Festa dei lavoratori
Come è nata la Festa dei Lavoratori
L'1 maggio si celebra la Festa dei Lavoratori, non solo in Italia, ma anche in altri Paesi del mondo. Una ricorrenza che ricorda le battaglie per la conquista dei diritti dei lavoratori. Ma qual è l'origine e la storia di questa festa?
1 maggio: le origini
La Festa del lavoro - o dei lavoratori - ha una lunga tradizione: il primo "Primo Maggio" nasce infatti a Parigi il 20 luglio del 1889.
L’idea venne lanciata durante il congresso della Seconda Internazionale, in quei giorni era riunito nella capitale francese. Durante i lavori venne indetta una grande manifestazione per chiedere alle autorità pubbliche di ridurre la giornata lavorativa a otto ore.
Perché il 1° maggio.
Per risalire alle origini della Festa dei Lavoratori bisogna tornare indietro alla Rivoluzione industriale negli Stati Uniti d'America, quando presero vita frequenti manifestazioni per i diritti degli operai delle fabbriche, guidate dall'Associazione dell'Ordine dei Cavalieri del Lavoro americani, i Knights of Labor. Nel 1866, fu approvata in Illinois la prima legge delle otto ore lavorative giornaliere, che entrò in vigore soltanto l'anno dopo, l'1 maggio 1867. Per l'occasione fu organizzata un'importante manifestazione, con almeno diecimila partecipanti.
Una notizia talmente eclatante da giungere anche in Europa, dove nel settembre 1864 era nata a Londra l'Associazione internazionale dei lavoratori, conosciuta anche come Prima Internazionale, vicina ai primi movimenti socialisti e marxisti del tempo.
La rivolta di Chicago
In occasione del diciannovesimo anniversario dell'entrata in vigore della legge dell'Illinois sulle otto ore lavorative, la Federation of Organized Trades and Labour Unions scelse la data del 1 maggio 1886 come giorno di scadenza limite per estendere la legge a tutta l'America.
"Otto ore a lavoro; otto ore per riposare; otto ore per tutto il resto". Questo lo slogan di migliaia di lavoratori delle fabbriche statunitensi, che il primo maggio 1886 iniziarono uno sciopero in tutte le fabbriche di Chicago. Chiamata a reprimere l'assembramento, la polizia sparò sui manifestanti, uccidendone due e ferendone molti altri. In risposta la brutalità delle forze dell'ordine, gli anarchici locali organizzarono una manifestazione in piazza Haymarket.
L'apice delle manifestazioni fu raggiunto il 4 maggio, durante la cosiddetta "rivolta di Haymarket", nota anche come "massacro di Haymarket". Nel bel mezzo della protesta, un ordigno esplosivo venne lanciato contro la polizia, causando la morte di sei agenti. Come conseguenza dell'esplosione si scatenò una spirale di violenza che portò all'arresto di otto lavoratori, passati alla storia come i "martiri di Haymarket". Pochi giorni dopo gli scontri, i datori di lavoro di diversi settori concessero ai loro dipendenti l'orario di otto ore richiesto dai manifestanti.
L'1 maggio nel resto del mondo
Le notizie degli eventi tragici di Chicago si estesero anche in altri Stati del continente americano e in Europa. Nel 1889 il Congresso socialista del lavoro della Seconda Internazionale a Parigi dichiarò il primo maggio Giornata internazionale dei lavoratori in memoria dei "martiri di Haymarket". La festa fu adottata da molti Paesi nel mondo. Tuttavia, negli Stati Uniti, si celebra il primo lunedì di settembre, in ricordo del primo Labor Day organizzato dal sindacalista statunitense Peter J. McGuire il 5 settembre 1882. Nel 1894, su spinta del presidente Cleveland, la festività venne ufficializzata dal Congresso.
L'1 maggio in Italia
Se in molti Paesi europei la festività del 1 maggio fu adottata nel 1889, in Italia ci si arrivò soltanto due anni dopo. Durante il ventennio fascista, a partire dal 1924, la celebrazione fu anticipata al 21 aprile, diventando per la prima volta giorno festivo con la denominazione "Natale di Roma – Festa del lavoro". Fu riportata al primo maggio solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1945.
L'1 maggio 1947 la ricorrenza venne, però, funestata dall'eccidio di Portella della Ginestra, in Sicilia: durante la manifestazione, la banda criminale di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, provocando undici morti e numerosi feriti.
L' 1 maggio 1955, papa Pio XII istituì per tutta la Chiesa cattolica la festa di San Giuseppe lavoratore, affinché tale data potesse essere condivisa anche dai lavoratori cattolici.
Dal 1990, l'1 maggio viene festeggiato a Roma con il famoso 'Concertone', il più grande evento gratuito di musica dal vivo in Europa, rivolto soprattutto ai giovani, che si tiene in Piazza San Giovanni dal pomeriggio alla notte, e vede la partecipazione di cantanti e gruppi musicali famosi.
Il 1 maggio, giorno della festa del lavoro, la Chiesa ricorda la figura di San Giuseppe Lavoratore.
La festa di «san Giuseppe artigiano» venne istituita da Papa Pio XII nel 1955 con l’intento di dare un protettore ai lavoratori e un senso cristiano alla «festa dei lavoro».
Era il primo maggio del 1955 quando papa Pio XII propose ufficialmente la figura di san Giuseppe come modello per tutti i lavoratori introducendo la novità nel calendario della Chiesa della «doppia festa» per uno stesso santo. Mentre infatti il 19 marzo si festeggia la «paternità» di Giuseppe il primo maggio lo si celebra in quanto artigiano e «opifex».
La decisione non fu presa per creare una ricorrenza alternativa a quella laica. Lo scopo fondamentale era quello di introdurre una prospettiva religiosa in una giornata la cui origine risaliva alle manifestazioni del primo maggio 1890, giorno in cui i lavoratori di vari Paesi chiesero, per la prima volta, la riduzione dell’orario di lavoro ad otto ore.
Pur essendo assai antico il legame tra san Giuseppe e il lavoro, soltanto nel 1937, con l’enciclica «Divini Redemptoris», di Pio XI se ne precisano i contorni e gli orizzonti teologici. San Giuseppe viene indicato da papa Ratti, proprio al termine dell’importante documento pontificio, come «patrono e modello dei lavoratori» (n. 81) essendo stato egli stesso un operaio, ad avendo fatto, in prima persona «l’esperienza della povertà».
Nella storica allocuzione che Pio XII rivolse alla folla riunita a in Piazza San Pietro quel primo maggio del 1955 furono ripresi alcuni temi della enciclica «Divini Redemptoris» e San Giuseppe venne indicato come «esempio da imitare». «L’Osservatore Romano» ne dava così notizia: «La presenza di Cristo e della Chiesa nel mondo operaio. Il 1° Maggio solennità cristiana» ed annotava come «in questo giorno il sagrato della Basilica di San Pietro fosse invaso da trattori e barche, aratri e frutti della terra, prodotti dell’industria e lampade di minatori».
Le foto dell’epoca presentano un colpo d’occhio straordinario: piazza San Pietro era gremita e la folla, riempita anche piazza Pio XI, debordava lungo il corso di via della Conciliazione. Nel primo maggio 1965 Paolo VI ricordando i dieci anni dalla festa, motivava su un piano squisitamente teologico la decisione presa dal suo predecessore di porre un forte sigillo cristiano su una festa che aveva trovato altrove i suoi natali. In particolare ebbe a scrivere che «il genio teologico cristiano scopre in ogni manifestazione autentica della vita un campo sempre possibile e quasi predisposto all’economia dell’Incarnazione, alla penetrazione del divino nell’umano, all’infusione redentrice e sublimante della grazia».
La curiosità : Il padre «terreno» di Gesù ha doppio spazio in calendario
Per trovare i primi accenni a un culto pubblico ufficiale diffuso di San Giuseppe dobbiamo arrivare all’XI secolo. La data del 19 marzo, come propria di una memoria liturgica di san Giuseppe, è segnalata per la prima volta in un martirologio dell’VIII secolo, originario probabilmente della Francia settentrionale o del Belgio. Il motivo della scelta di questa data ci è sconosciuto. Qualche studioso la riconduce a una festa che si celebrava a Roma in onore della dea Minerva e che era assegnata proprio al 19 marzo. Tale ricorrenza, a Roma, era la festa di tutti gli «artifices», una specie di grande festa operaia, quasi un’anticipazione del nostro 1° maggio.
La figura di San Giuseppe Lavoratore è legata in larga parte alla tradizione cristiana, in quanto i Vangeli raccontano assai poco di Giuseppe e non gli attribuiscono nemmeno una parola. Sicuramente è certo che, Gesù abbia voluto essere un lavoratore, trascorrendo gran parte della sua vita (fino a 30 anni…) nella bottega di Giuseppe, il santo dalle mani “callose”, l’umile e grande carpentiere di Nazareth.
Di San Giuseppe si parla solo relativamente all’infanzia di Gesù, in quanto al momento dell’inizio della cosiddetta “vita pubblica” (intorno ai 30 anni) si ritiene comunemente che egli fosse probabilmente già scomparso (alle nozze di Cana, che aprono l’attività pubblica di Gesù, infatti, Giuseppe non viene menzionato). Tuttavia, non si sa né quando, nè dove, nè come sia morto. Nemmeno la tradizione ricorda il luogo della sua sepoltura, mentre è stata tramandata quella di Abramo, nonostante sia più vecchia di parecchi secoli.
Uno degli appellativi di San Giuseppe è “giusto”. Nel linguaggio biblico è considerato “giusto” colui che ama e segue lo spirito e la lettera della Legge, in quanto la identifica come espressione della volontà di Dio. Giuseppe, che le Scritture ci dicono essere discende dalla casa del re Davide, probabilmente non era un anziano, come invece la tradizione e l’iconografia sono soliti presentarlo. Al contrario, è probabile che egli fosse un uomo nel fiore degli anni, semplice, umile, dal cuore generoso e ricco di fede, indubbiamente innamorato di Maria. Con lei, infatti, si fidanzò secondo gli usi e i costumi ebraici di quel tempo. Per gli ebrei, il fidanzamento era considerato già come un primo passo del matrimonio e consisteva in un periodo che durava un anno, in cui ancora non si conviveva e che terminava con la grande festa durante la quale la fidanzata veniva condotta in casa del suo sposo, iniziando solo in quel momento la vera vita coniugale sotto lo stesso tetto. Se nel frattempo veniva concepito un figlio, lo sposo dava il suo nome il neonato, a meno che la sposa non fosse ritenuta colpevole di infedeltà, nel qual caso poteva essere ripudiata e denunciata al tribunale locale, che di solito la condannava a morte per lapidazione.
Il Vangelo di Matteo racconta che “Maria, essendo promessa sposa a Giuseppe, si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo, prima di essere venuti ad abitare insieme. Giuseppe, suo sposo, che era un uomo giusto e non voleva esporla all’infamia, pensò di rimandarla in segreto”(Mt 18-19). Mentre era ancora incerto sul da farsi, ecco che il Signore manda un suo Angelo a rassicurarlo: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21). Giuseppe può quindi in libertà decidere di accettare o rifiutare il progetto di Dio, esattamente come Maria. Ed egli, in piena liberta, e sicuramente anche per amore di Maria, accetta e “fece come l’Angelo del Signore gli aveva ordinato, e prese sua moglie con sé”(Mt 1, 24). Egli disse quindi il suo sì, contribuendo con la sua parte al realizzarsi dell’opera della Redenzione. Quando si pensa al “sì” di Maria, troppo spesso si trascura e non si pensa sufficientemente anche al “sì” di Giuseppe al progetto di Dio. Egli infatti, superando le convenzioni sociali, i costumi del suo tempo e magari anche molte altre resistenze, seppe far vincere l’amore e decise di affidarsi totalmente al volere di Dio.
Nel viaggio verso Gerusalemme, con la nascita di Gesù a Betlemme e poi la fuga in Egitto, Giuseppe si dimostra un “buon padre di famiglia”, che guida e conduce la “sua” famiglia, che gli è stata donata dal Signore, al sicuro, con coraggio, attraverso difficoltà, avversità, situazioni critiche e pericolose.
Ecco perchè Giuseppe non va ricordato solo come patrono dei lavoratori, ma anche come “custode” della famiglia, come modello di “padre”, come esempio di “guida” tra le avversità della vita. Patrono universale della Chiesa per volere di Papa Pio IX, è conosciuto anche come patrono dei moribondi e delle anime purganti, ma il suo patrocinio si estende a tutte le necessità e sovviene a tutte le richieste. San Giovanni Paolo II ha confessato di pregarlo quotidianamente e, consigliandolo alla devozione universale, in suo onore nel 1989 scrisse l’Esortazione apostolica “Redemptoris Custos”.
San Giovanni XXIII, al momento dell’elezione, era così devoto a San Giuseppe, che espresse il desiderio di chiamarsi proprio Papa Giuseppe. Purtroppo, però, questo nome non era mai stato utilizzato da nessun Papa e quindi gli fu caldamente sconsigliato, tanto da fargli cambiare idea.
Preghiera a San Giuseppe:
O Dio, che nella tua provvidenza hai chiamato l’uomo a cooperare con il lavoro al disegno della creazione, fa’ che per l’intercessione e l’esempio di san Giuseppe siamo fedeli alle responsabilità che ci affidi, e riceviamo la ricompensa che ci prometti.
Per Cristo nostro Signore. Amen.