Discorso di PAOLO VI agli aspiranti al sacerdozio

DISCORSO DI PAOLO VI
AGLI ASPIRANTI AL SACERDOZIO

Sabato, 12 giugno 1971

 

Una grande, paterna letizia pervade il Nostro cuore nel ricevere il vostro vario e numeroso gruppo, la cui qualifica, il cui merito di onore, il cui titolo alla nostra benevolenza è quello dell’unica santa destinazione che vi affratella: il sacerdozio, meta ormai raggiunta, oppure orientamento a cui tende la vostra giovane vita. Siete infatti tutti sacerdoti e seminaristi, che avete compiuto, o compite a Roma la vostra formazione teologica e spirituale: vi salutiamo a uno a uno, con l’affetto di un padre, di un fratello, di un vescovo; vi chiamiamo per nome come il santo Patriarca Giacobbe chiamò ciascuno dei suoi dodici figli, per benedirli e delineare a ciascuno il loro avvenire nel quadro della storia della salvezza messianica (Cfr. Gen. 49, 2-27): vorremmo avere il suo dono profetico e poetico, per dire a ciascuno di voi quanto vi aspetta di gioia, di grazia, di consolazione, di fortezza, di entusiasmo, di pazienza, di dedizione, di sacrificio nelle vostre singole vite consacrate a Dio.

Salute dunque a voi, alunni e superiori del Pontificio Collegio Pio Latino Americano; a voi, novelli sacerdoti, alunni e corpo docente dei Pontifici Collegi Teologico e Filosofico di Propaganda Fide; a voi, sacerdoti del Pontificio Collegio Beda, di recente ordinati in Inghilterra; a voi, sacerdoti e diaconi del Pontificio Collegio Pio Brasiliano, che avete seguito un corso di aggiornamento pastorale-teologico o frequentato le università romane; a voi, sacerdoti e seminaristi dell’Ecuador, che tornate in Patria, terminati gli studi. A tutti il Nostro benvenuto, e l’espressione del Nostro sincero affetto.

IL COMPITO PREMINENTE

Vorremmo avere maggior tempo a disposizione per soffermarci di più con ciascuno dei vostri gruppi, anzi con ciascuno di voi, per parlarvi a cuore a cuore, per sentire i vostri problemi, per aprirci alle vostre speranze, per far Nostri i sentimenti che vi muovono in questo momento così alto e trepido e solenne della vostra vita. Ma noi ci comprendiamo bene, anche senza troppe parole, vero? Tanto più che le parole non sono necessarie a giovani come voi, giunti al traguardo desiderato nella pienezza delle proprie energie spirituali, nell’incanto assaporato della propria donazione irreversibile a Cristo, nelle sforzo di giungere a Lui e di conquistarlo, per poterlo poi donare alle anime: «Sequor autem, si quomodo comprehendam, in quo et comprehensus sum a Christo Iesu» (Phil. 3, 12). «Cum liber essem ex omnibus, omnium me servum feci, ut plures lucrifacerem» (1 Cor. 9, 19).

Ed è proprio questo il ricordo, che vi vogliamo lasciare di questo caro incontro: la corrispondenza generosa a Cristo che vi ha chiamati, la ricerca non mai soddisfatta o acquetata di Lui, Sacerdote eterno, principio e fine del vostro sacerdozio, adoratore del Padre, e servo dei fratelli. Con l’ordinazione sacerdotale, nella comunione col vostro Vescovo, voi avete ricevuto una configurazione stretta e irripetibile con Cristo Gesù, per continuare nel mondo il suo divino mandato.

Questa è la vostra prima missione, il vostro compito preminente, la vostra occupazione essenziale, da cui tutte le altre traggono giustificazione e alimento: come Cristo è vissuto per la gloria del Padre, procurando in questo modo la salvezza degli uomini suoi fratelli, così la attribuzione prima del ministero sacerdotale sta qui, nell’essere deputati a rappresentare Dio in Cristo, e a salvare così il mondo. Tutte le altre mansioni di carattere temporale, sociale, contingente nascono di qui e solo qui trovano la loro collocazione: guai al prete che volesse essere tutto, fare di tutto, il politico, il sociologo, l’esperto, il consulente, l’organizzatore, e così via dicendo, ma invece mancasse alla sua specifica missione che lo fa prete: la gloria di Dio nella immolazione per i fratelli, a cui comunicare la vita divina nel contatto vivificante con Cristo.

QUOTIDIANO INCONTRO CON DIO

Nel contemplarvi qui, davanti a Noi, una intima trepidazione ci prende; ci commuove il pensiero di che cosa sarete, di che cosa farete domani; ma ci conforta tanto il sapere che, in qualunque ministero siate destinati, voi sarete i fedeli continuatori di Cristo in mezzo agli uomini, per la gloria di Dio: per mezzo vostro, Cristo continuerà a pregare il Padre, a immolarsi nel Sacrificio eucaristico, a santificare le anime col contatto della sua grazia, che avete ricevuto per l’imposizione apostolica delle mani; per mezzo vostro, Cristo continuerà a predicare, ad annunziare il piano della salvezza messianica, a prediligere i piccoli, i giovani, i sofferenti. Sarete sempre fedeli a questi compiti, se vorrete dare alla vostra vita una triplice impronta: l’amore alla Parola di Dio, all’Eucaristia, alla Chiesa.

Alla Parola di Dio, anzitutto, per approfondirla quanto è possibile alla nostra pochezza, perché il sacerdote è lo specialista di Dio, e deve familiarizzarsi ogni giorno di più con lo Spirito di Dio, che parla attraverso le Scritture. Di qui la meditazione, desiderata e attesa e preparata come il quotidiano tonificante incontro con Dio che parla nel silenzio del cuore; di qui la predicazione, che non perde di mordente e di sapore e di contenuto se non nella misura in cui è alimentata alle fonti genuine della Bibbia; di qui la «nostra conversatio in caelis» (Phil. 3, 20) che assicura fecondità al ministero e salvaguardia alla vita sacerdotale.

Amore all’Eucaristia, centro della vostra vita, perché ad essa espressamente siete deputati. Come dicemmo anni fa a vostri confratelli, «il sacerdote è ministro generatore di tanto Sacramento, e poi primo adoratore e sapiente rivelatore e instancabile distributore» (Ai partecipanti alla XIII Settimana Nazionale di Orientamento Pastorale, 6 settembre 1963, Insegnamenti, I, p. 121): è essenzialmente dalla vostra vita eucaristica personale, dal vostro modo di celebrare la Messa e di curarne l’assistenza che dipende il grado di intensità della fede nelle comunità che vi verranno affidate. Lungo discorso esigerebbe questo argomento, ma altre volte vi siamo tornati, né vi mancano i testi classici della patristica e della teologia per aiutarvi a vivere profondamente la vostra vocazione, che è prima di tutto eucaristica, e fa di voi veramente gli «alter Christus» di cui sono oggi affamate le anime dei poveri di Dio.

FRATELLI TRA I FRATELLI

Amore alla Chiesa, infine, che vi ha dato e vi dà fiducia, vi ha trasmesso gli ineffabili poteri a lei da Cristo commessi, e fa di voi i messaggeri della verità, della giustizia, della pace. Essa vi manda a essere fratelli tra i fratelli, vi apre i campi sterminati della messe che biondeggia, le greggi innumerevoli delle pecorelle di Cristo, che in tante parti del mondo languiscono non soltanto per la mancanza di assistenza, di pane, di aiuto, ma anche e soprattutto per la mancanza di sacerdoti che ne sazino le attese, ne plachino le ansie, comunichino loro l’amore che parte dal cuore stesso di Cristo: «Videns autem turbas misertus est eis, quia erant vexati et iacentes sicut oves non habentes pastorem» (Matth. 9, 36).

Ecco, fratelli carissimi nell’unico sacerdozio del Salvatore, quanto abbiamo desiderato di dirvi, in questa occasione, in cui le nostre anime si sono incontrate e si sono capite, nell’effusione dell’amore cristiano che ci fa sentir presente Dio: «Ubi caritas et amor, Deus ibi est». Vi seguiremo con la Nostra preghiera, ciascuno nella via che il Signore ha tracciato per voi, e che la vita vi dimostrerà come un unico disegno di amore incommensurabile e perpetuo; vi saremo spiritualmente vicini col Nostro affetto nei momenti lieti e tristi delle vostre esistenze sacerdotali, a Dio consacrate; vi terremo sempre nel cuore.

Assicurate ai vostri familiari la Nostra gratitudine per avervi offerti al Signore, senza esitazioni e senza rimpianti: Egli li ricompenserà come Lui solo sa. E grazie ai vostri ottimi insegnanti e superiori, preziose, sapienti guide alla vostra conquista della vetta del sacerdozio.

A tutti, la Nostra particolare Benedizione Apostolica.