno a una croce sostenuta dallo stemma della famiglia Masperoni, su una lapide posta
sul muro di una casa all’incrocio della strada che porta a Ronco, abbiamo
notizia di un’altra epidemia di peste.
Dunque, già nel 1500, gli abitanti del piccolo borgo si riunivano nella cappella di San Rocco per le pratiche religiose.

Nel 1567, Monsignor Bollani vescovo della diocesi,  decretava che la cappella si chiudesse almeno con dei cancelli di legno o ferro e che nel frattempo non vi si celebrasse nessun rito religioso.

Forse proprio a seguito di questo decreto, gli abitanti decisero di rifabbricarla,  ma non riuscirono a completare i lavori per la Visita Pastorale del 1581 di San Carlo Borromeo che, nel decreto da lui emanato in quell’occasione, diceva: “ “Nella chiesa di San Rocco in Padergnone, non ancora finita, si tolga l’altare irriverentemente costrutto”.

Da altri documenti storici, si ha notizia che nel 1569, la cappellania di San Rocco aveva in dotazione una casa e quattro pezzi di terra e che nel 1691 il nobile Francesco Torre dotava la chiesa di un’altra cappellania per una seconda messa festiva.

E’ circa nel 1730 che gli abitanti di Padergnone cominciano a reclamare una autonomia  ecclesiale: lo si desume da alcuni documenti che parlano di una vertenza sorta con il monastero di Rodengo e più tardi, tra la fabbriceria e lo stato italiano.

Nel 1770 viene eretto il campanile.

Nel 1828, alla chiesa viene accordata apposita fabbriceria distinta da quella di Rodengo, considerato anche il fatto che gli abitanti erano ormai più di 400.

Nel 1842,  Andrea  Piardi di Gussago dona alla chiesa una casa con broletto, ma data l’esiguità della rendita e l’incameramento dei beni, non è stato possibile farvi risiedere un religioso.

In vista delle esigenze della popolazione, nel 1858, alla chiesa viene concessa la conservazione degli oli sacri; l’anno successivo viene accordato il permesso di confessare le donne e, due anni più tardi, direttamente dalla Santa Sede, arriva l’autorizzazione a  conservarvi  l’Eucarestia.

Particolarmente benemerita fu la cappellania di Don Camillo Presti.
Nativo di Padergnone, ordinato sacerdote nel 1849, vi si fermò come secondo cappellano di Don Carlo Bonini, succedendogli alla sua morte come cappellano curato.
Al suo zelo si devono la pala dell’altare maggiore, opera di Angelo Inganni e raffigurante San Rocco (1853),  la casetta per il sagrestano (1859), l’organo, costruito dal Tonoli (Brescia 1868),  la costruzione delle due cappelle della Madonna e di San Giuseppe, coi relativi altari, con la statua dell’Immacolata e la pala di San Giuseppe di G.B. Guadagnini,  il raddoppio del presbiterio, l’abside, il coro e la sacrestia  e il nuovo altare (1808),  il pavimento della chiesa, (ancora oggi in buono stato di conservazione) (1899),  l’orologio meccanico collocato sul campanile dalla ditta Frassoni (Rovato 1903), e, infine, la casa canonica (1906).
Padergnone si arricchisce inoltre di un  ampio terreno denominato piazza, donato dalla nob. Silvia Fenaroli ved. Averoldi, morta il 13 ottobre 1887.

A Don Presti, morto nel 1909, successe Don Andrea Romano, sacerdote di grande pietà e dottrina, espertissimo in questioni giuridiche.  Al suo zelo di deve la Schola Cantorum e la decorazione, ad opera del pittore Trainini Giuseppe delle cappelle laterali.
L’ostilità del regime fascista lo costrinse a lasciare Padergnone dopo 19 anni, cedendo il posto, nel 1928, a Don Giuseppe Gatti che, nei nove anni di apostolato portò a compimento la decorazione della chiesa.

Passato a Timoline nel 1937, gli successe don Ernesto Bozzoni che realizzò nel 1942 il teatrino, nel 1960 il campo sportivo, nel 1967 la scuola materna e dotò il campanile di un nuovo concerto di campane (1958).
Sua preoccupazione fu il potenziamento della catechesi, la costituzione nel 1950 del “Gruppo delle madri e dei padri cristiani” e, nel 1955 dell’Azione Cattolica. 
Si deve inoltre a lui l’istituzione del circolo Anspi.
Grazie alla sua intensa attività e all’organizzazione ecclesiale, in vista di un aumento della popolazione, con decreto del 14 maggio 1969, Padergnone veniva eretta a Parrocchia.

E’ toccato a Don Eugenio Panelli, successo a Don Bozzoni nel 1986, affrontare il problema dell’aumento della popolazione, passata da 445 abitanti del 1969 a 1356 del 1993. 
Dopo aver ristrutturato la canonica, affrontò opere grandiose quali il complesso delle aule per la formazione e la catechesi denominato “Centro formativo San Rocco” e il nuovo oratorio, inaugurato il 14 giugno 1992, con annessi  un salone teatro, un moderno bocciodromo affidato all’associazione “Tris sport e tempo libero”, campi di calcio e pallavolo.
Il 26 giugno 1994 veniva poi posta la prima pietra della nuova chiesa parrocchiale dedicata al “Nome di Maria”, il cui progetto è del francescano padre Costantino Ruggeri di Adro.
Dal 1993 funzione la radio parrocchiale “Radio Punto.”

A Don Panelli successe, nel 1998 Don Giampietro Forbice che continua nell’organizzazione delle diverse iniziative pastorali di formazione, catechesi e aggregazione e che ha rivisto il progetto della nuova chiesa, affidandolo all’Architetto Fabrizio Viola e dedicandola a “Cristo Risorto”.

 xsa
Cappellani 
 
  • Carlo Zappa

(1683-1703)

  • G.B. Bonicontri

(1703 –1735)

  • Pietro Zerla

(1735-1765)

  • Girolamo Finazzi

(1765-1794)

  • Antonio Abbiadici

(1794-1803)

  • Carlo Bovini

(1843-1860)

  • Camillo Presti

(1860-1909)

  • Andrea Romano

(1909-1928)

  • Giuseppe Gatti  

(1928-1937)

  • Ernesto Bozzoni

(1937-1969 poi parr.)

 
Parroci
  • Ernesto Bozzoni di Gambara

(1969-1986)

  • Eugenio Panelli di Ponte Caffaro

(1986-1998)

  • Giampietro Forbice di Pompiano

(1998- 2011)

  • Lazzari Duilio di Collio

(2011-2021)

  • Ghilardi Flvio - Parroco di Saiano e Padergnone

2021

   

Forbice don G. Pietro
 
 
tel. 030 610359
fax 030 6812295 
cell. 333 8574296
nato a Pompiano il 07.01.1955; ordinazione sacerdotale il 13.06.1981; della parrocchia di Pompiano.
Vicario cooperatore (Curato) Palazzolo S. Paolo in S. Rocco (1981 - 1988)
Vicario parrocchiale (Curato) Gambara (1988 - 1998)
Parroco Padergnone (1998 - 2011)
Parroco Roè Volciano dal 2011 al ......
 

 

Lazzari Don Duilio

 LazzaridonDuilio

 Telefono: 030 610359 -  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

VIA GUSSAGO, 2 - 25050  PADERGNONE BS
nato a Collio V.T.  il 25-07-1958  Ordinato il: 12-06-1982
vic. coop. Castenedolo (1982-1995)
vic. parr. Bovezzo (1995-2000)
parroco Odolo (2000-2011)
parroco Padergnone dal 2011 - 2021
parroco di Castegnato dal 2021 -
 

 Papa Francesco: istituisce l’Anno di San Giuseppe da oggi all’8 dicembre 2021

 

16 marzo 2021

DSC00543In occasione dei 150 anni del Decreto Quemadmodum Deus, con il quale il beato Pio IX dichiarò san Giuseppe, Sposo della B.V. Maria Patrono della Chiesa Cattolica, papa Francesco, con la Lettera apostolica Patris corde, ha indetto uno speciale Anno di san Giuseppe, dall'8 dicembre 2020 all'8 dicembre 2021. 

La pubblicazione della Lettera apostolica è accompagnata dal decreto della Penitenzieria Apostolica con la relativa concessione del dono di speciali indulgenze dove si dà rilevanza ai giorni tradizionalmente dedicati alla memoria dello Sposo di Maria, come il 19 marzo e il 1 maggio, e agli ammalati e anziani «nell’attuale contesto dell’emergenza sanitaria».

L’Ufficio Liturgico Nazionale ha predisposto un sussidio liturgico-pastorale che, mediante qualche schema di celebrazione, testi e orazioni antichi e recenti dedicati a san Giuseppe, potrà sostenere la preghiera delle nostre comunità ecclesiali.

 

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Dicembre 2020

Il Papa ha indetto un Anno speciale di San Giuseppe, nel giorno in cui ricorrono i 150 anni del Decreto Quemadmodum Deus, con il quale il Beato Pio IX dichiarò San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica. "Al fine di perpetuare l'affidamento di tutta la Chiesa al potentissimo patrocinio del Custode di Gesù, Papa Francesco - si legge nel decreto del Vaticano pubblicato oggi - ha stabilito che, dalla data odierna, anniversario del Decreto di proclamazione nonché giorno sacro alla Beata Vergine Immacolata e Sposa del castissimo Giuseppe, fino all'8 dicembre 2021, sia celebrato uno speciale Anno di San Giuseppe".

Per sangiuseppequesta occasione è concessa l'Indulgenza plenaria "alle consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre) ai fedeli che, con l'animo distaccato da qualsiasi peccato, parteciperanno all'Anno di San Giuseppe".

"Si concede l'Indulgenza plenaria - si legge nel decreto - a quanti mediteranno per almeno 30 minuti la preghiera del Padre Nostro, oppure prenderanno parte a un ritiro spirituale di almeno una giornata che preveda una meditazione su San Giuseppe";

- a "coloro i quali, sull'esempio di San Giuseppe, compiranno un'opera di misericordia corporale o spirituale, potranno ugualmente conseguire il dono dell'Indulgenza plenaria";

- "si concede l'Indulgenza plenaria per la recita del Santo Rosario nelle famiglie e tra fidanzati".

Potrà conseguire l'Indulgenza plenaria

- "chiunque affiderà quotidianamente la propria attività alla protezione di San Giuseppe e ogni fedele che invocherà con preghiere l'intercessione dell'artigiano di Nazareth, affinché chi è in cerca di lavoro possa trovare un'occupazione e il lavoro di tutti sia più dignitoso";

- "ai fedeli che reciteranno le Litanie a San Giuseppe (per la tradizione latina), oppure l'Akathistos a San Giuseppe, per intero o almeno qualche sua parte (per la tradizione bizantina), oppure qualche altra preghiera a San Giuseppe, propria alle altre tradizioni liturgiche, a favore della Chiesa perseguitata ad intra e ad extra e per il sollievo di tutti i cristiani che patiscono ogni forma di persecuzione"

- "ai fedeli che reciteranno qualsivoglia orazione legittimamente approvata o atto di pietà in onore di San Giuseppe, per esempio 'A te, o Beato Giuseppe', specialmente nelle ricorrenze del 19 marzo e del 1° maggio, nella Festa della Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, nella domenica di San Giuseppe (secondo la tradizione bizantina), il 19 di ogni mese e ogni mercoledì, giorno dedicato alla memoria del Santo secondo la tradizione latina".

Le nostre vite - ha sottolineato il Pontefice - sono "sostenute da persone comuni, solitamente dimenticate, che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell'ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell'ordine, volontari, sacerdoti, religiose" che "hanno compreso che nessuno si salva da solo".

 IL DECRETO : QUI IL TESTO

 

LA LETTERA APOSTOLICA: IL TESTO COMPLETO

Accanto al decreto di indizione dell'Anno speciale dedicato a San Giuseppe, il Papa ha pubblicato la Lettera apostolica "Patris corde - Con cuore di Padre", in cui come sfondo c'è la pandemia da Covid19 che - scrive Francesco - ci ha fatto comprendere l'importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta, esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, seminando corresponsabilità. Proprio come San Giuseppe, "l'uomo che passa inosservato, l'uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta". Eppure, il suo è "un protagonismo senza pari nella storia della salvezza".

San Giuseppe ha espresso concretamente la sua paternità "nell'aver fatto della sua vita un'oblazione di sé nell'amore posto a servizio del Messia". E per questo suo ruolo di "cerniera che unisce l'Antico e Nuovo Testamento", egli "è sempre stato molto amato dal popolo cristiano" . In lui, "Gesù ha visto la tenerezza di Dio", quella che "ci fa accogliere la nostra debolezza", perché "è attraverso e nonostante la nostra debolezza" che si realizza la maggior parte dei disegni divini.

"Solo la tenerezza ci salverà dall'opera" del Maligno, sottolinea il Pontefice, ed è incontrando la misericordia di Dio soprattutto nel Sacramento della Riconciliazione che possiamo fare "un'esperienza di verità e tenerezza", perché "Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene e ci perdona". Giuseppe è padre anche nell'obbedienza a Dio: con il suo 'fiat' salva Maria e Gesù ed insegna a suo Figlio a "fare la volontà del Padre". Chiamato da Dio a servire la missione di Gesù, egli "coopera al grande mistero della Redenzione ed è veramente ministro di salvezza".

La lettera del Papa evidenzia, poi, "il coraggio creativo" di San Giuseppe, quello che emerge soprattutto nelle difficoltà e che fa nascere nell'uomo risorse inaspettate. "Il carpentiere di Nazaret - spiega il Pontefice- sa trasformare un problema in un'opportunità anteponendo sempre la fiducia nella Provvidenza".

Egli affronta "i problemi concreti" della sua Famiglia, esattamente come fanno tutte le altre famiglie del mondo, in particolare quelle dei migranti. In questo senso, San Giuseppe è "davvero uno speciale patrono" di coloro che, "costretti dalle sventure e dalla fame", devono lasciare la patria a causa di "guerre, odio, persecuzione, miseria". Custode di Gesù e di Maria, Giuseppe "non può non essere custode della Chiesa", della sua maternità e del Corpo di Cristo: ogni bisognoso, povero, sofferente, moribondo, forestiero, carcerato, malato, è "il Bambino" che Giuseppe custodisce e da lui bisogna imparare ad "amare la Chiesa e i poveri".

"Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell'altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione". Nella Lettera Apostolica papa Francesco sottolinea che "ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità".

"La paternità che rinuncia alla tentazione di vivere la vita dei figli - sottolinea ancora il Pontefice - spalanca sempre spazi all'inedito. Ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito che può essere rivelato solo con l'aiuto di un padre che rispetta la sua libertà. Un padre consapevole di completare la propria azione educativa e di vivere pienamente la paternità solo quando si è reso 'inutile', quando vede che il figlio diventa autonomo e cammina da solo sui sentieri della vita".

 

Papa Francesco mette in evidenza la natura di santo della porta accanto, o meglio del quotidiano, di San Giuseppe. Una notazione che egli lega anche all'emergenza Covid, ricordando che si stratta di una "straordinaria figura, tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi. Tale desiderio è cresciuto durante questi mesi di pandemia, in cui possiamo sperimentare, in mezzo alla crisi che ci sta colpendo, che «le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti».

Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in “seconda linea” hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza. A tutti loro va una parola di riconoscimento e di gratitudine".

Francesco definisce San Giuseppe "padre amato" (a motivo della grande voCAzione popolare nei suoi confronti), padre nella tenerezza" (capace di far posto a Dio anche attraverso le proprie paure e debolezze) e "padre nell'obbedienza" (perché ascolta la voce di Dio che gli si manifesta in sogno attraverso l'angelo).

SAN GIUSEPPE E IL LAVORO

Al tema il Papa dedica un intero paragrafo. "Il lavoro diventa partecipazione all’opera stessa della salvezza, occasione per affrettare l’avvento del Regno, sviluppare le proprie potenzialità e qualità, mettendole al servizio della società e della comunione; il lavoro diventa occasione di realizzazione non solo per sé stessi, ma soprattutto per quel nucleo originario della società che è la famiglia. Una famiglia dove mancasse il lavoro è maggiormente esposta a difficoltà, tensioni, fratture e perfino alla tentazione disperata e disperante del dissolvimento. Come potremmo parlare della dignità umana senza impegnarci perché tutti e ciascuno abbiano la possibilità di un degno sostentamento? La persona che lavora, qualunque sia il suo compito, collabora con Dio stesso, diventa un po’ creatore del mondo che ci circonda. La crisi del nostro tempo, che è crisi economica, sociale, culturale e spirituale, può rappresentare per tutti un appello a riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro per dare origine a una nuova “normalità”, in cui nessuno sia escluso. Il lavoro di San Giuseppe ci ricorda che Dio stesso fatto uomo non ha disdegnato di lavorare. La perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, e che è aumentata negli ultimi tempi a causa della pandemia di Covid-19, dev’essere un richiamo a rivedere le nostre priorità. Imploriamo San Giuseppe lavoratore perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro!".

 avvenire

 

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